lunedì 31 luglio 2017

Va a ciapà i Rand! - Giorno 6


Hobas - Bethaine – Sesriem





Altra giornata di lungo trasbordo. Metto la sveglia alle sei e quando suona somiglia molto allo scoccare dell'ora di un condannato. Siamo finalmente riusciti a dormire bene ed è difficile alzarsi.

Per di più scopriamo che la Namibia ha un fuso differente per cui non sono le 6, bensì le 5!

Colazione polverosa, smontaggio tende polveroso, e via verso nuove strade polverose, sterrate, lunghe, molto lunghe.

La polvere ormai è una costante del viaggio, la respiriamo, la mangiamo. Ormai non ce ne preoccupiamo più anzi, è diventata un po’ come la Forza di Guerre Stellari: ci circonda, ci penetra, mantiene unita la nostra galassia.

Stando così le cose, quindi noi siamo jedi, e viviamo in simbiosi con essa?

Abbassiamo i cappucci sulla testa, riponiamo le spade laser e proseguiamo il viaggio.

Dopo pochi chilometri dalla partenza ci fermiamo in un bellissimo hotel con molte vecchie auto, probabilmente americane degli anni cinquanta, alcune forse addirittura precedenti.

Ce ne è perfino una che dimostra chiaramente che l'inventore dell'albero motore è Namibiano.



Dopo averle viste tutte, alcune sono anche dentro l'hotel e nel negozio di souvenir, scopriamo che c'è il wifi gratis. Appena il collegamento si attiva, ci blocchiamo in piedi nell'atrio dell'hotel, come se fossimo dei robot a cui hanno staccato la spina. Il blackout dura solo qualche minuto, quindi ripartiamo controvoglia. Riusciremo a contrastare la dipendenza da internet solo con la distrazione data dai primi avvistamenti: anche se molto sporadici, da lontano appaiono zebre, orici, gazzelle, struzzi e quegli avidi dei loro piccoli: gli struzzini.

Viaggiamo tutto il giorno, immersi in una strana luce che cambia a seconda del lato della jeep. I paesaggi sono sconfinatamente e desolatamente magnifici. Cerco di ritrarne l'essenza con qualche scatto, ma i risultati non sono all'altezza. La strada sterrata si perde in lontananza attraverso queste montagne, lungo le pianure che ormai sembrano sempre più savana.

Verso sera arriviamo al campeggio, ma prima di piantare le tende, Cobus ci accompagna in un posto fantastico, dove possiamo ammirare il tramonto sulle dune del deserto, ma non solo. Abbiamo ancora una ventina di minuti di luce, così ci diamo un'occhiata attorno e scopriamo una gola scavata da un fiume ormai scomparso.


Il richiamo della gola è irresistibile e uno alla volta scendiamo il sentiero che si perde in essa per vedere cosa nasconde.




Un bellissimo percorso di circa un chilometro sullo scomparso letto del corso d'acqua sormontato dalle sponde sagomate, erose, smangiate che ha formato caverne e finestre dalle forme bizzarre. Sembra di essere scesi nello scheletro di un gigantesco animale preistorico consumato dal tempo.


Per non perdere il tramonto risaliamo proprio quando mancano pochi minuti al calar del sole. Il disco solare sta scendendo rapidamente a lambire le dune all'orizzonte, ma come attirati magneticamente volgiamo lo sguardo dalla parte opposta, dove un'altra meraviglia sta per nascere.

Dietro la vetta di un'arida montagna rossa, sorge una luna magnifica. 










Uno spettacolo eccezionale che mi fa tornare in mente Guerre Stellari, quando Luke Skywalker si staglia nel deserto di Tatooine, alla luce del tramonto dei due soli, in sottofondo la musica di John Williams che drammatizza la scena, immortalandola per sempre.

Stavolta le foto mi riescono meglio e anche se mi sono perso il tramonto, non me ne importa più nulla.
La forza è con me.
Con la Luna ormai alta, torniamo al campeggio che è quasi buio. 
Il montaggio della tenda per fortuna è facile anche se siamo in una piazzola con due grandi alberi, letteralmente circondati dalla sabbia. Il vento è molto debole, ma guardandoci attorno vediamo che tra una piazzola e l'altra ci sono almeno duecento metri di sabbia. Anche i bagni non sono comodissimi da raggiungere, anzi, sono perfino più lontani. Quando parto per cercare di fare la doccia, indico a Daniele la direzione verso cui sto andando, così in caso venga dato per disperso, qualcuno sa dove cercarmi, oppure dove piantare una simbolica croce.

Giunto alle docce scopro che anche qui non c'è l'acqua calda. Per non sprecare tutto il tempo impiegato per arrivare fin qui decido di farla lo stesso, fredda.

A conferma della dimensione del camping Noemi decide di sperimentare un turismo di esplorazione estremo: parte per una spedizione verso il bagno, ma finisce per perdersi vagando a casaccio nelle piazzole degli altri. Quando sconfina in quella di una famigliola di colore aveva ormai fatto diversi chilometri. Questi, mossi a compassione sacrificano il padre per riaccompagnarla.

La rivedremo solo verso l'ora di cena. Il signore che l'ha salvata si presenta a noi annunciando il suo ingresso con “Mama missing!”, quindi se ne va. Chissà se è riuscito a tornare sano e salvo anche lui.

A cena Daniele sfodera un buon risotto allo zafferano e poi, dopo aver lavato i piatti (questa è zona di iene e sciacalli), andiamo a dormire.

Accoccolati nelle nostre tende, per farci cullare ascoltiamo il suono del vento sulla sabbia. Trasportate dall'aria però, ci giungono da una piazzola vicina, forse a mezzo chilometro di distanza, le scordatissime note di una chitarra classica. Pare che un gruppo di tedeschi stia cercando di tenere un corso per principianti. Per alcuni potrebbe anche essere un modo per tenere lontani gli animali pericolosi. Di certo quella cacofonia ignobile potrebbe funzionare, ma sicuramente a noi non concilia il sonno.

A difesa dei nostri timpani Pietro collega la sua cassa portatile inaugurando le trasmissioni di Radio Murgias International. Il primo pezzo trasmesso in terra namibiana è un ripasso delle basi musicali: il classico giro di Do reinterpretato dai Deep Purple con Smoke on the water. Poi, per chiudere in bellezza e non sfidare troppo la SIAE, arrivano i PFM con le "Impressioni di settembre".

A questo punto le trasmissioni si interrompono e riusciamo finalmente ad addormentarci.

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