domenica 30 luglio 2017

Va a ciapà i Rand! - Giorno 5

Springbok - Hobas - Fish river canyon – Hobas




Sveglia alle sette, o per lo meno ci alziamo, visto che non abbiamo dormito.

Uscendo dai bagni vedo che ha smesso di piovere e che anche tutti gli altri sono fuggiti a ripararsi al chiuso.

Noi siamo stati i primi, ma poi ci hanno seguito verso le 00:30 Stefano e Caterina, all'una Daniele, alle due Pier e alle cinque il vincitore del premio "tutte le magliette che avevo in valigia ora sono bagnate" Pietro.

Della nostra tenda ne è rimasta in piedi solo metà.

Prima di smontarla faccio colazione, quindi mi metto all'opera. Una delle bacchette si è sbriciolata e un paio di chiodi sono stati divelti dalla forza del vento.

Dietro suggerimento e aiuto di Cobus, le ripieghiamo e mettiamo via così. Poi ci penseremo.

Indolenziti e assonnati saltiamo in auto e ci dirigiamo verso il confine con la Namibia. Non c'è neanche coda, stavolta siamo fortunati. Cobus dice che in giornate affollate avremmo anche potuto aspettare un’ora o due.

Namibia, finalmente un altro mondo, veramente.

Subito dopo il confine ci immergiamo in un deserto bellissimo, sconfinato, a volte quasi monocromatico. Illuminato da una bianca luce che fa splendere le montagne della stessa, gli spazi sono così grandi che quando dopo pochi chilometri vengo sorpreso dal cambiamento di colori, ora tendenti al rosso, riesco solo a pensare quanto sia bella la sua contrapposizione all'azzurro infinito del cielo.

Nonostante la precedente notte insonne, continuo a non avere sonno.

Il fascino del panorama è tale da tenermi incollato al finestrino per godermi questi spazi sconfinati.




Anche se non riesco a fotografare quasi nulla, questi sono alcuni degli istanti migliori che sogno di assaporare in un viaggio. Gli scossoni della jeep, la polvere che entra in auto con il suo odore, la sua dinamicità, completano la sensorialità del momento e rivelano che non stiamo osservando delle immagini proiettate, le stiamo vivendo. Dentro di me sento divampare il fuoco del viaggiatore che rimarrà acceso fino alla fine di questa avventura, vedendo, osservando, fantasticando, assaporando, cercando di capire dove sono finito veramente. Anche se sono consapevole di essere sempre sullo stesso pianeta, qui è così bello e diverso che quasi non lo voglio riconoscere. Come ogni volta nasce e si rafforza in me il desiderio di poterlo vedere ed esplorare tutto. Giusto per essere sicuro di non essermi perso niente di questo spettacolo.

Verso le tre del pomeriggio arriviamo al nuovo camping che sembra molto meglio rispetto a quello di ieri.

Possiamo riprovarci.

Prima però andiamo a vedere il secondo gran canyon più grande del mondo: il Fish River canyon.




Ci sono molti punti di osservazione dall'alto, ma non si può scendere a camminare. L'unica opportunità sarebbe quella di ingaggiare una guida per un'escursione di cinque giorni. Pare sia un esperienza molto dura e anche pericolosa. Noi ci limitiamo a un breve trekking di un’ora, passeggiando tra un punto di osservazione e l'altro, ma è comunque coinvolgente.

Nato milioni di anni fa da un terremoto, è stato scavato per altrettanti milioni dal fiume, disegnando un paesaggio fantastico.

Personalmente non sono ancora stato al Grand Canyon americano, per cui non ho modo di fare un confronto, ma posso senz'altro dire che questo è un posto bellissimo, le immagini parlano da sole.

Al nostro ritorno scopriamo che mentre camminavamo, Cobus ha riparato le bacchette delle nostre tende e così al campeggio possiamo rimettere in piedi l'opera di ricostruzione.

Ancora fradice, le prepariamo molto più velocemente di ieri. Anche i chiodi si riescono a piantare nel terreno senza problemi e in poco tempo costruiamo la veranda.

Certo, non c'è il vento a rompere 'hoglioni, come direbbe il nostro compagno di viaggio Stefano da Firenze.

Unica nota negativa, la sabbia che entra ovunque e la puzza di carogna che aleggia all'interno della tenda a causa della pioggia di ieri. Per fortuna tenendo le porte aperte, per l'ora della nanna sarà andata via.

Sfruttando la vicinanza degli alberi tutti, appendono i propri vestiti ancora umidi, ma Cobus ci avverte che in questa zona ci sono un sacco di babbuini. Oltre ad essere attratti dal cibo sono infatti anche dei ladri formidabili. Velocissimi a prendere qualunque cosa e portarselo sugli alberi, ti guardano dall'alto mentre tu rimani in basso senza poter far nulla. Deve essere uno spettacolo molto divertente per questi primati. Meno per i malcapitati derubati.

Il campeggio è bello e nuovo, così tento di fare la doccia ma l'acqua si rivela essere fredda. Ma che cavolo! In un posto così non c'è l'acqua calda nelle docce. Solo dai rubinetti esce un acqua caldissima, quasi bollente. Mah.




Sempre sotto la guida di Daniele prepariamo la pasta con fagiolini e patate a cui verrà aggiunto il pesto.

Volevamo fare anche la frittata, ma essendo poco pratica, si decide per le uova sode.

Durante la cena Cassandra stappa anche una bottiglia di vino Bonne Esperance, acquistata in viaggio. Un rosso da 14 gradi che però sembra novello. Molto buono.

Dopo cena laviamo subito i piatti per evitare che arrivino gli sciacalli e poi facciamo una passeggiata fino al bar per digerire.

Ci ritiriamo presto, anche perché fa un gran freddo. Nella tenda invece si sta abbastanza bene e stavolta riusciamo a dormire, nonostante la russatura di un non bene definito compagno di viaggio. I tappi hanno fatto il loro dovere.


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