Questo sarà il viaggio più lungo che io e Cassandra
avremo mai affrontato. Per di più siamo da soli, senza nessun altro componente
del gruppo che ci fa compagnia da Roma. Non che sia fondamentale, l'importante
era partire e grazie alle due donzelle settantenni che si sono unite da Genova,
il viaggio è andato in “porto”, tanto per rimanere in tema nautico.
Stiamo per imbarcarci su un volo che durerà tredici ore e
mezza, forse qualcosa di più. Non pensavo si potesse stare in aereo così tanto.
Ci sarà carburante sufficiente? Speriamo di non finirlo. Inoltre appena
atterreremo a Sao Paulo do Brazil, avremo giusto un'ora e venti per rifare i
controlli e imbarcarci sul volo che ci porterà a Santiago del Cile, dove
finalmente, con altre tre/quattro ore di volo, sbarcheremo in terra cilena.
Insomma, partiamo alle 8,30 della mattina, ma arriviamo praticamente il giorno
dopo. Quando si dice che il primo giorno di vacanze con Avventure nel mondo di
solito se ne va in “viaggio” non si scherza, anzi, stavolta ci è andata pure
bene, poteva essere peggio, poteva piovere.
Il volo sarà su un aereo neanche troppo grande, ma almeno
fornito di un bel po' di film da poter vedere.
Pieno di entusiasmo me ne sparo subito due, uno dietro
l'altro, poi mi guardo intorno e vedo che molti dormono. Altri passeggiano per
non cadere nella sindrome dell'uomo-poltrona.
Dopo il terzo film guardo l'orologio e mi rendo conto che
manca ancora una vita e mezza.
Inevitabilmente inizio a domandarmi: ma come ci siamo
finiti qui?
Le Hawaii. Se ci penso che a giugno dovevamo andare alle
Hawaii...
Purtroppo il giorno dopo che avevo prenotato e pagato
l'acconto è esploso il vulcano. Nessun altro si è iscritto e così il viaggio è
saltato. Per fortuna non ci siamo andati (o per sfortuna?) perché saremmo
dovuti ripartire cinque giorni dopo il viaggio in Giordania, giusto il tempo
per essere colto da una terribile colica renale. Era proprio destino che non ci
andassimo alle Hawaii.
Gli dei di Rapa Nui stavano già manovrando i fili del
nostro destino?
Passa l'estate e iniziamo a guardarci in giro. Cassandra,
da solita sacerdotessa Trita preannunciava profezie funeste e non sapeva se la
madre superiora del suo ordine le avrebbe dato le ferie.
Quando però a settembre si è aperta la finestra di lancio
ho pensato subito a Pier, già nostro coordinatore in Africa e Giordania, e ho
provato a contattarlo.
Pensammo al Giappone, ma subito dopo essere stato
flagellato da un'estate rovente, ricca di incendi, venne colpito da un tremendo
uragano. Le condizioni delle Hawaii ovviamente non erano migliorate.
Gli dei Rapanuensi non volevano lasciarsi sfuggire questa
opportunità di averci al loro cospetto.
Pier ha provato a proporre un Brasile Natura, ma l'idea
non mi stuzzicava particolarmente, quindi ha buttato lì qualcosa come “Ci
sarebbe l'isola di Pasqua, ma so che è un viaggio lungo e magari non interessa
a nessuno, anche se è il mio sogno”
Rapa Nui!!!
Aspetta un momento, cosa sapevo io del Cile e di Rapa
Nui?
Del Cile poco, oltre al fatto che c'è il deserto di
Atacama e la Patagonia. Dell'isola di Pasqua qualcosina la sapevo. Avevo visto
il film e, ripescando quei ricordi, capii che era quello il viaggio che
dovevamo fare. Non importava quanto lungo fosse, ci dovevamo andare,
soprattutto per i “Mamozi allerti”, come li chiama la madre di Cassandra. Per
chi non masticasse il napoletano, tra i vari significati della parola, il Mamozio
sarebbe statua un po' malandata. Allerti invece si riferisce al fatto che
stanno in piedi, da secoli. Son proprio dei Mamozi…
Dopo il sesto film visto sull'aereo, arrivò qualche
spasmo. Iniziavo a somigliare a Lino Banfi nel film “Vieni avanti cretino”:
<>
Forse stavo sottovalutando la situazione.
Difatti non ricordo più nulla di quello che è successo
fino all'apertura delle porte. Se ho visto altri film devo averli rimossi.
Quando finalmente atterriamo a Sao Paulo non abbiamo molto
tempo per pensare ad altro, solo un'ora e venti ci separa dal prossimo volo.
La prima cosa che ricordo del Brasile è che nella fila
dei controlli per entrarci fui scambiato per Marcelo del Rio da un cittadino di
lingua spagnola. Non ho idea se fosse cileno o argentino.
So che mi parlò, in spagnolo, per tutto il tempo, e io lo
capivo. Tredici ore a sentir parlare solo spagnolo hanno fatto il miracolo?
Sarà quindi vera la pubblicità di quei prodotti
miracolosi che promettono di farti imparare una lingua straniera ascoltando
delle registrazioni mentre dormi?
Fatto sta che mi ha spiegato che Marcelo del Rio era il
tennista cileno che si scontrò con Adriano Panatta nella finale della coppa
Davies. Secondo lui perse solo perché aveva un problema di vista.
Poi mi ha detto che stava andando in Patagonia e ha
voluto sapere dove andavamo noi. Così per continuare il discorso, mi ha
spiegato che la compagnia aerea su cui viaggiavamo, la Latam, era brasiliana,
ma che era stata acquistata da Lan Chile.
Poi ha raccontato altre cose su Pinochet, ma lì non ci ho
capito molto. Probabilmente non avevo ancora ascoltato la cassetta sulla
politica. Oppure ho creduto di capire tutto quello che mi ha spiegato prima, ma
magari mi ha preso in giro tutto il tempo raccontandomi che lui era un
allevatore di pecore e che quando era da solo sui monti...
Per fortuna siamo riusciti a prendere il prossimo aereo
senza problemi.
Stavolta niente film, ma non c'è problema.
Come avevo programmato era arrivata l'ora dell'Ipad e di
vedere qualcosa in italiano, finalmente.
Atterriamo verso mezzanotte e dopo aver recuperato i
bagagli andiamo a prendere un taxi collettivo. In pratica raccolgono più
persone che vanno più o meno dalla stessa direzione e quando l'auto, da una
decina di posti, è piena, si parte. In teoria si dovrebbe risparmiare, ma forse
con Uber si fa altrettanto.
Fortunatamente siamo i primi ad essere scaricati e alle
due del mattino ci presentiamo alla reception.
Il ragazzo
che ci accoglie sapeva del nostro arrivo e ci dà le chiavi della camera,
praticamente un appartamento per quattro persone, e finalmente possiamo
rilassarci e riposarci.
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