sabato 2 gennaio 2016

Il ghetto ebraico e l'isola tiberina


Il significato di ghetto deriva dalla parola ghetar, ovvero gettare. In particolare veniva usato per coloro che gettavano nel fuoco metalli per fonderli e renderli oggetti preziosi da commerciare. Il commercio effettivamente è la caratteristica per cui il popolo ebraico è famoso.
Il ghetto di Roma fu istituito nel 1550. Venne chiuso da delle grandi mura e vi si poteva accedere solo attraverso tre grandi porte, questo per tenere la popolazione ebraica separata dal resto dei romani.
Gli ebrei in realtà a Roma c'erano già da tempo in quella zona, forse prima ancora dei romani stessi. Essendo commercianti, vennero attirati qui, come gli etruschi, dal porto sull'isola tiberina.
Il ghetto fu poi smantellato nel 1870, ma fino a quel tempo la vita all'interno delle mura non era poi così tranquilla come si poteva pensare.
La nostra visita parte da Piazza Mattei, subito fuori del ghetto. In questa piccola piazza vivevano due importanti famiglie romane: i Mattei ed i Costaguti. Queste avevano il compito di custodire le chiavi dei portoni, di aprirli la mattina e chiuderli al tramonto.
La piazzetta, detta isola Mattei, è dominata dal palazzo Mattei e dal palazzo Costaguti. Al centro della piazza c'è la famosa fontana delle tartarughe, fatta costruire dai Mattei, a cui poi successivamente il Bernini aggiunse le quattro piccole tartarughe. Quelle che vediamo non sono le originali, anche perché poco alla volta furono rubate tutte.
Sulla facciata di palazzo Mattei si nota una finestra murata e l'archeologa ce ne racconta la leggenda:
Sembra che uno dei Mattei, prossimo al matrimonio, fosse uno scapestrato che passava le giornate a bere e giocare nelle bische. Il futuro suocero, venendo a conoscenza dell'indole del genero, decise di non fargli più sposare la figlia. Allora Mattei diede una festa a cui invitò anche l'ex futuro suocero. La mattina successiva, affacciandosi alla finestra sulla piazza, il suocero vide la fontana che il giorno prima non c'era. Il Mattei allora gli fece presente di cosa fosse capace uno scapestrato in una sola notte.
Il suocero, estasiato, acconsentì al matrimonio, ma il Mattei per vendetta fece murare la finestra così che il suocero non avrebbe più potuto ammirare la fontana.
La fontana in realtà ritrae il concetto di Festina lente: pensare, riflettere e poi agire con rapidità

Sempre in questa piazzetta c'è anche il palazzo della famiglia Costaguti, dove si scorge una porticina, realizzata solo successivamente all'allargamento del ghetto nel 1800. La porta originale infatti era più all'interno. Oggi murata, la si riconosce solo dal grande arco sormontato da un essere apotropaico. Quest'essere era posto a guardia della casa per tenere lontani gli spiriti maligni.
Ci spostiamo nel cuore del ghetto per andare verso il portico d'Ottavia, che era formato da due templi: quello di Giove e quello di giunone. Nel tragitto passiamo nel vicolo della reginella e ci ritroviamo proprio in Via del portico d'Ottavia.
L'archeologa ci fa notare che sulla strada, su cui oggi si affacciano ottimi ristoranti di cucina ebraica, da una parte ci sono edifici più moderni. Questi furono costruiti dopo il 1870 dopo che venne abbattuto il muro. Dall'altra invece ci sono ancora antiche case romane.
Osservando meglio le case dal lato più antico, vi si possono scorgere, qua e là, pezzi dell'antica Roma, a volte anche delle iscrizioni. Queste erano fatte fare dai proprietari dei palazzi che facevano scolpire sulle facciate a chi apparteneva la casa, chi era il proprietario e perfino cosa faceva ed aveva fatto in vita.
Uno di questi è tale Lorenzo Manlio, proprietario di un palazzo del 400: neanche a dirlo era un mercante.
In una piccola piazzetta laterale notiamo un tempietto dedicato alla madonna dei carmeli. Qui ogni sabato gli ebrei venivano costretti ad assistere alla messa coatta per cercare di essere convertiti.
Purtroppo questo non era l'unico problema di essere ebrei del ghetto: tutte le case erano senza bagni e acqua corrente. Gli abitanti dovevano prendere l'acqua dal Tevere prima del tramonto, ovvero prima che venissero chiuse le porte. Se poi scoppiava un incendio poteva essere devastante. Il fuoco purtroppo non era l'unico problema, oltre alla scarsa pulizia che poteva originare epidemie, c'era il pericolo opposto: le alluvioni. Nel 1500 il Tevere è arrivato addirittura a 19 metri di piena, praticamente al terzo piano delle case.
Solo intorno al 1700, in piazza delle 5 Scole, fu installata la prima fontana del ghetto. Ora rimane solo la sagoma a terra perché la Fontana del pianto fu spostata davanti alla chiesa di Santa Maria del pianto.
Questo edificio risale al 1600, ma non è mai stato terminato. In origine era una chiesa dedicata a san Salvatore in cacaberis, chiamata cosi per i grandi vasi in rame.
L'archeologa ci racconta del miracolo che qui pare si sia verificato:
Negli stretti vicoli del ghetto, bui come in tutta la città, gli omicidi non erano rari. In uno di questi, qui vicino, venne ucciso un ragazzo proprio davanti all'immagine della madonna che, commossa, iniziò a piangere.
Staccato l'affresco ci costruirono sopra la chiesa, che però non venne mai conclusa.
Questa piazza era tristemente conosciuta anche perché vi era un palo a cui gli ebrei, colpevoli di qualche malefatta, venivano attaccati per essere puniti.
Altro tristissimo episodio legato a questi luoghi, è quello della famiglia Cenci, incaricata della gestione della terza e ultima porta del ghetto.
Nel 1599 di fronte a castel sant'Angelo venne uccisa per decapitazione la nobile Beatrice Cenci, la sua matrigna e, per squartamento, anche il fratello.
Fu uno dei rarissimi casi in cui una famiglia nobile venne punita in modo così esemplare.
La colpa di Beatrice fu quella di aver ordito l'assassinio del padre.
Purtroppo però pare che questo usasse violenza su di lei fin da bambina, arrivando perfino a rinchiuderla in una torre per anni. Disgraziatamente sembra che di questi maltrattamenti ne fossero a conoscenza quasi tutti, ma nessuno fece mai nulla.
Disperata, Beatrice chiese aiuto alla matrigna ed al fratello per ingaggiare dei sicari che fecero il loro dovere.
Purtroppo Papa Clemente ottavo fece fare delle indagini sull'omicidio e scoprì la verità. A nulla servirono le proteste del popolo che stava dalla parte di Beatrice.
L'archeologa non lo dice, ma Cassandra mi svela che lei aveva sentito da un profeta di sua conoscenza un'altra storia: in realtà il Papa non perdonò Beatrice per potersi impadronire del suo immenso patrimonio, quello della famiglia Cenci.
L'esecuzione fu talmente cruenta e sentita, che anche Caravaggio, a cui assistette, ne fu scosso.
La leggenda dice che nell'anniversario della sua morte, l'11 settembre, a castel sant'angelo si incontri ancora il fantasma di Beatrice che vaga con la testa sotto braccio.
Sovrastati, e in alcuni casi anche bersagliati, da migliaia di uccelli che stanno migrando al sud e riempiono il cielo di Roma, ci spostiamo. La guida ci racconta che gli abitanti del ghetto, oltre a dover vivere all'interno delle mura, quando ne uscivano dovevano girare con uno contrassegno giallo. Inoltre non potevano svolgere determinati mestieri e non potevano nemmeno comprare casa, era loro consentito solo di affittarla, a prezzi altissimi ovviamente.
Il carnevale romano era il momento peggiore per gli ebrei: capitava spesso che venisse preso un anziano ebreo, messo in una botte e fatto rotolare giù per una collina.
C'era poi la corsa degli animali: cavalli, cani, asini e quello che si trovava. Assieme alle bestie correvano anche gli ebrei, praticamente come fossero animali.
Gli Ebrei erano odiati, mi pare evidente. C'è chi dice che fosse a causa della religione, chi perché erano troppo ricchi, altri invece perché prestando denaro, finivano per diventare, o essere visti, come strozzini, insomma usurai. Sono solo ipotesi però...
Finalmente arriviamo al Portico d'Ottavia, una grande piazza rettangolare con portici su tutti e quattro i lati. Sotto i portici erano state installate stanze con biblioteche, sale conferenza e perfino musei di arte dove venivano esposti quadri e sculture.
Al centro del portico c'erano i due templi di Giove e di Giunone.
Ottavia in realtà era la sorella dell'imperatore Augusto che, oltre al portico, costruì anche il Teatro di Marcello, dedicato al figlio di Ottavia, morto a sedici anni.
Tra i ruderi rimasti, oltre al tempio di apollo sosiano, si scorge la chiesa di sant'angelo in pescheria, nome che deriva dal fatto che qui c'era il mercato del pesce.
Pare sia qui che è nata la famosa zuppa di pesce, proprio nel ghetto. Non potendo comprare il pesce, le donne ebree raccoglievano i resti dei pesci venduti al mercato, li facevano bollire per ore ed infine ecco la zuppa.
Poco oltre il portico, vicino alle case costruite sugli spalti del teatro di Marcello, c'è piazza Gerusalemme, la piazza più piccola di Roma, grande poco più di un grosso balcone. La piazza si trova di fronte alla chiesa costruita sopra la casa di papa Gregorio Magno.
Questo Papa è ricordato perché in un momento in cui Roma era afflitta da una pestilenza, fece fare una processione, alla fine della quale, mentre rientrava nella sua dimora, vide l'arcangelo Michele nel gesto di rinfoderare la spada.
Fu così che il Papa cambiò nome a castel sant'Angelo e aggiunse in cima ad esso la statua dell'arcangelo nell'atto di rinfoderare la spada.
Di fronte a piazza Gerusalemme c'è la grande sinagoga, ma è sabato, il festivo degli ebrei, e non si può entrare.
Purtroppo nemmeno il forno che fa la cosa più buona del mondo è aperto. Io e Cassandra ci rimaniamo molto male, ma sappiamo che torneremo presto.
Attraversiamo il piccolo ponte Fabricio, uno dei più antichi di Roma, e siamo sull'isola tiberina. Sul ponte vediamo subito due erme quadrifronti coi quattro volti del dio Giano, considerato un po' ambiguo per le sue tante facce.
Anche questi ermi avevano la funzione apotropaica di tenere lontani gli spiriti malvagi.
A vederla dall'alto l'isola ha un po' la forma di una grande nave, sembra perfino che nell'antichità, in cima all'isola, ci fosse un obelisco, eretto su una struttura che aveva la forma della prua di una nave. Oggi sull'isola non ci sono più case, ne è rimasta una sola. Ci sono solo chiese, ristoranti e un ospedale. Non è sempre stato così, solo alla fine '800 è stata completamente rifatta, distruggendo così l'antico porto, i mulini e tutte le abitazioni.
Subito dopo l'accesso all'isola, c'è la Torre Caetani o della pulzella. Di fronte ad essa c'è la Madonna della lampada. Durante una piena del Tevere, che aveva sommerso l'immagine e la lampada soprastante, al ritiro dell'acqua, la lampada sia stata trovata ancora accesa. Per questo miracolo hanno costruito la chiesa di San Giovanni Calipita, sui resti del tempio di Giove dei giuramenti. Sembra infatti che l'isola oltre che porto fu anche luogo di culto e altro.
L'archeologa ci tiene a puntualizzare che di lampade e Madonne a Roma ce ne erano tante, piazzate nei luoghi più pericolosi e bui della città, per illuminare ed evitare gli agguati, molto frequenti.
La leggenda della nascita dell'isola tiberina dice che nel 509 a c sia sorta su un accumulo di grano in eccedenza della città, ma ovviamente è solo una storia.
L'altro aspetto di grande importanza dell'isola era quello medico. Qui sorgeva il Tempio di Esculapio, Dio della medicina. La leggenda racconta di una grande epidemia a Roma. Per debellarla gli indovini dissero che si doveva andare ad Epitauro per pregare il Dio Esculapio e farlo venire a Roma.
 
Giunti i romani ad Epitauro in nave, pregarono il Dio che accolse le loro preghiere e, trasformandosi in serpente, salì sulla loro nave. Tornati a Roma il serpente scese sull'isola tiberina e in quel punto fu eretto il suo tempio.
Nonostante il passare dei secoli l'isola assolve ancora la sua funzione curativa, qui infatti c'è l'ospedale Fatebenefratelli.

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