domenica 25 agosto 2024

Fes - Foresta di cedri - Svizzera marocchina - Altopiano

Oggi il caldo arriverà e noi andremo nel… deserto! Il viaggio sarà lunghissimo e mangeremo lungo il percorso.

Abbiamo già preparato tutto il necessaire, se trovassimo un fruttivendolo lungo la strada non sarebbe male. Il piano è questo, vediamo se riusciamo ad attuarlo.

Nota positiva la colazione, molto meglio delle precedenti, poteva esserlo ancora di più.

Prima di partire un signore anziano, ci viene a trovare, o meglio, ci tende un agguato fuori dall’hotel. Sventola un pacco di scintillanti nostre foto scattate a tradimento negli scavi di Volubilis, in chiara violazione della legge sulla privacy. Forse in Marocco la legge è diversa? Non credo…

Non solo: pretende anche il pagamento sul servizio non richiesto, e non molla. Lucia lo accontenta.

Cassandra ovviamente a Volubilis aveva già previsto l’agguato e con la sua abilità di scomparire teletrasportandosi lontano dalle videocamere non si è fatta riprendere. Io sono ancora un principiante, infatti è riuscito a scattarmene una. Pochi spiccioli per una foto inutile, mah…

Mi domando se in Marocco sia legale scattare foto come faccio sempre io: senza persone riconoscibili…

Lungo la strada passiamo una inusuale località turistica in cui i marocchini vengono in inverno per sciare.

Ifrane viene infatti definita la “Svizzera marocchina”. Ora non c’è ovviamente neve, siamo a 1600 metri circa sul livello del mare e le case hanno il tetto a spiovente. Il tutto mi ricorda un pochino Monte Livata.

Ci fermiamo giusto il tempo di un caffè e per usare i bagni, quindi riprendiamo la lunga marcia. Non facciamo molta strada prima della prossima sosta: la foresta dei cedri.

Qui dobbiamo fermarci perché ci sono i macachi. A parte per le urla dei nostri compagni di viaggio non appena li hanno visti, lo stop era d’obbligo per non investirli perché questi volponi stavano in mezzo alla strada ad aspettare i turisti.

Lungo la carreggiata c’erano i venditori di pomodorini e arachidi. Inutile dire che i macachi aspettavano giusto che i venditori facessero il loro lavoro per andare dai turisti “carichi” da saccheggiare. Sembravano talmente d’accordo che secondo me a fine giornata i contadini davano parte dei soldi guadagnati ai “volponi”. Macachi sì, scemi no.

Comunque sono simpatici e tranquillissimi, non come i babbuini, quelli sì che sono pericolosi.

Terminato il nutrimento dei macachi, riprendiamo la strada e finiamo su un immenso altipiano verde.

All’inizio continua a sembrare un po’ come monte Livata, Campo dell’Osso, Campo Secco, poi si apre sempre di più, fino a ricordami vagamente l’Alpe di Siusi, infine Campo Imperatore, molto più in grande.

Essendo ancora in alto, la visione è talmente ampia che in lontananza compaiono delle montagne che sembrano molto più alte.

Lentamente il panorama inizia a perdere alberi, prima conifere, poi anche gli arbusti.

Perfino il verde si fa più rado e la terra si arrossa lentamente come la pelle di un tedesco addormentatosi in spiaggia.

Poco prima di mezzogiorno ci fermiamo in un agglomerato di negozi lungo la strada. Senza indugiare prendo Cassandra e andiamo procacciare verdure fresche, rigorosamente con buccia.

La caccia è stata fruttuosa: arance, avocado e cetrioli. Adoro i piani ben riusciti.

Il caldo oggi si fa sentire, soprattutto quando arriviamo a destinazione nel deserto, dove dovremo dormire in un campo tendato.

Aspettiamo un’oretta prima di andare a vedere le nostre sistemazioni.  Scopriamo che non sono tende di tela come quelle usate in Giordania, bensì di gomma e cemento, con una pesante porta di metallo. Per lo meno c’è il bagno con la doccia. Certo la porta della camera non si chiude, dentro fa un caldo infernale, ma queste sono sottigliezze.

Mentre il gruppo va a scalare le dune a cavallo di un cammello, io, Cassandra e una ragazza dell’altro gruppo arrivato poco dopo di noi, andiamo a camminare per le dune qui attorno.

Ho già scalato le dune in Namibia e stasera vorrei sgranchirmi le gambe facendo qualcosa di più rilassante.

Andiamo verso le dune qui dietro per poter ammirare il tramonto, meno alte, non per questo meno belle. È sempre interessante conoscere altri viaggiatori perché pur essendo sognatori, i motivi che innescano i viaggi, cambiano sempre.

Comminiamo tranquilli tra la sabbia, su e giù dalle dune in cerca dello scorcio giusto da fotografare, sempre tenendo d’occhio il nostro campo base. Il cielo però ha qualcosa che non quadra per il tramonto: l’orizzonte è chiuso dalle nuvole. Per citare un detto della capitale: brutto fumo esce dalla pipa.

Temo non solo per noi, anche per chi è salito sulle dune più alte, forse non sarà una caccia fortunata.

In realtà a me basta questa piccola escursione in autonomia nel deserto, nel silenzio rotto solo dal rumore del vento che spinge la sabbia da una duna all’altra.

Chiacchierando a camminando siamo arrivati lontani, così quando ormai il campo base è scomparso tra la sabbia, ci voltiamo e ritorniamo lentamente sui nostri passi fino a ritrovare la nostra tenda.

Doccia e voilà! Ecco il cielo del tramonto senza il sole.

Tornano anche gli altri. Scopriamo che avremo la cena nella grande tenda. All’inizio ci spediscono da una tenda all’altra a fare un giro nell’oca nel deserto, alla fine decidono finalmente quale delle tende sarà riservata a noi. Cena un po’ calda, ma vegetariana. A parte un piatto con zucchine e formaggio fuso, non era niente di che. Apprezzo ovviamente lo sforzo. Il pane invece mi ha ricordato molto le cene africane in mezzo al deserto. Era croccante al punto giusto grazie alla sabbia incorporata.

Dopo cena i locali si mettono a fare un falò e un concertino coi bonghi proprio davanti alla nostra tenda. Mi viene subito in mente la canzone di Elio:

Basta con questi bonghi, non siamo mica in Afr...

Ok , forse non è il caso.

Tanto in tenda fa ancora troppo caldo per dormire.

Giusto il tempo di farli sfogare coi balli davanti al falò e la temperatura è finalmente calata. Ora si può dormire.

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