Il
significato di ghetto deriva dalla parola ghetar, ovvero gettare. In
particolare veniva usato per coloro che gettavano nel fuoco metalli
per fonderli e renderli oggetti preziosi da commerciare. Il commercio
effettivamente è la caratteristica per cui il popolo ebraico è
famoso.
Il
ghetto di Roma fu istituito nel 1550. Venne chiuso da delle grandi
mura e vi si poteva accedere solo attraverso tre grandi porte, questo
per tenere la popolazione ebraica separata dal resto dei romani.
Gli
ebrei in realtà a Roma c'erano già da tempo in quella zona, forse
prima ancora dei romani stessi. Essendo commercianti, vennero
attirati qui, come gli etruschi, dal porto sull'isola tiberina.
Il
ghetto fu poi smantellato nel 1870, ma fino a quel tempo la vita
all'interno delle mura non era poi così tranquilla come si poteva
pensare.
La
nostra visita parte da Piazza Mattei, subito fuori del ghetto. In
questa piccola piazza vivevano due importanti famiglie romane: i
Mattei ed i Costaguti. Queste avevano il compito di custodire le
chiavi dei portoni, di aprirli la mattina e chiuderli al tramonto.
La
piazzetta, detta isola Mattei, è dominata dal palazzo Mattei e dal
palazzo Costaguti. Al centro della piazza c'è la famosa fontana
delle tartarughe, fatta costruire dai Mattei, a cui poi
successivamente il Bernini aggiunse le quattro piccole tartarughe.
Quelle che vediamo non sono le originali, anche perché poco alla
volta furono rubate tutte.
Sulla
facciata di palazzo Mattei si nota una finestra murata e l'archeologa
ce ne racconta la leggenda:
Sembra
che uno dei Mattei, prossimo al matrimonio, fosse uno scapestrato che
passava le giornate a bere e giocare nelle bische. Il futuro suocero,
venendo a conoscenza dell'indole del genero, decise di non fargli più
sposare la figlia. Allora Mattei diede una festa a cui invitò anche
l'ex futuro suocero. La mattina successiva, affacciandosi alla
finestra sulla piazza, il suocero vide la fontana che il giorno prima
non c'era. Il Mattei allora gli fece presente di cosa fosse capace
uno scapestrato in una sola notte.
Il
suocero, estasiato, acconsentì al matrimonio, ma il Mattei per
vendetta fece murare la finestra così che il suocero non avrebbe più
potuto ammirare la fontana.
La
fontana in realtà ritrae il concetto di Festina lente: pensare,
riflettere e poi agire con rapidità
Sempre
in questa piazzetta c'è anche il palazzo della famiglia Costaguti,
dove si scorge una porticina, realizzata solo successivamente
all'allargamento del ghetto nel 1800. La porta originale infatti era
più all'interno. Oggi murata, la si riconosce solo dal grande arco
sormontato da un essere apotropaico. Quest'essere era posto a guardia
della casa per tenere lontani gli spiriti maligni.
Ci
spostiamo nel cuore del ghetto per andare verso il portico d'Ottavia,
che era formato da due templi: quello di Giove e quello di giunone.
Nel tragitto passiamo nel vicolo della reginella e ci ritroviamo
proprio in Via del portico d'Ottavia.
L'archeologa
ci fa notare che sulla strada, su cui oggi si affacciano ottimi
ristoranti di cucina ebraica, da una parte ci sono edifici più
moderni. Questi furono costruiti dopo il 1870 dopo che venne
abbattuto il muro. Dall'altra invece ci sono ancora antiche case
romane.
Osservando
meglio le case dal lato più antico, vi si possono scorgere, qua e
là, pezzi dell'antica Roma, a volte anche delle iscrizioni. Queste
erano fatte fare dai proprietari dei palazzi che facevano scolpire
sulle facciate a chi apparteneva la casa, chi era il proprietario e
perfino cosa faceva ed aveva fatto in vita.
Uno
di questi è tale Lorenzo Manlio, proprietario di un palazzo del 400:
neanche a dirlo era un mercante.
In
una piccola piazzetta laterale notiamo un tempietto dedicato alla
madonna dei carmeli. Qui ogni sabato gli ebrei venivano costretti ad
assistere alla messa coatta per cercare di essere convertiti.
Purtroppo
questo non era l'unico problema di essere ebrei del ghetto: tutte le
case erano senza bagni e acqua corrente. Gli abitanti dovevano
prendere l'acqua dal Tevere prima del tramonto, ovvero prima che
venissero chiuse le porte. Se poi scoppiava un incendio poteva essere
devastante. Il fuoco purtroppo non era l'unico problema, oltre alla
scarsa pulizia che poteva originare epidemie, c'era il pericolo
opposto: le alluvioni. Nel 1500 il Tevere è arrivato addirittura a
19 metri di piena, praticamente al terzo piano delle case.
Solo
intorno al 1700, in piazza delle 5 Scole, fu installata la prima
fontana del ghetto. Ora rimane solo la sagoma a terra perché la
Fontana del pianto fu spostata davanti alla chiesa di Santa Maria del
pianto.
Questo
edificio risale al 1600, ma non è mai stato terminato. In origine
era una chiesa dedicata a san Salvatore in cacaberis, chiamata cosi
per i grandi vasi in rame.
L'archeologa
ci racconta del miracolo che qui pare si sia verificato:
Negli
stretti vicoli del ghetto, bui come in tutta la città, gli omicidi
non erano rari. In uno di questi, qui vicino, venne ucciso un ragazzo
proprio davanti all'immagine della madonna che, commossa, iniziò a
piangere.
Staccato
l'affresco ci costruirono sopra la chiesa, che però non venne mai
conclusa.
Questa
piazza era tristemente conosciuta anche perché vi era un palo a cui
gli ebrei, colpevoli di qualche malefatta, venivano attaccati per
essere puniti.
Altro
tristissimo episodio legato a questi luoghi, è quello della famiglia
Cenci, incaricata della gestione della terza e ultima porta del
ghetto.
Nel
1599 di fronte a castel sant'Angelo venne uccisa per decapitazione la
nobile Beatrice Cenci, la sua matrigna e, per squartamento, anche il
fratello.
Fu
uno dei rarissimi casi in cui una famiglia nobile venne punita in
modo così esemplare.
La
colpa di Beatrice fu quella di aver ordito l'assassinio del padre.
Purtroppo
però pare che questo usasse violenza su di lei fin da bambina,
arrivando perfino a rinchiuderla in una torre per anni.
Disgraziatamente sembra che di questi maltrattamenti ne fossero a
conoscenza quasi tutti, ma nessuno fece mai nulla.
Disperata,
Beatrice chiese aiuto alla matrigna ed al fratello per ingaggiare dei
sicari che fecero il loro dovere.
Purtroppo
Papa Clemente ottavo fece fare delle indagini sull'omicidio e scoprì
la verità. A nulla servirono le proteste del popolo che stava dalla
parte di Beatrice.
L'archeologa
non lo dice, ma Cassandra mi svela che lei aveva sentito da un
profeta di sua conoscenza un'altra storia: in realtà il Papa non
perdonò Beatrice per potersi impadronire del suo immenso patrimonio,
quello della famiglia Cenci.
L'esecuzione
fu talmente cruenta e sentita, che anche Caravaggio, a cui
assistette, ne fu scosso.
La
leggenda dice che nell'anniversario della sua morte, l'11 settembre,
a castel sant'angelo si incontri ancora il fantasma di Beatrice che
vaga con la testa sotto braccio.
Sovrastati,
e in alcuni casi anche bersagliati, da migliaia di uccelli che stanno
migrando al sud e riempiono il cielo di Roma, ci spostiamo. La guida
ci racconta che gli abitanti del ghetto, oltre a dover vivere
all'interno delle mura, quando ne uscivano dovevano girare con uno
contrassegno giallo. Inoltre non potevano svolgere determinati
mestieri e non potevano nemmeno comprare casa, era loro consentito
solo di affittarla, a prezzi altissimi ovviamente.
Il
carnevale romano era il momento peggiore per gli ebrei: capitava
spesso che venisse preso un anziano ebreo, messo in una botte e fatto
rotolare giù per una collina.
C'era
poi la corsa degli animali: cavalli, cani, asini e quello che si
trovava. Assieme alle bestie correvano anche gli ebrei, praticamente
come fossero animali.
Gli
Ebrei erano odiati, mi pare evidente. C'è chi dice che fosse a causa
della religione, chi perché erano troppo ricchi, altri invece perché
prestando denaro, finivano per diventare, o essere visti, come
strozzini, insomma usurai. Sono solo ipotesi però...
Finalmente
arriviamo al Portico d'Ottavia, una grande piazza rettangolare con
portici su tutti e quattro i lati. Sotto i portici erano state
installate stanze con biblioteche, sale conferenza e perfino musei di
arte dove venivano esposti quadri e sculture.
Al
centro del portico c'erano i due templi di Giove e di Giunone.
Ottavia
in realtà era la sorella dell'imperatore Augusto che, oltre al
portico, costruì anche il Teatro di Marcello, dedicato al figlio di
Ottavia, morto a sedici anni.
Tra
i ruderi rimasti, oltre al tempio di apollo sosiano, si scorge la
chiesa di sant'angelo in pescheria, nome che deriva dal fatto che qui
c'era il mercato del pesce.
Pare
sia qui che è nata la famosa zuppa di pesce, proprio nel ghetto. Non
potendo comprare il pesce, le donne ebree raccoglievano i resti dei
pesci venduti al mercato, li facevano bollire per ore ed infine ecco
la zuppa.
Poco
oltre il portico, vicino alle case costruite sugli spalti del teatro
di Marcello, c'è piazza Gerusalemme, la piazza più piccola di Roma,
grande poco più di un grosso balcone. La piazza si trova di fronte
alla chiesa costruita sopra la casa di papa Gregorio Magno.
Questo
Papa è ricordato perché in un momento in cui Roma era afflitta da
una pestilenza, fece fare una processione, alla fine della quale,
mentre rientrava nella sua dimora, vide l'arcangelo Michele nel gesto
di rinfoderare la spada.
Fu
così che il Papa cambiò nome a castel sant'Angelo e aggiunse in
cima ad esso la statua dell'arcangelo nell'atto di rinfoderare la
spada.
Di
fronte a piazza Gerusalemme c'è la grande sinagoga, ma è sabato, il
festivo degli ebrei, e non si può entrare.
Purtroppo
nemmeno il forno che fa la cosa più buona del mondo è aperto. Io e
Cassandra ci rimaniamo molto male, ma sappiamo che torneremo presto.
Attraversiamo
il piccolo ponte Fabricio, uno dei più antichi di Roma, e siamo
sull'isola tiberina. Sul ponte vediamo subito due erme quadrifronti
coi quattro volti del dio Giano, considerato un po' ambiguo per le
sue tante facce.
Anche
questi ermi avevano la funzione apotropaica di tenere lontani gli
spiriti malvagi.
A
vederla dall'alto l'isola ha un po' la forma di una grande nave,
sembra perfino che nell'antichità, in cima all'isola, ci fosse un
obelisco, eretto su una struttura che aveva la forma della prua di
una nave. Oggi sull'isola non ci sono più case, ne è rimasta una
sola. Ci sono solo chiese, ristoranti e un ospedale. Non è sempre
stato così, solo alla fine '800 è stata completamente rifatta,
distruggendo così l'antico porto, i mulini e tutte le abitazioni.
Subito
dopo l'accesso all'isola, c'è la Torre Caetani o della pulzella. Di
fronte ad essa c'è la Madonna della lampada. Durante una piena del
Tevere, che aveva sommerso l'immagine e la lampada soprastante, al
ritiro dell'acqua, la lampada sia stata trovata ancora accesa. Per
questo miracolo hanno costruito la chiesa di San Giovanni Calipita,
sui resti del tempio di Giove dei giuramenti. Sembra infatti che
l'isola oltre che porto fu anche luogo di culto e altro.
L'archeologa
ci tiene a puntualizzare che di lampade e Madonne a Roma ce ne erano
tante, piazzate nei luoghi più pericolosi e bui della città, per
illuminare ed evitare gli agguati, molto frequenti.
La
leggenda della nascita dell'isola tiberina dice che nel 509 a c sia
sorta su un accumulo di grano in eccedenza della città, ma
ovviamente è solo una storia.
L'altro
aspetto di grande importanza dell'isola era quello medico. Qui
sorgeva il Tempio di Esculapio, Dio della medicina. La leggenda
racconta di una grande epidemia a Roma. Per debellarla gli indovini
dissero che si doveva andare ad Epitauro per pregare il Dio Esculapio
e farlo venire a Roma.
Giunti
i romani ad Epitauro in nave, pregarono il Dio che accolse le loro
preghiere e, trasformandosi in serpente, salì sulla loro nave.
Tornati a Roma il serpente scese sull'isola tiberina e in quel punto
fu eretto il suo tempio.
Nonostante
il passare dei secoli l'isola assolve ancora la sua funzione
curativa, qui infatti c'è l'ospedale Fatebenefratelli.