lunedì 21 marzo 2016

Il mausoleo di Cecilia Metella

Poco più avanti sull'Appia si trova il complesso del mausoleo di Cecilia Metella. Questo, oltre a mausoleo, nel tempo è stato anche un importante castrum, una fortezza medievale.
Intorno al 1300 infatti venne eretto un fortino nel mausoleo dalla famiglia dei Caetani, che già un secolo prima ebbero un papa in famiglia e che poi saliranno al potere nuovamente con Papa Bonificio VIII.
Prima di allora, e dopo la fine dell'impero, l'Appia era diventata meta di pellegrinaggio, soprattutto alle catacombe di san Sebastiano. L'archeologa ci racconta che il nome catacombe in realtà deriva dalla cava a fianco di san Sebastiano che ne prese la definizione. Catacumbas infatti significa "sotto la roccia". Di riflesso tutte le altre sepolture sotterranee a cunicoli furono chiamate catacombe.
Altra nota interessante è che non furono inventate per i cristiani, ma già in epoca pagana, a causa del sovraffollamento, si scavavano cunicoli per seppellire i morti. Ancora oggi esistono anche delle catacombe ebraiche.
I pellegrinaggi nacquero perché nelle catacombe c'erano i resti dei martiri, presso cui la gente veniva a pregare.
Questo fino al 700/800 dc, quando i papi iniziarono a portare i resti dei martiri nelle chiese di Roma, di conseguenza l'Appia perse gran parte della sua importanza. Da allora veniva usata solo per coltivare i terreni che attraversava con delle vigne, oppure solo per recuperare il materiale pregiato usato nella costruzione delle tombe. A volte bruciavano perfino il marmo per farne della calce. 
E poi erano gli altri i barbari.
Solo intorno al 1000 alcuni personaggi importanti iniziano ad acquistare parti dell'Appia a scopi difensivi. Sfruttando le strutture di epoca romana, vennero costruite delle fortezze, i cosiddetti castrum.
Prima dei Caetani, il mausoleo era già stato trasformato nel castrum dei conti di Tuscolo. Scomparsi questi i Caetani ne fanno un vero e proprio castello. Oggi manca tutta la copertura e i due piani intermedi, ma se ne vedono ancora bene le tracce.
Oltre ad essere una fortezza, la costruzione fungeva anche da palazzo ed era fornito di tutti i confort dell'epoca.
Il castrum fu costruito in tufo, in parte perché più facile da reperire e poi perché le grandi fornaci che producevano i laterizi erano sempre di meno e quindi il mattone diventava troppo costoso. Alcune parti della fortezza erano in marmo, ma solo gli arricchimenti che si andavano a unire all'intonaco che ricopriva tutte le pareti.
La grande struttura circolare del mausoleo invece venne riutilizzata come torre di avvistamento. Questa fu quasi la sua fortuna, perché riutilizzando la tomba non venne cannibalizzata ed è giunta fino a noi.
Nei secoli successivi la proprietà Caetani venne rivenduta e frazionata in diversi proprietari. Infatti oltre al castrum c'erano altre strutture come case e una chiesa, utilizzate da chi lavorava per la famiglia Caetani. Tutto era circondato da una cerchia di mura difensive con due archi per entrare e uscire sull'Appia. Una vera e propria roccaforte con un villaggio al suo interno.
Per entrare e per uscire si doveva pagare una gabella molto salata, e il castrum Caetani non era l'unica fortezza lungo la strada. Fu così che nacque l'Appia nuova, un passaggio alternativo verso sud in cui non si doveva pagare. L'Appia nuova però venne riconosciuta e lastricata solo intorno al 1560, inaugurata poi nel 1564 da Papa Gregorio Bonconpagni.
Gli anni passano e solo all'inizio del 1800 ci si inizia a preoccupare di rendere il mausoleo di Cecilia Metella un museo a cielo aperto, come del resto anche tutta l'Appia. Per farlo iniziano i primi espropri che salvaguardano la zona. Dagli scavi che ne conseguono emergono moltissimi reperti come lapidi, statue, sarcofagi e molto altro, che verranno utilizzati per valorizzare il mausoleo attaccandoveli all'esterno.
All'interno invece ci sono diversi reperti come sepolcri, statue, maschere, urne e lapidi. Molti sono i messaggi scritti proprio dai defunti sepolti lungo la via ai passanti che viaggiavano sulla strada: “ehi tu viandante, fermati, ascolta cosa ho da dire. Senti chi ero e che cos'ho fatto quando ero in vita.”
Tutto questo perché per i romani era fondamentale il ricordo dei posteri. Loro pensavano che se qualcuno ti ricordava dopo la morte, ti regalava l'immortalità. Ecco il motivo delle tombe sulle strade, più grande era, più facile era notare e ricordare il defunto.
Entriamo finalmente nel mausoleo di Cecilia Metella, di cui purtroppo non si sa nulla. L'unica informazione che ci è pervenuta è che era figlia di Quinto Cratico, un personaggio importante del primo secolo a c, il quale sconfisse i pirati annettendo così alle province romane l'isola di Creta. Cratico infatti era il soprannome onorario divenuto parte del nome.


Quinto era della famiglia dei Metelli, ricchissimi, potentissimi, ma non patrizi, avevano infatti origini plebee. Cecilia Metella probabilmente fu moglie del primo genito di Crasso, colui che sedo' nel sangue la rivolta di Spartaco, e che costituì insieme a Cesare e Pompeo il primo triumvirato.
All'interno della tomba non c'è più nulla della sepoltura, non si sa nemmeno come poteva essere. Sicuramente le pareti erano rivestite di marmi anche all'interno. Si ipotizza che sia stata sepolta in un urna cineraria e singola, ovvero il mausoleo era solo per lei, molto inusuale per l'epoca che un monumento così ricco fosse dedicato ad una donna.
La struttura conica, oggi completamente senza copertura, salendo verso l'alto tende a restringersi e si pensa che in origine dovesse avere una copertura a volta, sormontata da cipressi, come la tomba di Adriano o di Augusto.
Guardando in alto al mausoleo, si riesce ancora a vedere la decorazione sul marmo che spiega perché questa zona si chiama capo di bove: si vedono molto bene delle ghirlande di fiori e di frutti, tenute da dei bucrani, lo scheletro della testa di un bue.


Dall'esterno si vede la dedica che indica di chi è la tomba, e poi sulle mura del castello sono stati inseriti alcuni resti trovati lì attorno nel 1800.
Proprio di fronte al Castrum c'era la chiesa dedicata a san Nicola di Bari. Risalente al 1302, è l'unico esempio a Roma di chiesa gotica cistercense. Inaugurata da bonificio VIII, venne dedicata a quest'uomo imprigionato e poi liberato da Costantino, che divenne grande vescovo e studioso. E' però ricordato per essere il protettore dei bambini. Infatti nasce qui la leggenda di babbo Natale, Santa Claus: delle fanciulle stavano per essere portate a prostituirsi perché il padre non aveva i soldi per le loro doti e quindi farle sposare. San Nicola gettò nella loro finestra tre sacchetti con del denaro, che divenne la loro dote e le salvò.
Altro miracolo attribuito a san Nicola è quello di aver riportato in vita dei bambini uccisi malamente da un cattivo macellaio.

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