Hobas -
Bethaine – Sesriem
Altra
giornata di lungo trasbordo. Metto la sveglia alle sei e quando suona
somiglia molto allo scoccare dell'ora di un condannato. Siamo
finalmente riusciti a dormire bene ed è difficile alzarsi.
Per
di più scopriamo che la Namibia ha un fuso differente per cui non
sono le 6, bensì le 5!
Colazione
polverosa, smontaggio tende polveroso, e via verso nuove strade
polverose, sterrate, lunghe, molto lunghe.
La polvere ormai è
una costante del viaggio, la respiriamo, la mangiamo. Ormai non ce ne
preoccupiamo più
anzi, è diventata un po’
come la Forza
di Guerre Stellari:
ci circonda, ci penetra, mantiene unita la nostra galassia.
Stando
così le cose, quindi noi siamo jedi, e
viviamo
in simbiosi con essa?
Abbassiamo
i cappucci sulla testa, riponiamo le spade laser e proseguiamo il
viaggio.
Dopo
pochi chilometri dalla partenza ci fermiamo in un bellissimo hotel
con molte vecchie auto, probabilmente americane degli anni cinquanta,
alcune forse addirittura precedenti.
Dopo
averle viste tutte, alcune sono anche dentro l'hotel e nel negozio di
souvenir, scopriamo che c'è il wifi
gratis. Appena il collegamento si attiva, ci blocchiamo in piedi
nell'atrio dell'hotel, come se fossimo dei robot a cui hanno staccato
la spina. Il blackout dura solo qualche minuto, quindi ripartiamo
controvoglia. Riusciremo a contrastare la dipendenza da internet solo
con la distrazione data dai primi avvistamenti: anche se molto
sporadici,
da lontano appaiono zebre,
orici, gazzelle, struzzi e quegli avidi dei loro piccoli: gli
struzzini.
Viaggiamo
tutto il giorno, immersi in una strana luce che cambia a seconda del
lato della jeep. I paesaggi sono sconfinatamente e desolatamente
magnifici. Cerco di ritrarne l'essenza con qualche scatto, ma i
risultati non sono all'altezza. La strada sterrata si perde in
lontananza attraverso queste montagne, lungo le pianure che ormai
sembrano sempre più savana.
Verso sera arriviamo
al campeggio, ma prima di piantare le tende, Cobus ci accompagna in
un posto fantastico, dove possiamo ammirare il tramonto sulle dune
del deserto, ma non solo. Abbiamo ancora una ventina di minuti di
luce, così ci diamo un'occhiata attorno e scopriamo una gola scavata
da un fiume ormai scomparso.
Il
richiamo della gola è irresistibile e uno alla volta scendiamo il
sentiero che si perde in essa per vedere cosa nasconde.
Un
bellissimo percorso di circa un chilometro sullo scomparso letto del
corso d'acqua sormontato dalle sponde sagomate, erose, smangiate che
ha formato caverne e finestre dalle forme bizzarre. Sembra di essere
scesi nello scheletro di un gigantesco animale preistorico consumato
dal tempo.
Per
non perdere il tramonto risaliamo proprio quando mancano pochi minuti
al calar del sole. Il disco solare sta scendendo rapidamente a
lambire le dune all'orizzonte, ma come attirati magneticamente
volgiamo lo sguardo dalla parte opposta, dove un'altra meraviglia sta
per nascere.
Dietro
la vetta di un'arida montagna rossa, sorge una luna magnifica.
Stavolta le foto mi riescono meglio e anche se mi sono perso il tramonto, non me ne importa più nulla.
Il
montaggio della tenda per fortuna è facile
anche
se siamo in una piazzola con due grandi alberi, letteralmente
circondati dalla sabbia. Il vento è molto debole, ma guardandoci
attorno vediamo che tra una piazzola e l'altra ci sono almeno
duecento metri di sabbia. Anche i bagni non sono comodissimi da
raggiungere, anzi, sono perfino più lontani. Quando parto per
cercare di fare la doccia,
indico a Daniele la direzione verso cui sto andando, così in caso
venga dato per disperso, qualcuno sa dove cercarmi, oppure dove
piantare una simbolica croce.
Giunto
alle docce scopro che anche
qui
non c'è l'acqua calda. Per non sprecare tutto il tempo impiegato per
arrivare fin qui decido di farla lo stesso, fredda.
A
conferma della dimensione del camping Noemi decide di sperimentare un
turismo di esplorazione estremo: parte per una spedizione verso il
bagno, ma finisce per perdersi vagando a casaccio nelle piazzole
degli altri. Quando sconfina in quella di una famigliola di colore
aveva ormai fatto diversi chilometri. Questi, mossi a compassione
sacrificano il padre per riaccompagnarla.
La
rivedremo solo verso l'ora di cena. Il signore che l'ha salvata si
presenta a noi annunciando il suo ingresso con “Mama missing!”,
quindi se ne va. Chissà se è riuscito a tornare sano e salvo anche
lui.
A
cena Daniele sfodera un buon risotto allo zafferano e poi, dopo aver
lavato i piatti (questa
è zona di iene e sciacalli),
andiamo a dormire.
Accoccolati
nelle nostre tende, per farci cullare ascoltiamo il suono del vento
sulla sabbia. Trasportate dall'aria però, ci giungono da una
piazzola vicina, forse a mezzo chilometro di distanza, le
scordatissime note di una chitarra classica. Pare che un gruppo di
tedeschi stia cercando di tenere un corso per principianti. Per
alcuni potrebbe anche essere un modo per tenere lontani gli animali
pericolosi. Di certo quella cacofonia ignobile potrebbe funzionare,
ma sicuramente a noi non concilia il sonno.
A
difesa dei nostri timpani Pietro collega la sua cassa portatile
inaugurando le trasmissioni di Radio Murgias International. Il primo
pezzo trasmesso in terra namibiana è un ripasso delle basi musicali:
il classico giro di Do reinterpretato dai Deep Purple con Smoke on
the water. Poi, per chiudere in bellezza e non sfidare troppo la
SIAE, arrivano i PFM con le "Impressioni di settembre".
A
questo punto le trasmissioni si interrompono e riusciamo finalmente
ad addormentarci.