martedì 24 marzo 2015

Maratona di Roma 2015

La mattina della gara, quando mi sono alzato per prepararmi mi son detto: "ma chi te lo fa fare?! Non stai in piedi, fuori fa freddo, piove e le previsioni danno tempo in peggioramento. Chi te lo fa fare?!"
Anche Cassandra, da buona profetessa, nei giorni precedenti aveva profetizzato che sarebbe stata una maratona molto disidratante. Io, da scettico sciocco, non le ho dato retta. E Tac!
Castigato dagli dei!
Sabato, il giorno prima della gara, sono stato male. Un morbo misterioso mi ha attaccato e disciolto quasi completamente. Com'era il famoso detto? Tutte le strade portano a Roma? Per me Sabato tutte le strade portavano ai bagni di Roma. Sabato sera invece di ballare per la febbre non mi reggevo in piedi per la debolezza.
Chi te lo fa fare?
Questa domanda mi risuona nella mente quando mi sveglio.
Non so spiegarmelo, ma domenica mattina c'è stato qualcosa che mi ha spinto ad uscire al freddo, sotto l'acqua e ad incamminarmi per il Colosseo. Quando ci arrivo sono già stremato e assetato. Mi infilo in un bar e bevo mezzo litro d'acqua in meno di dieci secondi. Ora mi sento meglio, ma ho ancora sete.
Proviamo a partire. Al massimo mi fermo quando non ce la faccio più.

Alle gabbie vengo separato da Eraldo e Sergio, e già mi sento un pò demoralizzato per essere rimasto solo.
Pazienza, l'ho già fatto a Firenze, infilo le auricolari e in caso di bisogno accenderò la musica.
Partenza!
Sono proprio in fondo stavolta, prima che arrivi sotto alla linea di partenza passano sei minuti.
L'inizio è proprio bello, la cornice dell'altare della Patria, il circo Massimo e la Piramide mi fanno scordare i problemi fisici, le ansie, le paure. Trotteggio allegramente ma sento già troppo caldo. Le previsioni del meteo, e della profetessa Cassandra davano pioggia battente e vento, al momento però è presto e mi devo togliere il poncho. Arrivo ai primi cinque km e subito afferro quella che sarà la mia fedele compagna per tutta la corsa: una mezza naturale.
Bevo come un cammello e sono contento!
Non è lo spot di una nota marca di birra, ma solo ciò che mi sta succedendo: idratandomi continuamente riesco a fare più chilometri di quelli che sognavo.
Più vado avanti lungo il Tevere e più mi dico "ancora un po', non dovevo arrivare qui..."
Solo quando parte la musica di una delle mie canzoni preferite dei Porcupine Tree mi rendo conto di pensare alle sue parole:

Mai fidarsi del suono della pioggia sopra un fiume che scorre veloce nelle tue orecchie
Arrivando da qualche parte, ma non qui
Tutti i miei progetti, semplificati
E tutti i miei piani, compromessi
E tutti i miei sogni, sacrificati
Arrivando da qualche parte, ma non qui...


Vado avanti, anche quando inizio a sentire che le energie vengono meno. Fortunatamente mi sono portato le bustine di fruttosio che si rivelano miracolose. San fruttosio!!!
Le energie ritornano assieme alla pioggia e per fortuna avevo conservato il poncho che ora torna utilissimo, soprattutto per le folate di vento gelido.
Verso il diciottesimo chilometro, dopo aver attraversato il Tevere e via Conciliazione, arrivo a San Pietro e lì, invece delle classiche visioni fantozziane dei santi che scampanano annunciando la fine imminente, vedo Cassandra sorridente ad aspettarmi. Da qui cambia la mia corsa. Prendo in prestito il suo sorriso e inizio a correre contento di essere giunto fin lì, consapevole di poter fare ancora qualcosa...
Arrivando da qualche parte, ma non qui...
Vado avanti e supero quasi per caso Eraldo che si era fermato ad allacciare le scarpe. Lo saluto al volo alla romana:
"Bella Erà!!!'"
Senza fermarmi vado avanti, sempre più contento. Sicuramente mi riprenderà.
La corsa si allunga verso nord seguendo il corso del Tevere. Arriviamo alla metà e mi rendo conto di essere, anche se di poco, sotto le due ore. Ma come cavolo ho fatto?
Peccato che non riuscirò a finirla, 42 son tanti.
Almeno devo arrivare dalle parti del centro, non qui, dove non c'è niente...
Quando inizio a salire la collinetta nei pressi del ventinovesimo chilometro mi sorprendo ad arrancare assieme agli altri senza fermarmi. Ci scherzo pure con un signore romano. In discesa poi le gambe vanno da sole, tanto che devo metterci il guinzaglio per non farle scappare.
Al traguardo dei trenta sono felicissimo, ce l'ho fatta ad arrivare fin lì, e ne ho ancora!
Supero perfino Sergio e non mi fermo, lo semino!
Che bello correre!
Intorno 35 esimo ritrovo Cassandra che mi saluta sempre sorridente regalandomi la consapevolezza di potercela fare. Forse ce la faccio davvero!
Al trentaseiesimo guardo il cronometro e vedo che sono andato forte, mi basterebbe correre gli ultimi sei chilometri a sei minuti al chilometro per rimanere sotto le quattro ore!!!
Peccato che non avevo fatto bene i conti con i san pietrini e l'ultima salitona finale, sempre sui san pietrini. Ma soprattutto non avevo considerato le gambe. Giungere fino a lì è stato già un miracolo. Le saluto a malincuore e arranco per le vie del centro: largo Argentina, via del corso, piazza del popolo, piazza di Spagna. Sempre con il sorriso del miracolato, ma ormai sfinito, arrivo alla galleria in salita che sembra non finire più, poi scendo via nazionale facendo attenzione ai san pietrini bagnati. Piazza Venezia è dietro l'angolo e poi eccoli, i fori imperiali!

Il cronometro mi rivela che alla fine ho ceduto molto, ma poi mi guardo attorno e vedo il traguardo, ci sono arrivato, là, un po' più in là di dove pensavo di arrivare. 
La commozione mi tramortisce e io mi lascio andare, finalmente, felice, che magnifica sensazione.


mercoledì 18 marzo 2015

LA RESISTENZA, GALLERIA BORGHESE


La terza e ultima prova che ci aspetta in questa giornata intensa è la resistenza. Con passo sostenuto ci incamminiamo verso la galleria borghese, passando da piazza Barberini. Dopo di che percorriamo tutta via Veneto in quella leggera salita. Mentre ci arrampichiamo prego perché la maratona non passi da li, non in salita almeno.


Arriviamo a destinazione in tempo, alle cinque c'è l'ingresso e potremo stare dentro per le prossime due ore. La galleria è suddivisa in due: al primo piano ci sono le magnifiche statue di Bernini: il David, Enea, Apollo e Daphne ed altre. Davvero superbe sculture, tra l'altro fatte tra i suoi venti e trent'anni.


C'è anche una scultura del Canova, il soggetto è una donna ma io non riesco a guardarla troppo, non tanto perché pudico, quanto perché il divano su cui è stata scolpita, anch'esso in marmo, è talmente bello che sembra vero. Attraversando le varie sale ricche di statue, anche romane ed egizie, si arriva alla grande sala con splendidi mosaici a terra e statue e busti, o anche solo teste, talmente grandi che sarebbe difficile anche solo pensare di spostarle. Su tutto questo però domina la volta, realizzata da Mariano Rossi. L’affresco celebra la civiltà romana e l’eroica virtù dell’onore.

In una delle sale di questo primo piano ci sono i quadri del Caravaggio. Sono sei. Dopo una giornata trascorsa alla ricerca dei suoi quadri questo è il degno finale che la completa. Ci sono Il fanciullo con canestro di frutta, Bacchino malato (di cui il soggetto è un suo autoritratto da giovane), la Madonna dei palafrenieri, San Giovanni Battista, San Girolamo scrivente e l'ultimo, il mio preferito, David con la testa di Golia.
Anche in questo c'è del suo, la testa di Golia infatti è il suo autoritratto, fatto poco prima della sua morte. Cassandra e Tancredi mi avevano raccontato che Caravaggio è morto giovane, a circa 37 anni. In seguito alla sua fuga da Roma per aver ucciso un uomo in una rissa, si rifugia prima a Napoli e poi a Malta per cercare di ottenere l'ordine dei cavalieri di Malta che gli avrebbe dato l'immunità. Con questa avrebbe ottenuto la possibilità di tornare a Roma. Purtroppo viene scoperto il suo passato cruento e non lo ottiene. Contrattando però con un cardinale di Roma per un certo numero di suoi quadri ottiene il perdono. Parte da Malta diretto a Roma, i quadri che gli salverebbero la vita però sbagliano strada e finiscono in Toscana. Caravaggio è costretto a inseguirli perché senza di essi rischierebbe la vita a tornare a Roma. Finisce così in Toscana dove si ammala di febbre e muore. Il David con la testa di Golia è proprio uno dei quadri smarriti che doveva salvarlo, e che invece lo hanno condannato.
Oltre a questo piano però ce ne è un altro in cui sono esposti opere del Bronzino, Raffaello, Rubens, Tiziano, Botticelli, Antonello da Messina, Carracci, Dosso Dossi e Guido Reni.
Il museo è molto affollato ma riusciamo a vedere tutto senza problemi, alla fine nell'ultima mezzora ci godremo ancora tutte le sale praticamente vuote ed in silenzio.
Ricordo che qualche anno fa a Mediolanum avevo visto due mostre su Caravaggio. Entrambe però non avevano più di quattro quadri a testa. Oggi in una sola giornata ne abbiamo visti quattordici, direi che anche la prova di resistenza è stata superata.
Usciamo sulle nostre gambe, che ancora incredibilmente stabili ci porteranno nuovamente dall'altra parte della città per andare a goderci la Pinsa che, ora posso confessarlo, ho sognato per tutto il giorno.

martedì 17 marzo 2015

IL SALTO NEL BUIO, GALLERIA DORIA PANPHILJ



Salutiamo Tancredi che per pranzo ci lascia e andiamo alla ricerca di un posticino tranquillo dove mangiare. Troviamo Universo Vegano, un fastfood vegano niente male. Io prendo uno spezzatino di soia con patate e delle polpettine di soia, Cassandra invece prova una piadina completamente vegana. Certo non è un ristorante, ma per chi come noi è in giro tutto il giorno è davvero una salvezza dai soliti panini.
Siamo ad appena un terzo della giornata e già si avvera la prima profezia di Cassandra: il telefono sguscia dalla mia tasca e cadendo il vetro va in frantumi. Ecco disintegrata ciò che ormai è diventata una mia appendice Cassandra è proprio in giornata profetica.
Dopo esserci rifocillati per bene partiamo per la seconda disciplina della giornata: il salto nel buio.
Non contenti delle solite tappe fuori dai classici itinerari del turismo di massa, ci azzardiamo a provare qualcosa di ancora più estremo: un museo d'arte privato. La scelta cade sul Doria Panphilj.

Come contenuti è molto ricco di opere d'arte, essendo stata la galleria privata di un Papa lo deve essere per forza. Ciò che lo caratterizza rispetto agli altri musei è che i quadri sono esposti così come lo furono dagli antichi proprietari che li commissionarono. Insolito e inizialmente divertente, diventa dispersivo e troppo aleatorio. I quadri infatti non hanno quasi indicazioni, solo l'autore. Il palazzo Doria Panphilj poi è talmente ricco di tavoli, sedie, e arredamenti d'epoca che nonostante la ricchezza dopo pochi minuti quasi non si notano più.
La galleria è molto bella, ma anche con l'ausilio della audio guida se ne assorbe un pò poco. Forse ci siamo abituati troppo bene della sapiente presenza di Tancredi? Non so, ma ho la netta impressione che questo sia un luogo da cultori dell'arte, molto più esperti di noi e che non hanno bisogno di alcuna guida, indicazione o cartellino esplicativo. Insomma la galleria non è tutta per tutti. Soprattutto le diverse stanze colme di quadri che ritraggono solo paesaggi.


Una cosa interessante che scopro sui papi era che i nipoti di questo avevano l'usanza di spendere e spandere ricchezze costruendo palazzi sontuosi per tutta Roma. Da qui nasce il termine nepotismo.
L'ironia della sorte voleva però che dopo la morte del Papa che proteggeva tutte le proprietà di famiglia, se saliva al potere una famiglia nemica, questa la costringeva a vendergli tutte le loro proprietà e a volte perfino ad abbandonare la città.
Qualcosa di simile succedeva anche agli artisti preferiti da un Papa che venivano messi da parte dal successivo, nonostante fossero dei maestri, come il Bernini.
In ogni caso ci sono dei capolavori indiscussi di Tiziano, Guercino, Diego Velazquez (il ritratto di Innocenzo X è spettacolare tanto è reale), Filippo Lippi, Domenichino, Carracci, Tintoretto e Guido Reni.
Nota biografica su Filippo Lippi rivelataci da Tancredi: era un frate che si è innamorato di una suora, scappò con lei ed ebbe un figlio, Filippino Lippi, anche lui pittore.
Di Caravaggio invece troviamo la Maddalena penitente ed il Riposo durante la fuga in Egitto. Pare che Caravaggio abbia usato la stessa modella per i due quadri. Il problema era che forse, come spesso gli capitava, era una donna comune, se non peggio, una prostituta. Il pittore era un noto frequentatore di bordelli e in alcuni quadri i suoi contemporanei riconobbero le vesti delle prostitute di Roma nei soggetti femminili dei suoi quadri.
Un po' delusi, ma ancora tutti interi dopo il salto nel buio, ci ripuliamo i vestiti dalla sabbia e ci dirigiamo verso l'ultima tappa.

lunedì 16 marzo 2015

LE SECONDE TANCREDIADI




Per questa seconda edizione delle Tancrediadi sono state scelte tre discipline, la ricerca, il salto nel buio e infine la resistenza.
La prima è una vera e propria caccia ai tesori di Caravaggio sparsi nelle varie chiese della città. Roma infatti ha il primato di opere del Caravaggio esposte liberamente, che non siano custodite all'interno in un museo.
Partiamo presto, anche se la giornata è lunga Cassandra ha profetizzato che ci sarebbe voluto molto tempo per fare tutto. Ha pure previsto che una sciagura si sarebbe abbattuta su di me, mandando in frantumi una mia appendice.
Speriamo bene.
La prima tappa di oggi è piazza del popolo, dove ci sono le chiese gemelle, una delle quali famosa per ospitare i funerali degli artisti.
Il nostro anfitrione, che però si chiama Tancredi, ci aspetta alle porte della piazza per condurci alla prima chiesa, la basilica di santa maria del popolo. A vederla da fuori non sembra granché, ma una volta all'interno si cambia subito idea.


Qui si trovano diverse statue scolpite in marmo dal Bernini, che tra l'altro completò la basilica con diverse altre statue sparse sopra le navate, anche se di stucco.
La basilica, che fu ristrutturata anche dal Bramante, conserva un vero e proprio tesoro: opere di Raffaello, Pinturicchio, Mazzoni, Sansovino, Salviati e Bregno.
Il culmine si raggiunge con la cappella Cerasi, dove c'è un magnifico Carracci e ben due, dico, due, dipinti del Caravaggio.
Ora io non sono un esperto d'arte, anzi, anche se mi piace, sono un profano tra i più infimi in materia di arte.
Per fortuna sono in compagnia di Tancredi e Cassandra che mi rivelano aspetti, dettagli e aneddoti in grado di rendere la visione delle opere d'arte qualcosa di più bello e comprensibile, per me almeno.
I due dipinti di Caravaggio sono la conversione di San Paolo e la crocifissione di San Pietro. Tancredi ci racconta che questi dovrebbero essere i primi due lavori che gli furono commissionati a Roma, dove era giunto su invito di alcuni cardinali suoi amici.
La prima versione della conversione fu rifiutata. Ufficialmente non se ne conosce il motivo, si può solo intuire che il tema fosse ancora più estremo di quello che fu poi accettato, già molto fuori dai soliti canoni. Infatti il soggetto principale qui è il cavallo da cui San Paolo è caduto. Caravaggio oltre ad essere un maestro della luce, voleva raggiungere un certo realismo e questo non a tutti andava bene.
La crocifissione di San Pietro ne è un altro esempio: il santo è quasi in secondo piano, nel dipinto risaltano particolari talmente realistici che anche in questo caso la prima versione fu rifiutata. Sono rimasti però ben visibili il piede nero e il fondo schiena dell'aguzzino con la corda in tensione. San Pietro è lì, che fa quasi da spettatore di questo capolavoro.
Dopo aver ammirato le statue del Bernini, usciamo e ci dirigiamo verso la chiesa di Sant'Agostino in campo Marzio.
Prima di entrare Tancredi ci indica una porticina sul lato destro della scalinata e ci racconta che quella è la prima biblioteca pubblica del mondo. Tra l'altro qui ci hanno girato “Angeli e demoni” perché il vaticano non ha dato il permesso di filmare la biblioteca vaticana.
Entriamo nella chiesa la cui facciata in travertino è stata costruita usando le pietre del Colosseo. Aridanghete! Ecco dov'era finito!
Qui troviamo un lavoro del Guercino, chiamato così per il suo strabismo, il famoso affresco del profeta Isaia di Raffaello, che Cassandra in quanto profetessa vede un po' come un quadro di famiglia, e poi c'è il Caravaggio. La madonna dei pellegrini che pare sia stato dipinto quando il pittore si rifugiò nella chiesa per sfuggire alla legge. Tancredi e Cassandra mi raccontano che, al contrario dei soggetti dei suoi quadri, non era per niente un santo.


La fuga nella chiesa avvenne in seguito all'assassinio di un uomo durante una rissa. A Cassandra piace sempre ricordarmi che Caravaggio era un tipo fumantino.
Stiamo per andarcene quando appena prima di imboccare l'uscita ci troviamo davanti alla statua della madonna del parto di Sansovino. Mi soffermo a studiarla e subito affiora in me l'ignoranza del profano. La madonna ha un collo lunghissimo o sbaglio?

Torniamo alla luce del sole e ci spostiamo di poche decine di metri per arrivare alla chiesa di san Luigi dei francesi.
Esaltazione dell'arte e dei santi francesi. Uffa, come direbbe la Mondaini: che noi e che barba, che barba e che noia, questi francesi. Eh si non mi stanno molto simpatici quelli che si credono meglio degli altri.
Comunque qui ci sono anche dei capolavori italiani, ma che dico, dei capolavori e basta.
Guido Reni e soprattutto tre, dico, ben tre quadri del Caravaggio.
Il martirio di san Matteo, san Matteo e l'angelo, la vocazione di san Matteo.
San Matteo e l'angelo fu oggetto di discussione per secoli perché secondo altri pittori contemporanei fu rifiutato ben tre volte perché troppo realistico e perché sminuiva la figura del santo rendendolo troppo umile ed umano. In realtà queste cronache pare fossero scaturite solo per invidia ed antipatia nei confronti di Caravaggio, non solo perché era bravo, ma anche un personaggio "antipatico" che, oltre ad essere un noto donnaiolo, rissaiolo e quant'altro, dipingeva con un realismo che probabilmente spaventava. Rappresentando gli episodi dei santi come se avvenissero ai suoi tempi, il Caravaggio sembra che se ne sentisse parte, tant'è che a volte vi si auto ritraeva come a testimoniare questo aspetto.


Da quando ho conosciuto Cassandra, ovvero settembre, il mio amico Lucio, detto Cornelio Scipione Scapula Barbato, compagno di squadra a pallone, mi ha raccomandato di andare a bere il caffè in piazza Sant'Eustachio. Finalmente oggi ne ho avuto l'occasione perché il ristoro delle seconde Tancrediadi è stato piazzato proprio qui.
Ci fermiamo a gustare il caffè più buono di Roma, ma che dico di Roma, forse il migliore che abbia mai bevuto. E' anche caratteristico perché se non gli si dice nulla al barista quello vi dà il caffè già zuccherato con una cremina che dicono sia squisita. Io però non assumo latte e quindi gli ho dovuto specificare di non metterla. In ogni caso era buonissimo ugualmente.
All'esterno c'è la piazza di Sant'Eustachio con il simbolo del santo sopra la chiesa: delle corna di cervo sormontate da una croce. La storia infatti narra del cacciatore che al momento di sparare ad un cervo vede una croce sopra la sua testa e invece di sparare interpreta il segno, e si converte.


Proseguiamo la ricerca verso la Basilica di Santa Maria sopra Minerva, detta così perché costruita dove una volta c'era il tempio della dea Minerva. La facciata è per me piuttosto anonima e non mi aspettavo di trovare tutto quello che c'è dentro: E' infatti considerato l'unico esempio di gotico romano della città, molto differente quindi da tutte le altre chiese di Roma. Sotto le arcate a tutto sesto troviamo opere di Giulio Romano, Barocci, Filippino Lippi, Carafa, Raffaellino del Garbo e la lastra funeraria di Beato Angelico, ma non so se si trovi qui davvero.
Ci sono inoltre sculture del Bernini e il Cristo portacroce, di un certo Michelangelo.
All'uscita non si può non notare la scultura di un elefantino che trasporta un vero obelisco egizio. La scultura è del Bernini ed è rivolta in modo che rivolga le terga dove un tempo c'era un convento di benedettini. Questo perché il Bernini aveva litigato con i frati.
Simpatico, oltre che bravo, il Bernini.

venerdì 6 marzo 2015

PALAZZO MASSIMO


Sveglia! Oggi si corre! Il parco degli acquedotti mi aspetta per la tappa più lunga della settimana: almeno venti chilometri da fare tra i campi.
Siamo a Febbraio ma nonostante abbia piovuto ed il cielo sia ancora plumbeo, non fa affatto freddo.
Voglio il freddo, ne ho bisogno per correre.
Fra quattro settimane da oggi dovrò correre la maratona qui a Roma e temo che il clima non mi aiuterà. Spero di non soffrire come alla maratona di Firenze...
In ogni caso prima di tornare a Mediolanum stamattina io e Cassandra corriamo assieme, lei mi accompagna per i primi cinque chilometri, io concludo i restanti quindici in compagnia della musica.
Alla fine la missione è compiuta senza strafare ne stare male. Ora possiamo tornare a completare questo intenso giro culturale.


L'ultimo tassello del museo nazionale romano, Palazzo Massimo ci aspetta con i suoi quattro piani di reperti. Questo trittico culturale si chiude in bellezza con il palazzo che si affaccia al piazzale della stazione Termini, sempre nelle vicinanze delle mastodontiche terme di Diocliziano.
Il museo è diviso in quattro piani: al piano -2 c'è la numismatica. Una collezione di monete che sarebbe il sogno di qualunque cercatore di tesori. Si parte da quelle grossolane di bronzo, grandi quasi quanto un pugno, e si passa a quelle di rame, argento e oro. Specialmente quelle d'oro risplendono ancora come se fossero state fatte ieri, sia che fossero dell'800, sia che arrivino dai primi secoli dell'impero.
Dopo la lustratina di occhi, allo stesso piano c'è qualcosa di ancora più raro: l'unica mummia romana intatta mai ritrovata, la più conservata per lo meno. Un ritrovamento eccezionale, se si pensa che i romani non usavano mummificare i loro defunti. Si tratta della mummia di una bambina di Grotta rossa scoperta con alcuni gioielli ed una bambola di legno dalle giunture snodabili. Facile dedurre che fosse economicamente benestante. Nonostante l'età, dagli esami del Dna, pare che avesse diversi problemi fisici e non si ha la certezza su cosa possa averle dato il colpo di grazia. Testimonianza, se ce ne era bisogno, del fatto che solo i più forti, e soprattutto fortunati, vivevano a lungo.


Saliamo fino alla seconda tappa, dove al secondo piano troviamo affreschi mozzafiato. C'è perfino un'intera stanza, molto grande, raffigurante un giardino fiorito. E' la stanza di Livia, la consorte dell'imperatore Augusto. Tutto l'affresco fu staccato dall'interno di una villa romana ritrovato sulla Cassia, una via consolare, e riportato qui al museo. Ci si può sedere in mezzo sui divani come se fossero triclini e godere della pace. L'unica cosa che mi lascia un po' perplesso che doveva essere una stanza buia, in quanto non aveva finestre. Forse con delle lanterne o dei braceri l'effetto era ancora più realistico. Proseguiamo la visita e oltre a delle magnifiche statue di cui ormai riconosco perfettamente Marco Aurelio, Commodo, Adriano, Antinoo e Ercole. Arriviamo poi al complesso di stanze di un'altra villa: Qui le stanze affrescate sono state riportate quasi interamente e i colori ed i disegni sono ancora bellissimi. Anche i mosaici che riempiono un'intera alla di questo piano sono uno più bello e grande dell'altro. Due opere in particolare, che non sono mosaici, mi colpiscono per la loro bellezza ed i colori. Sono gli Opus Sectile: una delle tecniche di ornamentazione marmorea più raffinate e prestigiose, fatta di marmi rari e costosi, molto difficile da lavorare e da tagliare.


Scendiamo un altro piano e veniamo circondati da un esercito di statue. Sono talmente fatte bene che sembra scontato pensare, anche se hanno più di duemila anni, che i modelli fossero proprio identici.
Qui ci sono statue particolari, come quella dell'ermafrodito, la prima che vedo in vita mia, e del famosissimo Discobolo, riproduzione di una statua greca, ma pur sempre di quasi duemila anni.


Oltre a queste ci sono anche i bronzi delle navi appartenute all'imperatore Caligola e ritrovate nel lago di nemi. I bronzi sono bellissimi, ci sono perfino delle balaustre. Quello che invece non troviamo scritto nelle didascalie, ma che Cassandra mi racconta, è che le navi fino alla seconda guerra mondiale era integre. Un reperto a dir poco eccezionale. Purtroppo quando l'occupazione tedesca finì i soldati pensarono bene di dar loro fuoco... Perché? L'abisso di stupidità che si raggiunge durante le guerre, purtroppo non ha spiegazioni comprensibili.
Scendiamo al piano zero e finalmente torniamo con i piedi per terra, ma solo per poco perché come dei segugi fiutiamo subito il profumo di capolavoro.
Io non ho mai visto di persona i bronzi di Riace, lo ammetto, ma queste due statue di bronzo sono a dir poco splendide.


Il principe ellenico è molto alto e fisicamente perfetto, appoggiato alla sua lancia non si direbbe proprio che risalga al terzo o quarto secolo avanti cristo. Ma quello che più mi ha colpito è il Pugilatore a riposo.


Questo colosso ritratto seduto e con lo sguardo rivolto verso l'alto alla sua destra, è stato scoperto proprio così: dagli scavi delle terme di Costantino, è emerso questo volto che sembrava guardare gli archeologi come se si fosse accorto di loro e avesse girato la testa a vedere chi stesse disturbando il suo riposo millenario.
Con le mani ed i polsi ancora protetti da dei rudimentali guantoni, si capisce che è un pugilatore soprattutto dalle ferite che ha in volto e dal naso rotto.

giovedì 5 marzo 2015

TERME DI DIOCLIZIANO

Dopo la piacevole sorpresa, anche se un pochino appesantita dalla quantità di storia e arte trovata nella Crypta Balbi, ci rechiamo alle più grandi terme mai costruite nell'antica Roma, quelle di Diocliziano.
Sarà che sono leggermente provato dalla prova alla Crypta Balbi, sarà che sta iniziando a piovere, sarà che Cassandra mi spara una profezia del tipo "Preparate: qua ce sta 'n sacco de robba”.
E poi, non contenta
Gli dei dicono che ce lascerai la suole delle scarpe".
In realtà ciò che mi ha fiaccato di più è stato l'immenso chiostro di Michelangelo costellato di statue, busti, hermi, are, feretri, lapidi, sarcofagi, strigilati e non. Al solo vederne l'estensione mi è scesa la pressione. Il chiostro in realtà non è stato fatto da Michelangelo, ma solo successivamente alla sua morte utilizzando un suo disegno. Percorso il chiostro per una volta e mezza, c'era anche il giardino interno pieno di sculture, alzo lo sguardo ed ho una visione: un satiro che si sta ammazzando dal ridere mi indica che il chiostro ha anche un secondo piano! Cassandra parte alla carica e io cerco di starle dietro con le forze residue. Oltre a quel giro premio annaspo nello scoprire che ci sono altri tre piani di museo sempre ricchissimo di opere d'arte. Dopo un tempo imprecisato mi ritrovo lì, perso nei corridoi, faccio fatica a non rispondere alle sculture che ormai mi parlano e mi dicono che posso farcela se uso la testa, non le gambe.


Tornati al piano terra entriamo in un altro chiostro, più piccolo stavolta. Pure questo tempestato di sculture e sarcofagi, ha però una finestra che da sulla natatio delle terme. Usciamo allora all'aperto per ammirare le immense strutture a volte che un tempo dovevano ricoprire tutta l'area su cui siamo stati, e molto altro ancora.
La natatio, un piscina bassa di circa un metro di profondità, si stende tra il calidarium e il frigidarium, le zone calde e fredde delle terme.


Seguendo le altissime volte, si intravedono le pareti esterne della chiesa Santa Maria degli angeli e dei martiri, costruita proprio all'interno di una parte delle terme. Seguendone il perimetro arriviamo prima in una parte semi coperta, quindi entriamo nelle due volte coperte, in parte con un tetto ricostruito, in parte originale. Qui sono custodite altre statue e ben tre tombe: intere stanze estratte 5/6 metri sotto terra e riportate alla luce per essere esposte. Nell'altra sala, oltre ad una rinfrescante mostra fotografica, ci sono dei mosaici giganteschi che devono far pensare a che spettacolo dovevano essere queste terme.

mercoledì 4 marzo 2015

CRYPTA BALBI

 
Il programma di esplorazione di oggi prevede molta verdura sul fuoco. Siamo vegetariani.
Cassandra mi porta di buon mattino in centro, passando per Largo Argentina, la piazza al centro della quale sono emersi alcuni templi e dove pare sia avvenuto realmente l'assassinio di Giulio Cesare. Proseguendo imbocchiamo via delle Botteghe Oscure e troviamo la Crypta Balbi. Cassandra mi ha assicurato che, pur essendo una visita breve, ne vale la pena.
Il biglietto che facciamo, solo 7 euro, vale anche per le terme di Diocliziano e Palazzo Massimo, il tutto visitabile in tre giorni. Un vero affare culturale.
Appena varcato l'ingresso scendiamo a visitare i sotterranei di quello che un tempo era un palazzo romano, trasformato poi in cisterna per l'acqua e divenuto infine palazzo medievale. Quando saliamo a vedere anche i piani superiori troviamo un intero museo su più livelli. Altro che piccolo. Tra le cose più interessanti ci sono molto riferimenti al culto di Mitra, una religione proveniente dall'oriente già molto diffusa nell'impero romano quando comparve il cristianesimo. Sorprende scoprire che, per quanto diverso dal cristianesimo, il mitraismo condivideva molti aspetti a volte fondamentali: Mitra era nato il 25 dicembre, da una vergine, anche lui dopo essere morto ed essere sepolto in una grotta è risorto. Anche nel mitraismo c'era inferno e paradiso, altre somiglianze invece, come il battesimo, sembrano troppo forzate per essere definite tali. Non si ha la certezza di chi abbia copiato chi, l'unica cosa che sappiamo è che quando si diffuse il cristianesimo il mitraismo scomparve rapidamente e i loro luoghi di culto, i mitrei, vennero distrutti per costruirci sopra delle chiese.

Saliamo a vedere gli altri due piani del museo che ci mancano e poi veniamo portati dalla guida a vedere l'esedra. All'esterno c'era infatti il portico quadrangolare di un grande palazzo, alle estremità del quale c'erano da una parte l'esedra, una costruzione semicircolare che nel tempo è stata diverse cose come bagni, forno per il vetro e altro. Dall'altra parte del cortile invece c'era un teatro. Scendiamo poi sotto il palazzo e troviamo degli altri forni, un piccolo ed uno molto grande. Ci sono anche i resti, molto spogli, di un mitreo. Quando torniamo di sopra visitiamo l'ultima parte del museo che ci mostra come la città si sia impoverita dopo la “caduta” dell'impero: nei secoli i palazzi sono stati lasciati cadere a pezzi e ciò che ne rimaneva è stato ricoperto da altre costruzioni, come il teatro, o semplicemente da campi semi incolti. Da metropoli che era, Roma si è trasformata in qualcosa di impensabile, soprattutto per noi che ce la immaginiamo così bella e splendente.

martedì 3 marzo 2015

PALAZZO ALTEMPS

Reduce da una settimana un po' travagliata per colpa di una mezza influenza che mi ha fermato la preparazione della maratona, sono tornato a Roma per riposare e riprendere a corricchiare. La maratona di Roma ormai è vicina, troppo vicina. Ragion per cui la mattina ci alziamo presto e torniamo a far visita al parco degli acquedotti dove in solitaria, riprendo confidenza con i sentieri all'ombra delle grande strutture ad arco che dominano il paesaggio assieme ai pini marittimi.
Non avendo interpellato Cassandra sul programma che gli dei ci hanno comandato di seguire, mi sono spremuto in una sessione di allenamento intenso e mi sono fidato della sua interpretazione dei messaggi che le sono giunti sotto forma di profezie.
Le trite cariatidi infatti, essendo al passo con i tempi, hanno aperto un loro canale di comunicazione con gli dei direttamente su Internet: come noi poveri mortali consultiamo il meteo.it per il clima, le profetesse hanno www.ilvoleredeglidei.it. A sapere cosa mi aspettava, mi sarei preparato con una bella cura ricostituente.
La prima tappa culturale è il palazzo Altemps. Fino a questo momento non ne avevo mai sentito parlare e devo dire che è stata una piacevole sorpresa. In questa meravigliosa cornice sono esposti perennemente statue tra le più belle che avessi mai visto. Il palazzo stesso, costruito sulle fondamenta di una grande casa romana, è un magnifico esemplare di architettura medievale molto ben restaurata e conservata.


La famiglia Altemps doveva essere ricchissima, in questo grande palazzo che si trova al centro di Roma, oltre alle numerose stanze riccamente decorate con statue, busti ed erme (colonne che in cima si trasformano in figure umane o anche solo busti o teste), affreschi sontuosi e soffitti a cassettoni coloratissimi, c'è perfino una piccola chiesa affrescata e decorata di marmi pregiati e colorati. Un piccolo gioiello.
Tra le sculture, tutte molto belle e assolutamente realistiche, inizio a riconoscere i volti di alcuni imperatori, anche senza leggerne le targhette. Una in particolare mi viene segnalata da Cassandra come molto importante: Afrodite o trono Ludovisi, è una scultura in marmo dolomitico che si pensa sia del V secolo A.C. ed è molto discussa perché non si sa ancora di chi sia e se sia o meno un falso.


Usciti dal palazzo, circa due ore più tardi, torniamo con calma passeggiando per le viuzze del centro. Attraversando piazza Venezia troviamo ad aspettarci la grande macchina da scrivere, il monumento ai caduti che Cassandra non si scorda di ricordarmi quanto sia brutto, quindi torniamo verso casa, affamati come due Mediolanensi.

lunedì 2 marzo 2015

72 ORE

Appena sbarcato a Roma vengo preso dai morsi della fame. Noi Mediolanensis, secondo i romani, mangiamo alle 18:30... Sarà ma io non ho mai mangiato a quell'ora. Adesso però sono le 22 passate, e un po' fame ce l'ho!
Dopo aver sperimentato la Pinsa, ricetta dell'antica pizza romana, questa volta Cassandra mi porta da 72 ore. Si chiama proprio così, 72 ore, che non sono le ore di attesa per mangiare o quelle precedenti entro cui prenotare, si tratta semplicemente del tempo lasciato alla pasta della pizza per lievitare. Il risultato è una pizza leggerissima, quasi come fosse pane. Gli ingredienti poi sono buoni e di ottima qualità, perfino la crema di peperoni che mettono sulla mia pizza vegana è perfetta.
Ciliegina finale è la birra Peroni, una delle mie preferite, non molto facile da trovare nei locali, anche se per me è migliore di moltissime altre straniere e non.