mercoledì 25 febbraio 2015

LE TANCREDIADI

Cassandra ha un amico, si chiama Tancredi e fa la guida turistica. Quale migliore occasione ci potrebbe essere se non quella di farsi accompagnare da Tancredi alla scoperta dei monumenti più famosi e visitati?
Ed è così che inizia questo tour de force: le Tancrediadi.
Ci troviamo alle nove di mattina davanti al Colosseo, freschi e pronti per entrare in un anfiteatro Flavio ancora poco gremito di turisti.
Quello che vediamo oggi del Colosseo forse non è neanche la metà della costruzione originale. Infatti oltre alle due più alte strutture esterne, di cui rimane solo metà, anche quella più interna è stata ridotta letteralmente all'osso dai vari “saccheggi” durante i secoli. Ma questi saccheggi non li fecero i barbari, bensì i romani stessi.
È da quando l'ho conosciuta in Turchia, che Cassandra mi ripete un famoso detto: quello che non hanno fatto i barbari, l'hanno fatto i Barberini. I Barberini erano una ricca ed importante famiglia romana che ha fatto di tutto a Roma.
Era molto più conveniente recuperare il tufo, il marmo e il travertino dagli stadi, dai circhi e dai teatri, piuttosto che farli arrivare dalle cave. All'interno del Colosseo c'erano perfino delle botteghe dei marmisti che ne vendevano i pezzi a chi servivano. Se oggi vediamo la struttura più interna pressoché intera, lo dobbiamo alla ristrutturazione di Papa Clemente decimo. Il saccheggio di queste cattedrali del passato era uso comune, non solo a Roma, a Milano la basilica di San Lorenzo, da cui venne divulgato l'editto di Costantino sul riconoscimento della religione cristiana, sembra sia stata costruita con le parti del vicinissimo anfiteatro.

Quindi a Roma si riciclava tutto, quasi fosse un primo esperimento di differenziata.
Il Colosseo stesso è nato sui resti di qualcos'altro: la domus aura di Nerone.
L'imperatore meno amato dai romani viveva infatti in una villa immensa e di uno sfarzo mai visto. Per cancellarne il ricordo i romani decisero di costruirvi sopra qualcosa di grandioso. La dinastia Flavia, decise per un grande anfiteatro che fecero sorgere nei pressi del ninfeo della villa di Nerone. Avendo la possibilità di sfruttare il laghetto del ninfeo lo prosciugarono e lo utilizzarono per metterci le fondamenta dell'anfiteatro.
Il nome Colosseo deriva invece da un enorme statua di bronzo alta circa trentacinque/trentotto metri. Per cercare di immaginare le sue dimensioni reali fate conto che la parte più alta del teatro è sui 42/45 metri. Davvero un colosso.
All'interno ci combattevano i gladiatori tra loro o contro le fiere, gli animali feroci. Questi ultimi però non sempre avevano una gran voglia di combattere e poteva capitare che una volta entrati sulla rena, la sabbia che era usata perché assorbiva facilmente il sangue, si sedevano ad osservare quello spettacolo di gente urlante, un po' come allo Zoo. Tra l'altro gli animali arrivavano a Roma con l'unico scopo di essere massacrati e così non se ne aveva molta cura. La maggior parte moriva durante il viaggio. Capitava sovente quindi che le fiere, immobili, venissero semplicemente usate come bersagli.
I gladiatori invece erano degli idoli. Più o meno erano i calciatori dei giorni nostri. Venivano addestrati in varie palestre, a seconda della nazionalità di provenienza, e scendevano nell'arena una o al massimo due volte l'anno, se sopravvivevano.
I giochi però non venivano fatti ogni domenica come da noi succede con il campionato di calcio. Essendo un evento molto dispendioso, si organizzavano solo in occasioni importanti, come delle elezioni. Chi organizzava i giochi lo faceva per ottenere il favore del popolo. Panem et circenses. Non è cambiato molto.
In media capitava una volta l'anno.
Anche le morti non erano così frequenti, ma capitavano momenti in cui ce ne erano veramente molte, come in occasione dell'inaugurazione dell'anfiteatro Flavio, quando i giochi durarono cento giorni e morirono circa 4000 persone, tra gladiatori, ma soprattutto schiavi.
Un falso mito è quello dei cristiani che venivano massacrati al Colosseo. Falso. O meglio, nonostante qualche cristiano ci sia morto veramente, non è mai avvenuta una strage. Pare che le morti accertate di cristiani siano veramente poche.
Scendendo verso l'arena, Tancredi ci mostra quello che doveva essere l'ingresso dell'imperatore. Pare che Commodo, come nel film del Gladiatore, abbia veramente combattuto nell'arena, non ci è morto. Qualcuno però cercò di ucciderlo davvero mentre era nei corridoio per entrare nell'area. Tentativo ovviamente fallito.
Più si era vicini al terreno, più si occupava un ruolo importante nella società. Anche se l'ingresso era libero, non si pagava il biglietto, ognuno aveva già una sola zona da cui poteva assistere allo spettacolo.



In cima, dove stavano gli schiavi, c'era la parte da cui si stendevano le vele per coprire gli spalti dal sole e dalla pioggia. Erano comandati da un'intera squadra della marina di Ostia.
Scesi dal Colosseo ci rechiamo al Palatino, il colle su cui sorgeva la villa residenza degli imperatori. Prima però ci imbattiamo nell'arco di Costantino e veniamo a sapere una cosa che non avrei mai immaginato: l'arco è stato fatto con parti di altri monumenti! A guardarlo bene certe sculture, specie quelle sotto l'arco, hanno uno stile del tutto diverso da quelle sulle facciate. Sono più antichi di un paio di secoli ma sembrano fatti meglio. Tancredi ci spiega che col tempo l'arte e le tecniche avevano subito un impoverimento tale da non consentire più agli scultori di raggiungere la bravura dei loro antenati.
Salendo sul Palatino Tancredi ci racconta che qui ci avevano costruito la propria residenza diversi imperatori e personaggi di una certa importanza.
Il Palatino è anche il luogo su cui sono state trovate tracce di un insediamento di capanne molto antico che pare risalga ai tempi di Romolo e Remo, i mitici fondatori di Roma. Sul colle sarebbe anche situata la linea che Romolo tracciò come confine e Remo oltrepassò, dando così inizio alla storia di Roma.
Dal Palatino, si può anche vedere il circo massimo, o quel che ne resta, nonché una splendida vista della città. La villa, anche se ne è rimasto ben poco, rende l'idea su quanto grandiosa ed immensa potesse essere. Ci sarebbero anche da visitare gli appartamenti privati di Augusto e di Livia, la consorte.
Da qui si può andare direttamente verso il foro attraverso una galleria antica, molto grande e spoglia, ma non per questo meno affascinante.
Giunti alle porte del Foro, il luogo nevralgico della vita cittadina di Roma, dove ci si incontrava, dove si facevano affari, dove si andava a pregare nei vari templi e dove si veniva giudicati, come nel tribunale della immensa basilica subito sopra il foro. L'ingresso del foro è un arco realizzato da Tito che testimonia la vittoria dei romani su Gerusalemme. Tancredi ci racconta, mostrandoci i rilievi sulle facciate dell'arco, che probabilmente il foro è stato costruito con il tesoro preso a Gerusalemme.
Passato l'arco scendiamo sul lastricato originale e passiamo sulla destra dalla Basilica di Massenzio, immenso tribunale, mentre più avanti, sulla sinistra, vediamo la casa delle vestali ed il tempio di Vesta. Sulla destra ce ne sono un altro paio che sono stati trasformati in chiese, credo di Antonino qualcosa e forse anche di Cesara...
Inizia a girarmi la testa..
Mi sento quasi ubriaco...
Oste? Il conto per favore.
Ho bisogno di una pausa.
Dopo una veloce sosta ai pit stop, ripartiamo di slancio per completare il Foro con la Basilica Giulia, il tempio di Saturno, la Curia Julia, dove si riunivano i politici, ed infine l'arco di Settimio Severo.
Nota importante: Giulio Cesare non è stato ucciso nel foro. Tancredi infatti ci informa che nel periodo in cui fu assassinato, i politici si riunivano non nella Curia Julia, ma in piazza Argentina.


Usciti dal foro saliamo la scalinata che passa sotto il balconcino del sindaco e arriviamo al campidoglio. Poi entriamo in una chiesetta nascosta sulla destra della piazza che in realtà è la Basilica di Santa Maria in Ara coeli. Da qui si spunta proprio davanti all'altare della patria, simpaticamente detto dai romani: la macchina da scrivere.
Scendiamo la scalinata e ci troviamo in piazza Venezia. E' ora di pranzo, ma le Tancrediadi non sono ancora finite.
Senza sentire la fame ci dirigiamo verso piazza Argentina e poi da lì, prendiamo un autobus che ci condurrà al Pantheon.
Questo è un monumento che non ero mai riuscito a vedere all'interno, lo avevo sempre trovato chiuso. La gigantesca cupola, ha la particolarità di avere un foro, nemmeno troppo piccolo, sulla sua sommità. Difatti ci piove dentro. E' costruito in modo che possa contenere una sfera perfetta grande come la cupola. Al suo interno ci sono delle tombe di personaggi tra cui Raffaello ed un Re d'Italia.
L'ora di pranzo è passata, ed io non ci vedo più dalla fame. Cerchiamo un posticino tranquillo ma poi finiamo in un micro locale dove fanno una pizza abbastanza ma in cui non si respira.
Come tappa finale delle Tancrediadi andiamo a vedere la Basilica di Santa Maria Maggiore, che pare sia stata costruita nel punto in cui il 5 Agosto del 352 DC ha nevicato.
La chiesa è davvero molto grande, tra le più belle che ho visto finora a Roma. In questa Basilica sono sepolti importanti personaggi come: Sisto V, San Pio V, il Bernini e Paolina Borghese Bonaparte, sorella di Napoleone.
La Tomba del Bernini, che era molto legato a questa chiesa, è davvero molto semplice e spoglia, un po' in contrapposizione con la sua figura che lo dipinge come tra i protagonisti assoluti della cultura figurativa barocca.
Finiscono così le prime Tancrediadi, con un ultimo, lento e defaticante passeggio per il centro di Roma, prima di prendere il treno che mi riporterà ancora una volta a Mediolanum.



martedì 24 febbraio 2015

CINECITTA'

È pomeriggio inoltrato quando ci troviamo davanti ai cancelli di Cinecittà. La visita guidata inizia dopo circa un ora e così decidiamo di entrare a vedere il museo. Il complesso è vasto ma il museo devo dire che è un po' troppo povero per tutto quello che avrebbe potuto offrire. Da segnalare il piccolo set cinematografico, una stanza, utilizzato per riprodurre l'interno di un sottomarino della seconda guerra mondiale , il film hollywoodiano era U-26 con Leam Neeson, Matthew Mc Coghney, Harvey Keytel e Bon Jovi. Ma fortunatamente il cantante muore subito.


All'orario stabilito la guida viene a prendere il gruppo e ci porta nel vasto labirinto dei teatri di posa. In tutto dovrebbero essere 32, ma il 17 non esiste per questioni scaramantiche. Si passa dal 16 al 18.
La prima cosa che vediamo sono gli esterni che hanno utilizzato per il film di Scorsese "Gangs of New York". È un intera strada ricostruita sulle facciate dei teatri che la costeggiano. Ormai è buio e ci sembra proprio di essere finiti nel film. Avvicinandoci però si nota subito che le scenografie sono un po' rovinate dalle intemperie e in parte rifatte, a blocchi. In pratica sono state riutilizzate per altri progetti completamente diversi come film, fiction e anche pubblicità o video musicali.


Dopo il corridoio scenografico ci portano in una grande piazza che dovrebbe essere il gioiello attuale degli esterni di Cinecittà: una piazza utilizzata per la serie “Roma” in cui ci sono templi strade, un Arco, un palazzo, alcune scalinate e qualche insula, bassa però.
La serie è finita ma le scenografie vengono ancora utilizzate per diversi altri progetti. Sembra fatto tutto molto bene, ma il buio non ci consente un osservazione più approfondita, anche se l'atmosfera è suggestiva.

Ritorniamo a percorrere i labirinti tra i teatri e arriviamo al teatro più grande d'europa. Non ci possiamo entrare perché sta ospitando la ricostruzione del set di un film: il remake di Ben Hur.






lunedì 23 febbraio 2015

IL MUSEO DELLE MURA, LE CATACOMBE E IL CIRCO DI MASSENZIO



Dove inizia la via Appia antica?
Da quando Cassandra mi ha portato sull'antico selciato per la prima volta, questa domanda mi tormenta come il fantasma di mezzanotte.
Ovviamente non c'è un cartello che lo indica, però forse oggi ne ho intravisto la primissima parte nei pressi di porta San Sebastiano, all'interno delle mura, probabilmente un po' prima delle terme di Caracalla.
È una mattina fredda, ma molto soleggiata, quando Cassandra mi conduce fino al museo delle mura. Si trova all'interno della porta San Sebastiano. Il museo oggi è gratuito, per fortuna. Non c'è molto da vedere se non il fatto di poter visitare gli alti bastioni delle vecchie mura della città e leggere alcune bacheche, corredate anche da dei modellini su cui è documentata la storia delle mura. La cosa veramente interessante è il camminamento che si può percorrere lungo le mura per qualche centinaio di metri. Il tragitto mostra come le mura siano state più volte ristrutturate, ampliate e infine restaurate. Nonostante gli anni rendono ancora bene l'idea di come potevano essere popolate dai soldati, con torrette a distanze ben precise. Oggi sono un monumento, ma si capisce ancora che un tempo dovevano essere un ostacolo quasi insormontabile da valicare.

Scesi dalle mura ci incamminiamo sulla Appia antica, verso quello che un tempo era l'esterno della città ed oggi ne è completamente inglobato. Tuttavia l'atmosfera che si respira è ancora piuttosto mistica. Rispetto alla Roma caotica, qui sembra di stare in una tranquilla provincia. Non ci sono molte macchine, anche se sono comunque troppe e il sole e il sole brillantissimo rimbalza sui san pietrini accecandoci. Seguendo la via Appia dovremmo incontrare diverse catacombe da visitare, la prima delle quali pare abbia accesso dalla chiesa del Quo vadis, dove la storia dice che pietro abbia incontrato Gesu' e gli abbia appunto rivolto la domanda:
Quo vadis Domine?
Signore dove vai?
La chiesa la troviamo, ma è chiusa. Ci sono comunque le indicazioni per le catacombe di San Callisto e San Sebastiano. Seguendole saliamo su una collinetta verde e la percorriamo per almeno un km. Quando arriviamo alle catacombe di San Callisto però è tardi. Sono chiuse e riapriranno nel pomeriggio. Ci dirigiamo allora verso quelle di San Sebastiano. Rientrando sulla Appia scorgiamo le fosse Ardeatine. Troppo triste da visitare, poi se ci avanzasse del tempo nel pomeriggio le potremmo vedere, ma non ora.
Proseguiamo verso San Sebastiano e girato l'angolo le vediamo. La visita guidata inizierà di lì a trenta minuti, così facciamo i biglietti e andiamo a vedere quanto è distante il circo di Massenzio. Dopo nemmeno cento metri lo troviamo, facciamo i biglietti, anche qui gratuiti, e diamo un rapido sguardo. Massenzio era l'imperatore precedente di Costantino, sconfitto da questi alla battaglia di monte Milvio. È stato l'ultimo imperatore inviso ai cristiani.
Dopo una veloce occhiata torniamo di corsa alle catacombe di San Sebastiano e con la guida ci addentriamo nelle gallerie. Bene o male lo spettacolo è lo stesso di quelle di ieri, forse per questo che non ne rimango così impressionato. Alla fine del giro saliamo e quasi all'uscita ci imbattiamo in tre tombe, forse pagane, molto ben conservate, che sono state scoperte e rese visibile da poco; pare non siano ancora state esplorate per intero nella loro profondità essendo su tre livelli. Le possiamo vedere solo dall'esterno ma sono molto belle. Saliamo gli ultimi scalini e ci ritroviamo nella grande chiesa di San Sebastiano. Qui ci sono alcune reliquie tra cui un pezzo di colonna ed una freccia del martirio del santo e le impronte originali lasciate da Gesù nei pressi della chiesa del Quo vadis durante l'incontro con San Pietro.
E qui mi vien da dire: ma che che?
E soprattutto: ma chi ce crede?
Le impronte sono un evidente falso, ma probabilmente la gente che ci crede non ha bisogno di verifiche, ci crede e basta. Contenti loro.
Da notare invece l'ultima imponente statua scolpita dal Bernini, ad oltre ottanta anni.


Usciti dalla chiesa consumiamo un rapido e frugale pasto, accanto ad un auto che ospita una coppia di innamorati chiaramente clandestini. Quindi torniamo al circo di Massenzio e percorriamo la pista per tutta la sua lunghezza, sperando di rivivere almeno un pochino le sensazioni delle corse delle Bighe di Ben Hur. Rispetto al circo massimo credo sia più piccolo, ma molto meglio conservato: tutto il perimetro della pista è delimitato dai resti degli spalti e alla curva opposta c'è ancora l'arco da cui entravano, o uscivano, le bighe. Anche al centro è rimasta la base dell'isola mentre la curva vicino all'ingresso del sito ha conservato solo qualche basamento.
In questo complesso Massenzio aveva la sua grande villa dove viveva con la famiglia e, quando voleva, poteva disporre del circo. Oltre ai resti della grande villa c'è anche il mausoleo di famiglia, sopra il quale fu costruita una casa nei secoli scorsi dalla famiglia Torlonia.
Dopo esserci persi per il grande sito archeologico, da cui si scorge a circa cento metri il mausoleo di Cecilia Metella, torniamo indietro sulla via Appia antica per visitare le catacombe di San Callisto. La guida, invece che portarci subito all'interno delle gallerie ci fa sedere in una sala dove spiega quello che vedremo, praticamente espone le stesse cose che abbiamo sentito nelle altre catacombe. Una volta finita la spiegazione, scendiamo all'interno e notiamo subito che queste sembrano essere le più grandi e maggiormente sfruttate: i corridoi scendono in pareti scavate dalle fosse per circa una decina di metri. In pratica quando il corridoio era finito i fossori iniziarono a scavare verso il basso per aumentare le superfici in cui seppellire i morti. Sono catacombe più grandi rispetto alle altre, ma forse meno affascinanti e conservate rispetto a quelle di San Marcellino e Pietro.
Tornati in superficie tentiamo la visita alle fosse Ardeatine, ma le troviamo chiuse, così ci avviamo verso il centro per tornare a casa.

domenica 22 febbraio 2015

LA PINSA!

A Roma, come in ogni parte del mondo, si mangia la pizza. Solo a Roma però si può ancora trovare l'antica pizza romana: la pinsa.
Innanzitutto l'impasto è diverso: la farina è un mix di farine di cereali, di soia e grano integrale. Il tutto risulta molto più digeribile rispetto ad una pizza classifica. I locali dove si possono mangiare pare siano solo due: pinsere, che è solo da asporto, e l'albero di coccio. Cassandra mi porta a quest'ultimo dove un grande albero domina il soffitto di tutto il locale. L'atmosfera è molto tranquilla e rilassante, la birra viene servita a cocci, ovvero nei bicchieroni di terracotta, che non sono ne pinte, ne bicchiri. La pinsa invece, la portano su una pala. Non è la classica tonda ma ha una forma ovale.
Buonissima e digeribilissima.

sabato 21 febbraio 2015

LE CATACOMBE DI SAN MARCELLINO E PIETRO

Ricordo che quando ero piccolo avevo sentito parlare di una fitta rete di cunicoli scavati sotto Roma dai cristiani per sfuggire alla persecuzione: le catacombe. Fin dal primo momento che l'ho sentito, questo nome mi ha suscitato un ché di arcaico, allo stesso tempo affascinante e archeologico.
Fino a pochi giorni fa le ho sempre immaginate come delle città sotterranee. Ora so che non sono proprio così.
Le prime catacombe che Cassandra mi porta a visitare sono quelle dei santi Marcellino e Pietro.
Siamo nel quartiere Torpignattara, così detta perché qui c'è una torre antica, che altro non è se non il mausoleo di Sant'Elena, la madre dell'imperatore Costantino. Tale torre è ancora in piedi, anche se non completamente integra. Proprio perché non è intera, si vedono molto bene che nelle mura ci sono delle anfore chiamate Pignatte. Furono inserite dai romani durante la costruzione per alleggerire il peso delle grandi strutture a volta. Da qui deriva il nome del quartiere. Pare che questo metodo di costruzione sia ancora largamente diffuso qui a Roma.
Per accedere alla catacomba la prenotazione è obbligatoria e si viene accompagnati dalla guida. Arriviamo puntuali per l'ultimo giro del giorno e scopriamo che saremo solo noi due con la guida.
La notizia ci coglie di sorpresa, ma Cassandra, essendo un profetessa, ha una premonizione.
Difatti le basta uno solo sguardo alla guida, poi una percezione l'assale e inizia a vaneggiare risposte di un esame di storia dell'arte. Io, pensando che sia un rituale delle Trite cariatidi, faccio finta di niente. Solo quando usciremo dalle catacombe Cassandra mi rivelerà di aver avuto una visione: ha riconosciuto nella guida una professoressa universitaria di storia dell'arte che l'aveva quasi bocciata. L'ho sempre detto io che lo shock ed i danni che la scuola può provocare, a volte sono irreparabile.
Dopo aver aperto il pesante portone, la guida ci conduce in un corridoio molto pittoresco fatto di pezzi di lapidi, mausolei e chissà cos'altro. Tutti reperti ritrovati nella zona li attorno che ne è ricchissima.
Scendiamo gli scalini e arriveremo fino ad una profondità di sedici metri. I cubiculi dove i cristiani venivano a seppellire i morti, furono scavati nel tufo. Questa è una pietra molto morbida che una volta scavata e modellata, a contatto con l'aria si indurisce. Proprio come le città sotterranee della Turchia.
In pratica le catacombe non erano altro che dei cimiteri, situati fuori dalle mura della città, dove i cristiani venivano a seppellire i propri morti. Infatti non li bruciavano come facevano i pagani.
Le catacombe quindi non erano dei rifugi, e per di più erano conosciute da tutti i romani, cristiani e non. Va da sé che se fossero stati dei rifugi i romani non avrebbero fatto molta fatica per trovare i cristiani da perseguitare.
Esplorando i livelli visitabili, le tombe sono tutte aperte e non ci sono le ossa, però si possono vedere i tre tipi di sepolture: quelle semplici, ovvero la fossa che conteneva giusto il corpo del defunto e poi veniva chiusa con una lapide con inciso sopra il nome. C'erano poi gli Arcosoli, che oltre alla fossa avevano una arco sempre scavato nella roccia, che poteva essere affrescato con le varie figure tipiche delle sepolture cristiane di quei tempi: l'orante, figura che accompagna verso l'altro mondo, il battesimo, oppure l'eucaristia, la pesca miracolosa, una fonte miracolosa, Gesù, gli angeli e molte altre.
C'erano poi i cubicula: le cosiddette tombe di famiglia che altro non erano se non delle stanza in cui venivano scavate nelle pareti le fosse per i vari membri della famiglia che di volta in volta venivano a riempire lo stanzino. I più ricchi avevano stanze più grandi, con arcosoli e anche affreschi. Alcuni erano davvero molto belli.
Devo dire che percorrendo i lunghi corridoi non sento mai il senso di claustrofobia che, anche se in rari casi, mi è capitato di sperimentare nelle città sotterranee della Cappadocia. Il percorso è piuttosto tortuoso e la voce rassicurante della guida ci conduce fino alla cappella dove un tempo erano conservati i resti dei santi che danno il nome alla catacomba.
Durante i secoli infatti le catacombe divennero superflue perché ormai tutti erano diventati cristiani e quindi non c'era più bisogno di seppellire i morti qui. Lo si poteva fare nelle tombe in superficie.
Le catacombe divennero allora mete di pellegrinaggio in quanto in ognuna di esse c'era stato sepolto un santo. Questo fino a prima del medio evo, dopo di ché vennero dimenticate e riscoperte solo nel diciannovesimo e ventesimo secolo.
Oggi sono solo sei le catacombe visitabili, ognuna di esse con un'estensione minima di una decina di chilometri, ma pare che ce ne siano circa sessanta sotto Roma.
Altro particolare che elimina del tutto l'idea del rifugio era l'odore. Nonostante ci fossero delle prese d'aria, qui sotto ci doveva essere un tremendo odore di putrefazione. Terribile.
Chi gestiva questi cimiteri? I fossori. Erano loro che scavavano le tombe, le affrescavano e, forse più spesso di quanto si creda, le riutilizzavano per seppellire altri morti nelle tombe già scavate. Bastava girare la lapide e scrivere un nuovo nome.
Usciamo soddisfatti e torniamo all'aria aperta un pochino più consapevoli, anche se Cassandra insiste che non è abbastanza e che vuole tornare a casa per studiare storia dell'arte...

venerdì 20 febbraio 2015

IL PARCO DEGLI ACQUEDOTTI




Il giorno dopo, essendo in preparazione per la maratona di Firenze, Cassandra mi porta a correre in uno dei tanti parchi di Roma.
Meraviglia delle meraviglie per un podista come me: Il parco si stende in attorno da due acquedotti romani, ancora molto ben conservati.
Corriamo assieme per circa otto km, poi Cassandra deve tornare al tempio delle Trite cariatidi.
Il parco è veramente bello, ricco di gente che corre, cammina, pedala. Sembra di essere ad una delle tapasciate della domenica.
Passare attraverso gli archi dell'altissimo acquedotto è una sensazione unica e che tutti i podisti che vengono in visita a Roma dovrebbero provare.
Nel pomeriggio, prima che riprenda il treno per tornare a L'Oca di Trevi, purtroppo ci rimane il tempo solo per un rapido giro del centro storico: una rapida occhiata ai fori imperiali, un giro attorno al Colosseo, ed è già ora di tornare.
Questo rapida visita però mi ha acceso una fame di cultura ancora più feroce. Salendo sul treno saluto Cassandra e mi chiedo chissà quali meraviglie si celino ancora tra le strade di Roma, la dove nessun Mediolanenses è mai arrivato prima.

giovedì 19 febbraio 2015

LA VILLA DEI QUINTILI

Sono passate solo due settimane da quando sono tornato dal viaggio in Turchia. La voglia di perdermi nella storia romana, dopo l'indigestione archeologica sfiorata in Anatolia, non mi è ancora passata.
Per soddisfare questo bruciante desiderio di storia, salto sul primo treno per Roma e vado a trovare Cassandra.
E' l'alba di una nuova via da percorrere?
Il cambiamento che sta cercando di lasciare il segno nella mia vita sta continuando ad avanzare, proprio come il sole che sorge ogni mattina. L'alba è solo l'inizio del giorno.
Il tempo a disposizione non è molto, solo un weekend, ma ce lo faremo bastare.
Da brava profetessa quale è, Cassandra mi porta in una zona di Roma che non è molto frequentata dai turisti. Non per questo è meno affascinante, anzi, forse dal mio punto di vista lo è ancora di più.

Sulla via Appia nuova c'è un museo a cielo aperto che risponde al nome di Villa dei Quintili. E' una grande villa dell'antica Roma, o almeno quello che ne resta. E' comunque sufficiente per testimoniarne la sontuosità e la grandezza che doveva avere una volta. Decine di stanze, alcune ricche di marmi colorati, altre con mosaici. C'erano perfino le terme, ancor d'oggi un lusso estremo da possedere in casa propria.




La villa è immersa in un parco verde e tranquillo, lontano dal caos della città che la circonda. Sembra un oasi di pace rimasta ancorata al passato da cui proviene.
Esplorando l'esterno della villa, Cassandra mi conduce nel parco fino a farmi sbucare su una porta del tempo: la via Appia Antica.




La strada che una volta era esterna alla città, è ancora lì, con il suo selciato originale, vecchio di chissà quanti secoli. Benché in alcuni punti sia gibboso per le deformazioni che ha subito, sembra ancora perfettamente in grado di resistere molto a lungo. Strade così non le fanno proprio più.
Camminando sulla storia di Roma, ci dirigiamo verso l'interno della città, passando dal selciato ai sentieri che lo costeggia, all'ombra degli altissimi pini marittimi e, di tanto in tanto, di grandi mausolei. Chissà quanti personaggi importanti sono seppelliti lungo questa strada.
Uomini che hanno fatto la storia di Roma, uomini che in vita erano grandissime personalità. Oggi ormai quasi dimenticati, se non per una delle poche cose che riesce ancora a tenere in vita il loro ricordo. La loro tomba.
Come comprese Gilgamesh alla fine della sua ricerca, l'unica vera cosa in grado di dare l'eternità ad un essere mortale, è ciò che ci si lascia alle spalle. Qualcosa di magnifico e duraturo nel tempo, qualche cosa di grande e dall'elevato significato. Le piramidi ne sono un altro magnifico esempio.




La via appia antica, costellata di mausolei, ha un fascino completamente differente, ma è capace anch'essa di lasciarti a bocca aperta.
Io e Cassandra camminiamo fino ad arrivare ad una delle parti più antiche della strada, dove il selciato è talmente gibboso che si possono riconoscere i solchi lasciati dai carri che arrivavano e uscivano dalla città.
Arriveremo fino al mausoleo di Cecilia Metella, poco prima del Circo di Massenzio. Dopo la visita al mausoleo, durante i secoli trasformato in fortino militare, non ci rimane molto tempo, così ritorniamo sui nostri passi per riprendere la strada per il parco di Villa dei Quintili. Purtroppo quando ci arriveremo, coi piedi già doloranti, lo troveremo chiuso, per tanto dovremo ritornare fino alla strada trafficata di auto e cercare l'imbocco della via Appia Nuova, brulicante di vetture.




Per chiudere in bellezza questa splendida giornata, Cassandra mi porta a Frascati, sulle colline appena fuori Roma.
Anche questa è una piacevolissima sorpresa. La cittadina è molto carina e dalle terrazze affollate, che ne compongono una parte del paesaggio, si può vedere tutta la valle sottostante, fino alle pittoresche luci della città eterna.
Nonostante i piedi che chiedono pietà, Cassandra vuole andare a cercare una Fraschetta, il tipico locale di Frascati dove si beve solamente il vino locale. Il cibo ce lo si può portare da fuori, perfino da casa se si è organizzati.
Purtroppo di Fraschette originali sembra non ne siano rimaste, così camminiamo e camminiamo, fino a che i piedi non mi sostengono più. Solo quando zoppico ormai vistosamente, incrociamo un cartello che indica la cantina di Santino.
Lo seguiamo fino in cima alle tre lunghe rampe di scale e la troviamo, finalmente, la Fraschetta.
Santino ci accoglie così:
Oh, qui nun se magna eh! Qui se beve il vino mio eh! L'ho fatto io!”
Contenti per la scoperta scappiamo alla ricerca di qualche cosa da mangiare. Inizia un'altra ricerca che inizialmente pare disperata. Infatti, anche Cassandra è vegetariana, anche se mangia formaggi e uova.
Per fortuna ci imbattiamo in una pizzeria al taglio e finalmente ci andiamo a sedere nella fraschetta.
Quando ordiniamo Santino ci chiede:
Che bevete?”
Cassandra che è del posto, ma è una donna, e quindi per questo motivo non accetta le parole degli uomini, chiede:
Vino rosso?”
Santino si adombra un pochetto
Il frascati è bianco, c'è solo bianco. Se volete il rosso lo faccio in un altro periodo. Adesso ciò questo, finché non lo finisco, poi chiudo finché non ce'nno dell'altro.”
Per fortuna Cassandra è si una donna, ma anche intelligente.
Va benissimo il bianco”
Santino si rasserena ed in un attimo ci porta una caraffa di ottimo vino.
Mangiamo tranquilli, in questa cantina zeppa di famiglie che si sono portati teglie e marmitte di cibo cucinato a casa propria.
E' una bella atmosfera, molto calda e simpatica.
Dopo mangiato torniamo, io purtroppo zoppico ancora vistosamente, ma sono così contento che quasi non sento il dolore.

mercoledì 18 febbraio 2015

CASSANDRA ROMAE

Guida alla capitale per un Mediolanenses

de Gino Baraonda





Quante volte siete stati a Roma? Io qualcuna. Nonostante le mie visite da mediolanenses adesso so che non ci ero mai stato veramente, fino ad ora.
La mia prima visita la feci a otto anni, con mia nonna Luigia. Prendemmo il treno in stazione centrale alle 23.00 e, dormendo in cuccetta, arrivammo alle 7:30 della mattina. Mia nonna era una forza della natura: eravamo sbarcati in 8 senza avere un hotel, ed in un batter d'occhio ci sistemammo le valigie in un alberghetto. Pronti per partire alla scoperta di tutto quello che potevamo vedere in un weekend.
Nel giro di tre giorni ci siamo sforzati di vedere l’impossibile, ma sinceramente le poche cose che ricordo sono piazza San Pietro, Castel Sant'Angelo, l'esterno del Colosseo, qualche chiesa indefinita e il sole che scioglieva l'asfalto delle strade.
Pensandoci bene, per noi turisti, ciò che dobbiamo vedere, e sottolineo dobbiamo, sono i monumenti classici che ho appena elencato.
Quanto siamo ciechi.
Da quando in Turchia, antica provincia romana, ho conosciuto Cassandra, una profetessa del tempio delle Trite cariatidi, ho scoperto quanto il turismo di massa sia erroneamente e forzatamente dirottato, ogni giorno.
Un tesoro inestimabile aspetta paziente di essere ritrovato e visitato. Camminando per le strade di Roma in compagnia di Cassandra, mi sento come un archeologo che rinviene, sotto appena un dito di polvere, tesori abbandonati e ormai quasi sconosciuti ai più.
C'è da dire che per vedere tutto di Roma un weekend non basterebbe mai, nemmeno lontanamente. Neanche una settimana non sarebbe sufficiente.
Quanto ci vorrebbe?
Non sono in grado di dare una risposta, per il momento. Per saperlo mi affiderò alla sapiente guida di Cassandra, abitante della città eterna, e appassionata come me di storia antica.