Capetown -
Springbok – Tornado
Sveglia
presto, alle 5:15. Dobbiamo fare più di 500 chilometri e arrivare
con la luce e
poter
mettere in piedi le tende. Sarà la prima volta che montiamo il
campo, per cui meglio arrivare presto per avere più tempo.
Il
viaggio è lungo ma la jeep sembra comoda. Sembra. Ogni due ore ci
fermiamo per mangiare qualcosa o comprare altro, oppure anche solo
per fare pipì. Il paesaggio è particolare: un deserto con grosse
rocce modellate dal vento che ha creato strane forme arrotondate. In
certi momenti pare di stare nel Far
West,
in altri nel nord della Sardegna, dove ci sono rocce molto simili.
Quando
il paesaggio cambia, mi accorgo che diverse montagne che vediamo
accanto alla strada, hanno, oltre alla forma arrotondata, evidenti
righe, segni, quasi verticali. Ovviamente io non sono un geologo, per
cui mi chiedo come si siano formate veramente. Sembra quasi che un
grosso ghiacciaio le abbia scavalcate lasciando le sue tracce
millenarie.
Forse
però sto solo immaginando un po’
di fresco perché sulla jeep, causa effetto serra, il sole brucia.
Paradossalmente veniamo a sapere che a Cape Town oggi è arrivato
l'inverno: sta nevicando.
Durante
il viaggio Cobus ci fa fermare in un posticino anonimo dove però c'è
un negozio di vini biologici. Proviamo a prendere qualche bottiglia,
anche se non hanno il tappo di sughero ma quello che si avvita e
svita, il vino sudafricano è famoso per essere pregiato.
Verifichiamolo.
Arriviamo
a Springbok verso le 15:30 circa, con un bel sole e un po’
di vento. Dato che l'autista si è reso conto di avere ancora
problemi alla frizione, proviamo a chiedere al meccanico della città
il pezzo di ricambio che risolverebbe il guaio, ma purtroppo non ce
l'ha. Cobus
non batte ciglio, evidentemente ha un piano alternativo.
Andiamo
allora al campeggio dove Pier prova a sentire quanto costano le
camere. Sono molto care rispetto alle piazzole per le tende e tutti
decidono di sperimentare la vita da campeggio. Si deve pur cominciare
da qualche parte.
Il
primo impatto con il montaggio è del tipo: non ho la più pallida
idea di cosa fare. Con in mano le bacchette di sostegno della tenda
sbircio gli altri che sono già intenti ad unirle e così cerco di
imitarli.
Provo
a stendere la parte interna in modo da poterla fissare al terreno, ma
il vento è molto forte per cui devo prima picchettarla. Purtroppo il
terreno è durissimo e i chiodi all'inizio non entrano. Pensando di
essere solo
io l'imbranato, mi consolo vedendo che anche gli altri hanno lo
stesso problema.
Armato
di pazienza e olio di gomito afferro un grosso sasso da usare come
martello e mi impegno di più. Alla fine i chiodi entrano un pochino,
ma il grosso sasso ha ora un grosso buco nel centro.
Il
vento cresce di intensità e la copertura della tenda è ancora più
difficile da mettere, ma alla fine ce la facciamo.
Il
risultato non è male, anche se non ci accorgiamo che manca la
veranda. Inoltre solo più tardi scopriamo di avere montato la tenda
al contrario e di aver utilizzato come accesso il retro.
Sufficientemente
soddisfatti,
andiamo a fare la doccia e poi a preparare la cena. Lo chef Daniele
gestiva un ristorante e sotto la sua guida si prepara pasta al
pomodoro e basilico ed insalata. Per dessert ananas.
La
pasta è buona, l'insalata pure, l'ananas passabile.
Intanto
fuori il vento soffia sempre più forte. C'è chi dice che potrebbe
anche piovere. Volgendo lo sguardo verso l'alto però vedo il cielo
limpido e pieno di stelle, così ci accomodiamo in tenda
mettendo i bagagli a rinforzo della struttura e ci sistemiamo col
nostro sacco a pelo.
Sono
le 20:30, ma anche se ci siamo svegliati alle cinque non ho sonno.
Il
vento è implacabile e soffia sempre più forte. Per non sentirlo uso
i tappi, ma non sono sufficienti. Comunque sono tranquillo, è ancora
presto.
Verso
le dieci sento chiaramente che sta iniziando a piovere. Non mi sembra
nulla di eccezionale, giusto qualche goccia.
Il
tempo passa lentamente, mi giro e mi rigiro continuamente incalzato
dalle urla del vento e delle tende, poi verso mezzanotte mi accorgo
del disastro: la tenda è fradicia.
Anche
parte dei bagagli dei vestiti messi a sostegno della tenda sono
bagnati. Fuori sembra ci sia il finimondo.
Sveglio
Cassandra, che stava russando come il leone della metro Goldwin
Mayer, e raccattiamo tutti i nostri averi per andare a stabilirci nel
bagno delle donne.
Soluzione
asciutta ma non molto comoda. Alla fine non chiuderò occhio e
rigirandomi come un Minipimer
nel sacco a pelo, sveglierò svariate volte Cassandra, che
imperterrita continuava a russare.
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