Table Mountain-
Passeggiata in centro - Waterfront- Recital
Questa
mattina ce la prendiamo comoda. Purtroppo, come temevo, la visita a
Robben Island
non si può fare perché non ci sono posti disponibili, avremmo
dovuto prenotarla per tempo. In alternativa andiamo tutti alla Table
Mountain salendo con la funivia rotante fino ad un altezza di 1067
metri. La vista da sopra la montagna è davvero bella e a 360 gradi.
Seguendo un sentiero in mezzo a rocce dalle strane forme modellate
dall'acqua e dal vento, si può ammirare il mare, oltre che di Cape
town, anche dalla parte opposta, dove c'è Cape Point e Capo di Buona
Speranza. La giornata è molto bella e limpida per cui la vista
riesce a spingersi lontanissimo. Tra una roccia e l'altra incontriamo
ancora il piccolo cugino dell'elefante. Il topofante è il re della
cima e non ha paura di avvicinarsi all'uomo pur di guadagnare qualche
boccone gratis.
Percorriamo
il sentiero che costeggia tutta la sommità,
un leggero trekking fino ad incrociare il sentiero che scende in una
gola verso la base della funivia. Dandogli un occhiata sembra
fattibile anche per Cassandra, a cui non mancano coraggio e tenacia.
La profetessa però pecca in velocità. Facendo due conti a mente mi
rendo conto che probabilmente ci metteremmo troppo tempo e sforeremmo
l'orario dell'appuntamento, per cui riprendiamo la strada per la
funivia rotante.
Al
nostro ritorno scopriamo che Pier ha già fatto tutta la spesa per i
primi giorni di viaggio assieme a Cobus, il quale ha avuto anche il
tempo di far sistemare una noia alla frizione della Jeep.
Saltata
la visita a Robben Island
la giornata è diventata un po' vuota, così torniamo a casa per
iniziare a preparare la valigia
visto
che domani ci dovremo svegliare prestissimo. Mangiamo rapidamente un
boccone e usciamo per una passeggiata sulle due strade più
caratteristiche del centro, dove troviamo un'atmosfera diversa da
Waterfront. La prima strada è ricca di locali notturni e gente
bianca, la seconda più pittoresca è più variegatamente popolata,
con negozietti e persone di tutti i tipi.
Dagli
sguardi che riceviamo inizio a sentire una chiara differenza nei
nostri confronti, non tanto di ostilità, quanto di occasione. Ho la
netta sensazione che siamo seguiti. Un ragazzino di colore mal
vestito, passeggia accanto a noi studiandoci con aria disinteressata.
A lui si unisce un uomo bianco e molto magro e poi altri, che però
vengono distratti da altre prede e li
seminiamo.
Quando
arriviamo ad una piazzetta dove c'è il mercatino, sarà la
suggestione, ma io non mi sono divertito molto a vedere le
bancarelle: per molti degli astanti sembrava che fossimo noi il
banco più interessante da cui pescare.
Gironzoliamo
per una ventina di minuti cercando di schivare alcuni che cercano di
attaccare bottone, poi riprendiamo la strada per il porto. Una volta
arrivati ci rilassiamo, tranquilli e sicuri di poterci godere il
resto della giornata.
Sgranocchiando
una merenda chiacchieriamo spensieratamente iniziando a conoscerci.
Il gruppo sembra molto promettente e il capo ancora di più. Speriamo
di continuare su questa strada.
Dopo
cena usciamo per cercare una navetta o un autobus che ci riportino in
hotel,
ma non troviamo nulla. A parte Noemi e Daniele che prendono un taxi,
si decide di tornare a piedi sfidando la sorte. È buio ma forse è
ancora presto per correre rischi.
Ridendo
e scherzando arriviamo a poco più di un chilometro, forse meno,
dall'hotel, quando ecco che arriva l'imprevisto: un paio di ragazzi
di colore ci fermano avvisandoci che la strada è chiusa e non si può
proseguire. Guardo oltre ma non si vede nulla. Non è che c'è sotto
qualcosa?
Siamo
in tanti e forse basterebbe tirare avanti come sempre per vedere se
la strada è veramente chiusa, ma poi spuntano altre due persone
avvisandoci della stessa cosa. Qualcuno di noi si ferma a parlarci
per capire cosa vogliono veramente: in poche parole dicono che per
continuare è necessario ritirare un lascia passare.
Ma
de che?
Sopra
"l'ufficio" del lasciapassare c'è chiaramente scritto Atm,
ovvero Bancomat.
In
pratica ci stanno mandando “A ciapà i rand!”.
Cerco
di allontanarmi pensando che anche gli altri abbiano mangiato la
foglia e mi seguano, ma le persone aumentano di numero pareggiando il
nostro e poi superandolo.
Al
recital si aggiunge anche una donna che entra nel bancomat e ne esce
sventolando uno scontrino annunciando: "Finalmente
anche io posso passare da questa strada grazie al lasciapassare!"
È
sempre più chiaro che vogliono che qualcuno tiri fuori una carta di
credito e digiti il codice per “andà a ciapà i rand”, dopo di
che non so cosa potrebbe succedere, anche se posso immaginarlo.
Nonostante
la loro forte insistenza, il livello della discussione rimane sempre
lo stesso, anche quando Pier cerca di spiegargli che non abbiamo
carte di credito, che sono in hotel, che non gireremmo MAI con soldi
e carte di credito, di notte, a Cape Town.
Nooooooo.
Io
e Cassandra abbiamo tutti i nostri averi con noi, macchina
fotografica compresa, ma non credo fossimo gli unici del gruppo.
Chiediamo
allora se accettano quei pochi contanti che abbiamo, ma loro non li
vogliono, l'unica cosa che gli interessa è il codice della carta di
credito.
Il
numero degli estorsori cresce, ma per fortuna la loro furbizia no. Ci
mostriamo convinti della loro recita e prendiamo parte alla
messinscena. Spiazzandoli, li salutiamo ringraziando e torniamo
indietro dirigendoci verso il porto. Li lasciamo disorientati. Non ci
seguono nemmeno.
Forse
si aspettavano che facessimo il giro del palazzo e di ritrovarci al
varco, magari più numerosi e agguerriti, ma noi al primo incrocio
saltiamo su un taxi.
Quando
ripassiamo di lì, non c'è più nessuno. Probabilmente sono andati
davvero ad aspettarci dall'altra parte.
Poco
male, ci abbiamo perso solo 50 rand di taxi in sette, praticamente 3
euro.
Adesso
che sono al sicuro sul taxi posso anche dire, senza correre il
rischio di essere frainteso:
Ma
va a ciapà i ratt!
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