giovedì 12 novembre 2015

Le tombe di via Latina



Vicino all'Arco di travertino, c'è un luogo poco conosciuto, forse anche dai romani stessi, che, pur non essendo grande e maestoso come gli altri gioielli della capitale, conserva delle tombe sorprendenti per quanto sono belle. Nemmeno Cassandra le conosceva, e lei ci abita da sempre a Roma.
La via Latina, come l'Appia antica, era una via consolare che aveva origine nello stesso punto da cui partiva l'Appia. Questa però portava da Roma a Capua.
Nonostante sia rimasto pochissimo di questa strada antica, ci sono ancora delle tombe sparse qua e la nel parco. Due di queste sono visitabili tramite l'ausilio di associazioni culturali.
L'ingresso alla via Latina è gratuito, mentre alle tombe si pagano gli archeologi per la visita guidata e il biglietto per le tombe. Noi ci aggreghiamo al gruppo e iniziamo l'esplorazione.
Saliamo lentamente sulla via e ci fermiamo all'ombra del sepolcro dei Corneli o Barberini. L'archeologa ci racconta che qui non sono conservati dei discendenti della potente famiglia romana, ma si chiama così solo perché tutta quest'area fu acquistata dai Barberini e adibita a terreno agricolo.


Mentre la guida spiega, sento ripetere tra i presenti: quello che non hanno fatto i barbari...
Il sepolcro, alto ben due piani, ha anche un ulteriore livello sotterraneo dove erano custoditi i sarcofagi.
Non è ancora visitabile perché lo stanno mettendo in sicurezza e sono in attesa di altri fondi, ma forse un giorno non lontano potrebbe essere aperto al pubblico, così come il sepolcro fortunati, dal nome dello scopritore di queste tombe. Di questo sepolcro rimane solo il livello sotterraneo ma sembra che una volta messo insicurezza potrà mostrare qualcosa di unico.
Appena prima di proseguire la passeggiata sul basolo, una pigna enorme sfiora di pochissimi centimetri la testa dell'archeologa. Una lisciata che altrimenti avrebbe concluso la giornata in maniera ben differente, soprattutto per la guida.
Cassandra mi guarda e io penso "lo aveva previsto". Ovviamente, da buona profetessa quale è, non ha detto nulla, perché sapeva che altrimenti avrebbe cambiato il tempo, lo spazio e pure l'energia della via latina, provocando un salto temporale che ci avrebbe catapultato a tutti nell'anno 72 dc.
Sto per ringraziarla ma lei è molto modesta. Cerca assumere l'aria di non ha fatto niente di tutto questo e così mi dice:
"Ma da dove arrivano tutti questi pini marittimi? Ai tempi dei romani non c'erano mica."
Non so cosa risponderle, al momento sono concentrato su due mila anni fa.

L'inconsapevole gruppo, graziato dall'ordine delle trite cariatidi, giunge così alla tomba dei Valeri. È una ricostruzione dell'ottocento, ma rende perfettamente l'idea di come doveva essere il sepolcro: un recinto circondava la tomba, alta due piani. Al livello del terreno c'era una sala che veniva utilizzata per i banchetti nei giorni in cui la famiglia si riuniva per stare vicina ai defunti. Scendendo le scale invece si entrava nella tomba vera e propria, la camera dove venivano depositati i sarcofagi o le giare, a seconda se il morto aveva deciso di farsi cremare oppure no.
Nella tomba dei Valeri si possono vedere pochissimi resti dei sontuosi marmi che ricoprivano la stanza, ma sul soffitto ci sono ancora degli stucchi in pasta di marmo molto ben conservati. Sulla volta sono rappresentate moltissime figure e, a eccezione di tutte le sculture romane che erano coloratissime, qui invece era stato lasciato volutamente tutto in bianco.
Dalla parte opposta della camera funeraria principale c'è anche un'altra stanza, le cui decorazioni sono completamente scomparse.
Risaliamo le scale e il gruppo viene diviso in due parti perché nella prossima tomba non c'è posto per tutti.
Al contrario di quella dei Valeri, della tomba dei pancrazi non sono rimaste le strutture superiori se non una parte del mosaico. In ogni caso non doveva essere molto differente. Le camere sepolcrali invece sono una vera e propria opera d'arte.
Nella prima stanza, a terra c'era un mosaico e poi, addossate alle pareti, diverse nicchie in cui venivano riposte le giare con le ceneri dei defunti. Sopra le nicchie invece c'era ancora un sarcofago strigilato con un iscrizione e i volti di due persone. Volti però rimasti incompiuti, probabilmente perché i defunti dovevano essere morti prima che l'artista avesse il tempo di imprimere i loro lineamenti nel marmo.

Il soffitto, ben affrescato, aveva un'apertura per comunicare con il piano superiore. Questo perché quando i parenti venivano a banchettare, lasciavano delle offerte calandole nella tomba. Offerte che poi col tempo finivano nel tombino in mezzo alla sala.
Passiamo nell'altra sala e lo spettacolo è ancora maggiore: un enormemente sarcofago occupa quasi tutto lo spazio. È stato fatto così proprio per impedirne il furto: in pratica prima hanno fatto la stanza e riposto il sarcofago, poi l'hanno chiusa dall'alto costruendoci sopra la tomba.


Il soffitto è arricchito così tanto da affreschi e stucchi che sembra quasi la tomba di un imperatore. La più bella che abbia mai visto. Non si riesce a staccare gli occhi dal soffitto e quasi non mi accorgo nemmeno dei mosaici che stanno sul pavimento.
Risaliamo perché il tempo è poco e i custodi ci intimano di uscire, liberi di girare per la via Latina. Immaginando che sotto ogni tumolo non ancora scavato, ci possano essere molte altre tombe simili, forse perfino più belle di questa.
Stento a crederlo ma potrebbe anche essere così. Roma ha ancora così tante storie da rivelare, che io non vedo l'ora di raccontarle.

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