Vicino
all'Arco di travertino, c'è un luogo poco conosciuto, forse anche
dai romani stessi, che, pur non essendo grande e maestoso come gli
altri gioielli della capitale, conserva delle tombe sorprendenti per
quanto sono belle. Nemmeno Cassandra le conosceva, e lei ci abita da
sempre a Roma.
La
via Latina, come l'Appia antica, era una via consolare che aveva
origine nello stesso punto da cui partiva l'Appia. Questa però
portava da Roma a Capua.
Nonostante
sia rimasto pochissimo di questa strada antica, ci sono ancora delle
tombe sparse qua e la nel parco. Due di queste sono visitabili
tramite l'ausilio di associazioni culturali.
L'ingresso
alla via Latina è gratuito, mentre alle tombe si pagano gli
archeologi per la visita guidata e il biglietto per le tombe. Noi ci
aggreghiamo al gruppo e iniziamo l'esplorazione.
Saliamo
lentamente sulla via e ci fermiamo all'ombra del sepolcro dei Corneli
o Barberini. L'archeologa ci racconta che qui non sono conservati dei
discendenti della potente famiglia romana, ma si chiama così solo
perché tutta quest'area fu acquistata dai Barberini e adibita a
terreno agricolo.
Mentre
la guida spiega, sento ripetere tra i presenti: quello che non hanno
fatto i barbari...
Il
sepolcro, alto ben due piani, ha anche un ulteriore livello
sotterraneo dove erano custoditi i sarcofagi.
Non
è ancora visitabile perché lo stanno mettendo in sicurezza e sono
in attesa di altri fondi, ma forse un giorno non lontano potrebbe
essere aperto al pubblico, così come il sepolcro fortunati, dal nome
dello scopritore di queste tombe. Di questo sepolcro rimane solo il
livello sotterraneo ma sembra che una volta messo insicurezza potrà
mostrare qualcosa di unico.
Appena
prima di proseguire la passeggiata sul basolo, una pigna enorme
sfiora di pochissimi centimetri la testa dell'archeologa. Una
lisciata che altrimenti avrebbe concluso la giornata in maniera ben
differente, soprattutto per la guida.
Cassandra
mi guarda e io penso "lo aveva previsto". Ovviamente, da
buona profetessa quale è, non ha detto nulla, perché sapeva che
altrimenti avrebbe cambiato il tempo, lo spazio e pure l'energia
della via latina, provocando un salto temporale che ci avrebbe
catapultato a tutti nell'anno 72 dc.
Sto
per ringraziarla ma lei è molto modesta. Cerca assumere l'aria di
non ha fatto niente di tutto questo e così mi dice:
"Ma
da dove arrivano tutti questi pini marittimi? Ai tempi dei romani non
c'erano mica."
Non
so cosa risponderle, al momento sono concentrato su due mila anni fa.
L'inconsapevole
gruppo, graziato dall'ordine delle trite cariatidi, giunge così alla
tomba dei Valeri. È una ricostruzione dell'ottocento, ma rende
perfettamente l'idea di come doveva essere il sepolcro: un recinto
circondava la tomba, alta due piani. Al livello del terreno c'era una
sala che veniva utilizzata per i banchetti nei giorni in cui la
famiglia si riuniva per stare vicina ai defunti. Scendendo le scale
invece si entrava nella tomba vera e propria, la camera dove venivano
depositati i sarcofagi o le giare, a seconda se il morto aveva deciso
di farsi cremare oppure no.
Nella
tomba dei Valeri si possono vedere pochissimi resti dei sontuosi
marmi che ricoprivano la stanza, ma sul soffitto ci sono ancora degli
stucchi in pasta di marmo molto ben conservati. Sulla volta sono
rappresentate moltissime figure e, a eccezione di tutte le sculture
romane che erano coloratissime, qui invece era stato lasciato
volutamente tutto in bianco.
Dalla
parte opposta della camera funeraria principale c'è anche un'altra
stanza, le cui decorazioni sono completamente scomparse.
Risaliamo
le scale e il gruppo viene diviso in due parti perché nella prossima
tomba non c'è posto per tutti.
Al
contrario di quella dei Valeri, della tomba dei pancrazi non sono
rimaste le strutture superiori se non una parte del mosaico. In ogni
caso non doveva essere molto differente. Le camere sepolcrali invece
sono una vera e propria opera d'arte.
Nella
prima stanza, a terra c'era un mosaico e poi, addossate alle pareti,
diverse nicchie in cui venivano riposte le giare con le ceneri dei
defunti. Sopra le nicchie invece c'era ancora un sarcofago strigilato
con un iscrizione e i volti di due persone. Volti però rimasti
incompiuti, probabilmente perché i defunti dovevano essere morti
prima che l'artista avesse il tempo di imprimere i loro lineamenti
nel marmo.
Il
soffitto, ben affrescato, aveva un'apertura per comunicare con il
piano superiore. Questo perché quando i parenti venivano a
banchettare, lasciavano delle offerte calandole nella tomba. Offerte
che poi col tempo finivano nel tombino in mezzo alla sala.
Passiamo
nell'altra sala e lo spettacolo è ancora maggiore: un enormemente
sarcofago occupa quasi tutto lo spazio. È stato fatto così proprio
per impedirne il furto: in pratica prima hanno fatto la stanza e
riposto il sarcofago, poi l'hanno chiusa dall'alto costruendoci sopra
la tomba.
Il
soffitto è arricchito così tanto da affreschi e stucchi che sembra
quasi la tomba di un imperatore. La più bella che abbia mai visto.
Non si riesce a staccare gli occhi dal soffitto e quasi non mi
accorgo nemmeno dei mosaici che stanno sul pavimento.
Risaliamo
perché il tempo è poco e i custodi ci intimano di uscire, liberi di
girare per la via Latina. Immaginando che sotto ogni tumolo non
ancora scavato, ci possano essere molte altre tombe simili, forse
perfino più belle di questa.
Stento
a crederlo ma potrebbe anche essere così. Roma ha ancora così tante
storie da rivelare, che io non vedo l'ora di raccontarle.
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