Abbiamo già preparato tutto il
necessaire, se trovassimo un fruttivendolo lungo la strada non sarebbe male. Il
piano è questo, vediamo se riusciamo ad attuarlo.
Nota positiva la colazione, molto meglio
delle precedenti, poteva esserlo ancora di più.
Prima di partire un signore anziano, ci viene a
trovare, o meglio, ci tende un agguato fuori dall’hotel. Sventola un pacco di
scintillanti nostre foto scattate a tradimento negli scavi di Volubilis, in
chiara violazione della legge sulla privacy. Forse in Marocco la legge è
diversa? Non credo…
Non solo: pretende anche il pagamento sul servizio
non richiesto, e non molla. Lucia lo accontenta.
Cassandra ovviamente a Volubilis aveva già
previsto l’agguato e con la sua abilità di scomparire teletrasportandosi
lontano dalle videocamere non si è fatta riprendere. Io sono ancora un
principiante, infatti è riuscito a scattarmene una. Pochi spiccioli per una
foto inutile, mah…
Mi domando se in Marocco sia legale scattare foto
come faccio sempre io: senza persone riconoscibili…
Lungo la strada passiamo una inusuale
località turistica in cui i marocchini vengono in inverno per sciare.
Ifrane viene infatti definita la
“Svizzera marocchina”. Ora non c’è ovviamente neve, siamo a 1600 metri circa
sul livello del mare e le case hanno il tetto a spiovente. Il tutto mi ricorda
un pochino Monte Livata.
Ci fermiamo giusto il tempo di un caffè e
per usare i bagni, quindi riprendiamo la lunga marcia. Non facciamo molta
strada prima della prossima sosta: la foresta dei cedri.
Qui dobbiamo fermarci perché ci sono i
macachi. A parte per le urla dei nostri compagni di viaggio non appena li hanno
visti, lo stop era d’obbligo per non investirli perché questi volponi stavano
in mezzo alla strada ad aspettare i turisti.
Lungo la carreggiata c’erano i venditori
di pomodorini e arachidi. Inutile dire che i macachi aspettavano giusto che i
venditori facessero il loro lavoro per andare dai turisti “carichi” da
saccheggiare. Sembravano talmente d’accordo che secondo me a fine giornata i
contadini davano parte dei soldi guadagnati ai “volponi”. Macachi sì, scemi no.
Comunque sono simpatici e
tranquillissimi, non come i babbuini, quelli sì che sono pericolosi.
Terminato il nutrimento dei macachi,
riprendiamo la strada e finiamo su un immenso altipiano verde.
All’inizio continua a sembrare un po’
come monte Livata, Campo dell’Osso, Campo Secco, poi si apre sempre di più,
fino a ricordami vagamente l’Alpe di Siusi, infine Campo Imperatore, molto più
in grande.
Essendo ancora in alto, la visione è
talmente ampia che in lontananza compaiono delle montagne che sembrano molto
più alte.
Lentamente il panorama inizia a perdere
alberi, prima conifere, poi anche gli arbusti.
Perfino il verde si fa più rado e la
terra si arrossa lentamente come la pelle di un tedesco addormentatosi in
spiaggia.
Poco prima di mezzogiorno ci fermiamo in
un agglomerato di negozi lungo la strada. Senza indugiare prendo Cassandra e
andiamo procacciare verdure fresche, rigorosamente con buccia.
La caccia è stata fruttuosa: arance,
avocado e cetrioli. Adoro i piani ben riusciti.
Il caldo oggi si fa sentire, soprattutto
quando arriviamo a destinazione nel deserto, dove dovremo dormire in un campo
tendato.
Aspettiamo un’oretta prima di andare a
vedere le nostre sistemazioni. Scopriamo
che non sono tende di tela come quelle usate in Giordania, bensì di gomma e
cemento, con una pesante porta di metallo. Per lo meno c’è il bagno con la
doccia. Certo la porta della camera non si chiude, dentro fa un caldo
infernale, ma queste sono sottigliezze.
Mentre il gruppo va a scalare le dune a cavallo di un cammello, io, Cassandra e una ragazza dell’altro gruppo arrivato poco dopo di noi, andiamo a camminare per le dune qui attorno.
Andiamo verso le dune qui dietro per poter ammirare il tramonto, meno alte, non per questo meno belle. È sempre interessante conoscere altri viaggiatori perché pur essendo sognatori, i motivi che innescano i viaggi, cambiano sempre.
Temo non solo per noi, anche per chi è
salito sulle dune più alte, forse non sarà una caccia fortunata.
In realtà a me basta questa piccola
escursione in autonomia nel deserto, nel silenzio rotto solo dal rumore del
vento che spinge la sabbia da una duna all’altra.
Chiacchierando a camminando siamo
arrivati lontani, così quando ormai il campo base è scomparso tra la sabbia, ci
voltiamo e ritorniamo lentamente sui nostri passi fino a ritrovare la nostra
tenda.
Doccia e voilà! Ecco il cielo del tramonto senza il sole.
Dopo cena i locali si mettono a fare un
falò e un concertino coi bonghi proprio davanti alla nostra tenda. Mi viene
subito in mente la canzone di Elio:
Basta con questi bonghi, non siamo mica
in Afr...
Ok , forse non è il caso.
Tanto in tenda fa ancora troppo caldo per
dormire.
Giusto il tempo di farli sfogare coi
balli davanti al falò e la temperatura è finalmente calata. Ora si può dormire.
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