Springbok -
Hobas - Fish river canyon – Hobas
Sveglia
alle sette, o per lo meno ci alziamo, visto che non abbiamo dormito.
Uscendo
dai bagni vedo che ha smesso di piovere e che anche tutti gli altri
sono fuggiti a ripararsi al chiuso.
Noi
siamo stati i primi, ma poi ci hanno seguito verso le 00:30
Stefano e Caterina, all'una Daniele, alle due Pier e alle cinque il
vincitore del premio "tutte le magliette che avevo in valigia
ora sono bagnate" Pietro.
Della
nostra tenda ne è rimasta in piedi solo metà.
Prima
di smontarla faccio colazione, quindi mi metto all'opera. Una delle
bacchette si è sbriciolata e un paio di chiodi sono stati divelti
dalla forza del vento.
Dietro
suggerimento e aiuto di Cobus, le ripieghiamo e mettiamo via così.
Poi ci penseremo.
Indolenziti
e assonnati saltiamo in auto e ci dirigiamo verso il confine con la
Namibia. Non c'è neanche coda, stavolta siamo fortunati. Cobus dice
che in giornate affollate avremmo anche potuto aspettare un’ora
o due.
Subito
dopo il confine ci immergiamo in un deserto bellissimo, sconfinato, a
volte quasi monocromatico. Illuminato da una bianca luce che fa
splendere le montagne della stessa, gli spazi sono così grandi che
quando dopo pochi chilometri vengo sorpreso dal cambiamento di
colori, ora tendenti al rosso, riesco solo a pensare quanto sia bella
la sua contrapposizione all'azzurro infinito del cielo.
Nonostante
la precedente
notte
insonne,
continuo a non avere sonno.
Il
fascino del panorama è tale da tenermi incollato al finestrino per
godermi questi spazi sconfinati.
Anche
se non riesco a fotografare quasi nulla, questi sono alcuni degli
istanti migliori che sogno di assaporare in un viaggio. Gli scossoni
della jeep, la polvere che entra in auto
con
il suo odore, la sua dinamicità, completano la sensorialità del
momento e
rivelano che non stiamo osservando delle immagini proiettate, le
stiamo vivendo. Dentro di me sento divampare il fuoco del viaggiatore
che rimarrà acceso fino alla fine di questa avventura, vedendo,
osservando, fantasticando, assaporando, cercando di capire dove sono
finito veramente. Anche se sono consapevole di essere sempre sullo
stesso pianeta, qui è così bello e diverso che quasi non lo voglio
riconoscere. Come ogni volta nasce e si rafforza in me il desiderio
di
poterlo vedere ed esplorare tutto. Giusto per essere sicuro di non
essermi perso niente di questo spettacolo.
Verso
le tre del pomeriggio arriviamo al nuovo camping che sembra molto
meglio rispetto a quello di ieri.
Possiamo
riprovarci.
Prima
però andiamo a vedere il secondo gran canyon più grande del mondo:
il Fish River
canyon.
Ci
sono molti punti di osservazione dall'alto, ma non si può scendere a
camminare. L'unica opportunità sarebbe quella di ingaggiare una
guida per un'escursione di cinque giorni. Pare sia un esperienza
molto dura e anche pericolosa. Noi ci limitiamo
a
un breve trekking di un’ora,
passeggiando tra un punto di osservazione e l'altro,
ma è comunque coinvolgente.
Nato
milioni di anni fa da un terremoto, è stato scavato per altrettanti
milioni dal fiume, disegnando un paesaggio fantastico.
Personalmente
non sono ancora stato al Grand
Canyon
americano, per cui non ho modo di fare un confronto, ma posso
senz'altro dire che questo è un posto bellissimo, le immagini
parlano da sole.
Al
nostro ritorno scopriamo che mentre camminavamo, Cobus ha riparato le
bacchette delle nostre tende e così al campeggio possiamo rimettere
in piedi l'opera di ricostruzione.
Ancora
fradice,
le prepariamo molto più velocemente di ieri. Anche i chiodi si
riescono a piantare nel terreno senza problemi e in poco tempo
costruiamo la veranda.
Certo,
non c'è il vento a rompere 'hoglioni, come direbbe il nostro
compagno di viaggio Stefano da Firenze.
Unica
nota negativa,
la sabbia che entra ovunque e la puzza di carogna che aleggia
all'interno della tenda a causa della pioggia di ieri. Per fortuna
tenendo le porte aperte, per l'ora della nanna sarà andata via.
Sfruttando
la vicinanza degli alberi tutti, appendono i propri vestiti ancora
umidi, ma Cobus ci avverte che in questa zona ci sono un sacco di
babbuini. Oltre ad essere attratti dal cibo sono infatti anche dei
ladri formidabili. Velocissimi a prendere qualunque cosa e portarselo
sugli alberi, ti guardano dall'alto mentre tu rimani
in basso
senza poter far nulla. Deve essere uno spettacolo molto divertente
per questi primati. Meno per i malcapitati derubati.
Il
campeggio è bello e nuovo, così tento di fare la doccia ma l'acqua
si rivela essere fredda. Ma che cavolo! In un posto così non c'è
l'acqua calda nelle docce. Solo dai rubinetti esce un acqua
caldissima, quasi bollente. Mah.
Sempre
sotto la guida di Daniele prepariamo la pasta con fagiolini e patate
a cui verrà aggiunto il pesto.
Volevamo
fare anche la frittata, ma essendo poco pratica,
si decide per le uova sode.
Durante
la cena Cassandra stappa anche una bottiglia di vino Bonne Esperance,
acquistata in viaggio. Un rosso da 14 gradi che però sembra novello.
Molto buono.
Dopo
cena laviamo subito i piatti per evitare che arrivino gli sciacalli e
poi facciamo una passeggiata fino al bar per digerire.
Ci
ritiriamo presto, anche perché fa un gran freddo. Nella tenda invece
si sta abbastanza bene e stavolta riusciamo a dormire, nonostante la
russatura di un non bene definito compagno di viaggio. I tappi hanno
fatto il loro dovere.
Nessun commento:
Posta un commento