sabato 29 luglio 2017

Va a ciapà i Rand! - Giorno 4

Capetown - Springbok – Tornado

Sveglia presto, alle 5:15. Dobbiamo fare più di 500 chilometri e arrivare con la luce e poter mettere in piedi le tende. Sarà la prima volta che montiamo il campo, per cui meglio arrivare presto per avere più tempo.
Il viaggio è lungo ma la jeep sembra comoda. Sembra. Ogni due ore ci fermiamo per mangiare qualcosa o comprare altro, oppure anche solo per fare pipì. Il paesaggio è particolare: un deserto con grosse rocce modellate dal vento che ha creato strane forme arrotondate. In certi momenti pare di stare nel Far West, in altri nel nord della Sardegna, dove ci sono rocce molto simili.
Quando il paesaggio cambia, mi accorgo che diverse montagne che vediamo accanto alla strada, hanno, oltre alla forma arrotondata, evidenti righe, segni, quasi verticali. Ovviamente io non sono un geologo, per cui mi chiedo come si siano formate veramente. Sembra quasi che un grosso ghiacciaio le abbia scavalcate lasciando le sue tracce millenarie.
Forse però sto solo immaginando un po’ di fresco perché sulla jeep, causa effetto serra, il sole brucia. Paradossalmente veniamo a sapere che a Cape Town oggi è arrivato l'inverno: sta nevicando.
Durante il viaggio Cobus ci fa fermare in un posticino anonimo dove però c'è un negozio di vini biologici. Proviamo a prendere qualche bottiglia, anche se non hanno il tappo di sughero ma quello che si avvita e svita, il vino sudafricano è famoso per essere pregiato. Verifichiamolo.


Arriviamo a Springbok verso le 15:30 circa, con un bel sole e un po’ di vento. Dato che l'autista si è reso conto di avere ancora problemi alla frizione, proviamo a chiedere al meccanico della città il pezzo di ricambio che risolverebbe il guaio, ma purtroppo non ce l'ha. Cobus non batte ciglio, evidentemente ha un piano alternativo.
Andiamo allora al campeggio dove Pier prova a sentire quanto costano le camere. Sono molto care rispetto alle piazzole per le tende e tutti decidono di sperimentare la vita da campeggio. Si deve pur cominciare da qualche parte.
Il primo impatto con il montaggio è del tipo: non ho la più pallida idea di cosa fare. Con in mano le bacchette di sostegno della tenda sbircio gli altri che sono già intenti ad unirle e così cerco di imitarli.
Provo a stendere la parte interna in modo da poterla fissare al terreno, ma il vento è molto forte per cui devo prima picchettarla. Purtroppo il terreno è durissimo e i chiodi all'inizio non entrano. Pensando di essere solo io l'imbranato, mi consolo vedendo che anche gli altri hanno lo stesso problema.
Armato di pazienza e olio di gomito afferro un grosso sasso da usare come martello e mi impegno di più. Alla fine i chiodi entrano un pochino, ma il grosso sasso ha ora un grosso buco nel centro.
Il vento cresce di intensità e la copertura della tenda è ancora più difficile da mettere, ma alla fine ce la facciamo.


Il risultato non è male, anche se non ci accorgiamo che manca la veranda. Inoltre solo più tardi scopriamo di avere montato la tenda al contrario e di aver utilizzato come accesso il retro.
Sufficientemente soddisfatti, andiamo a fare la doccia e poi a preparare la cena. Lo chef Daniele gestiva un ristorante e sotto la sua guida si prepara pasta al pomodoro e basilico ed insalata. Per dessert ananas.
La pasta è buona, l'insalata pure, l'ananas passabile.
Intanto fuori il vento soffia sempre più forte. C'è chi dice che potrebbe anche piovere. Volgendo lo sguardo verso l'alto però vedo il cielo limpido e pieno di stelle, così ci accomodiamo in tenda mettendo i bagagli a rinforzo della struttura e ci sistemiamo col nostro sacco a pelo. 

Sono le 20:30, ma anche se ci siamo svegliati alle cinque non ho sonno.
Il vento è implacabile e soffia sempre più forte. Per non sentirlo uso i tappi, ma non sono sufficienti. Comunque sono tranquillo, è ancora presto.
Verso le dieci sento chiaramente che sta iniziando a piovere. Non mi sembra nulla di eccezionale, giusto qualche goccia.
Il tempo passa lentamente, mi giro e mi rigiro continuamente incalzato dalle urla del vento e delle tende, poi verso mezzanotte mi accorgo del disastro: la tenda è fradicia.
Anche parte dei bagagli dei vestiti messi a sostegno della tenda sono bagnati. Fuori sembra ci sia il finimondo.
Sveglio Cassandra, che stava russando come il leone della metro Goldwin Mayer, e raccattiamo tutti i nostri averi per andare a stabilirci nel bagno delle donne.
Soluzione asciutta ma non molto comoda. Alla fine non chiuderò occhio e rigirandomi come un Minipimer nel sacco a pelo, sveglierò svariate volte Cassandra, che imperterrita continuava a russare.

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