Prima
che inizi a raccontare come è andata, se siete di Milano e andate da
quelle parti, attenzione a come vi rivolgete ai sudafricani. Lo dico
perché a casa mia quando devi mandare qualcuno simpaticamente a quel
paese gli si dice
Ma
va a ciapà i ratt!
In
Africa, e se ti scappa questa frase,
la gente potrebbe capire
Va
a ciapà i rand!
Ovvero
“vai a prelevare la moneta in uso nel paese del Sudafrica”.
A
noi il terzo giorno di viaggio è capitato qualcosa di simile, quindi
usate questa frase con parsimonia.
Giorno 1 - Roma - Dubai -
Cape Town
Era
da più di una settimana che stavamo in tensione, ma non solo per il
viaggio: Cassandra, profetessa dell'ordine delle Trite Cariatidi, due
giorni prima di partire si doveva laureare in storia della profezia.
La tesi era sul profeta Sergio Zarathustra e su tutte le sue profezie
che hanno influenzato i profeti successivi.
La
tesi è andata bene, ora Cassandra è una profetessa laureata con 110
e lode. Lo aveva anche profetizzato.
Giusto
il tempo di festeggiare con una pizza e l'ansia per il viaggio torna
ad alzare l'asticella. Insomma, si dorme poco.
Partiamo
per Fiumicino già un pochino intontiti, e ancora molto ansiosi.
All'aeroporto
incontriamo i primi compagni di viaggio: Caterina e Stefano, una
coppia di Firenze, e poi Pietro, cagliaritano Doc.
Il
primo volo parte quasi in orario e in circa sei ore atterriamo a
Dubai, dove sono le 23.30. Fuori, nonostante l'orario ci sono
trentasei gradi, chissà di giorno.
Scopriamo
solo allora che i nostri compagni di viaggio milanesi non sono ancora
arrivati. Pare che a causa di problemi con l'aereo non siano nemmeno
partiti. Solo più tardi, durante l'attesa del secondo volo,
scopriamo che vengono riprotetti su un altro aereo, decollato alla
volta del Sudafrica poco prima del nostro.
Per
fortuna il capogruppo Pierluigi ci comunica i contatti dell'autista e
dell'hotel per quando arriveremo a Città del Capo.
Tra
le tre e le quattro del mattino ci imbarchiamo anche noi. Durante il
trasbordo, dato che nel bagaglio a mano non ci stava, sono costretto
ad indossare la giacca a vento. Purtroppo per salire sulla navetta
dobbiamo uscire all'esterno.
Poco
male, ormai siamo sullo shuttle, un paio di minuti e saremo seduti
sull'aereo.
Invece
no. La navetta supera tutti gli aerei visibili in pista, poi passa ad
un altro terminal, dove ci sono decine di altri velivoli, ma nemmeno
qui si ferma.
Sembra
di essere finiti nel film di Fantozzi, quando col gruppo pensionati
capeggiati da Filini, salgono sullo shuttle e si fanno tutto
l'aeroporto prima di scoprire che non hanno un aereo, ma dovranno
viaggiare da Roma a Venezia sulla navetta.
Sempre
meno speranzosi “visitiamo” i terminal 1, 2, 3, 4 e 5. Poi
l'autista si ferma a chiedere indicazioni e torna indietro di un paio
di terminal. Si era perso.
Alla
fine ci metteremo più di venti minuti e quando salgo le scalette
dell'aereo con la giacca a vento appiccicata alla schiena per
l'elevata umidità, da uno spiraglio del portellone sento già il
dolce canto della sirena dell'aria condizionata. Che errore.
Mi
bastano dieci minuti dopo la chiusura delle porte per capire di
essere caduto in una trappola. La temperatura interna dell'aereo cala
vertiginosamente come se si fossero imbarcati solo pinguini, non
uomini.
A
niente vale il tentativo di coprirmi con la coperta. Sarà un viaggio
pessimo per me.
Arriverò
distrutto dalla stanchezza, con dolori ovunque, specialmente alla
spalla sinistra e alla testa.
Ad
attenderci troviamo Cobus, un barbuto energumeno delle dimensioni di
un armadio a due ante. Sarà il nostro compagno e pilota di viaggio.
A prima vista sembra una persona burbera e poco incline a scherzare
e,
quando mi accorgo di essere rimasto solo a camminare con lui verso la
jeep, cerco di fare conversazione, mantenendola su toni bassi. Giusto
per iniziare a togliere qualche quintale di ruggine dal mio inglese.
Mi racconta che odia Cape Town, lui è di Pretoria. Dice che è una
città dove ogni giorno possono esserci tutte e quattro le stagioni.
Ovviamente ascolto e gli do
ragione su tutto.
Con
la jeep di Cobus andiamo in albergo dove, nonostante le indicazioni e
la prenotazione di Pier, fatichiamo non poco a farci dare le camere.
Prima di svenire sul letto per la stanchezza, decidiamo tutti di
uscire per vedere qualche scorcio di
Città
del Capo.
Il
tempo è nuvoloso e ventoso, la famosa Table Mountain che sta alle
nostre spalle non si vede perché immersa nelle nubi. Ci avviamo
allora al Waterfront, il vecchio porto. Siamo in cinque e in giro non
c'è molta gente. La città sembra pulita, ma la zona dove alloggiamo
appare per lo più adibita ad uffici. Qualche sbandato in giro lo
vediamo, ma il più strano individuo che incontriamo è una guardia.
Appena arrivati ad un semaforo, ci agguanta e dopo un paio di domande
ci mostra la strada per il Waterfront, accompagnandoci per un tratto.
È un tipo molto entusiasta di cui capiamo solo il dieci per cento di
ciò che dice e alla fine ci chiede:
C'è
niente per me?
Noi
non abbiamo ancora cambiato i nostri soldi e così riusciamo a
liberarci, ma come noteremo in questi giorni sono in tanti che, pur
senza insistere, ci chiedono la mancia con qualunque scusa.
Diciamo
pure che avremmo potuto evitare l'incontro se i semafori pedonali non
fossero così fulminei. In realtà sembra che qui il verde per i
pedoni, che comincia a lampeggiare da quando appare, duri solo venti
secondi, nulla di più. Tutto il resto, è una lunghissima attesa a
veder passare le macchine.
Finalmente
dopo mezz'ora di cammino arriviamo al Waterfront: si tratta del
vecchio porto industriale trasformato in un quartiere commerciale
pieno di ristoranti, locali e mercati.
Gironzoliamo
piacevolmente per un po' finché arriva il momento di tornare: Pietro
deve accompagnare Cobus a prendere i milanesi all'aeroporto.
Durante
il ritorno ritroviamo la stessa guardia che ci chiede se abbiamo
cambiato perché vuole la sua mancia. È molto deluso quando non la
ottiene e noi, tanto per non correre rischi, stavolta non attendiamo
più il semaforo verde.
Un'ora
più tardi ecco finalmente il capogruppo Pier con Noemi, Daniele e
Giovanni.
Ora
siamo al completo, il viaggio può cominciare.
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