venerdì 1 aprile 2016

SANTA CECILIA

Santa Cecilia, nella zona meno frequentata di Trastevere, è una delle basiliche più antiche di tutta Roma, pare infatti che risalga addirittura al quarto secolo d c. Sotto la basilica, circa 4 metri, sono esposti dei resti, che come spesso accade a Roma, sono stati trovati per caso: nel 1899 infatti durante dei lavori nella parte sotto la cripta, vennero scoperti vari ambienti che stanno sotto tutta la basilica, riportandoli alla luce dopo secoli. Successivamente gli ambienti sono stati musealizzati ed oggi li visiteremo cercando di ricostruire la vita che si faceva i questi luoghi.
La prima cosa che si nota scendendo sotto la basilica sono i diversi reperti disposti in modo casuale e poco archeologico sulle pareti di questi ambienti. La storia di queste stanze è molto antica, pare infatti esistessero già dal secondo secolo a c, quando ancora a Roma non c'era l'impero ma era una repubblica. La prima stanza che vediamo era il cortile a cielo aperto di una domus, una tipica casa romana di patrizi. In questa zona, dovevano esserci diverse domus di benestanti che venivano a passare le giornate per rilassarsi, scappando dal caos della città.
Questa domus col passare dei secoli, ha subito diversi cambiamenti, trasformandosi in insulae intorno al primo secolo d c, periodo di grande crescita demografica. Roma infatti nel secondo secolo d c arriverà a contare un milione di abitanti, cifra eguagliata solo da Londra nel 1800.
Oltre alle insulae e alle domus, in questa zona c'erano anche moltissimi magazzini, essendo vicino all'isola tiberina che era il porto di Roma.


Intorno al IV accade ciò che cambierà la storia di questi luoghi. L'omicidio di santa Cecilia, una matrona romana che viveva a Trastevere e venne martirizzata proprio qui a casa sua. L'archeologa ci spiega che a livello archeologico non c'è nulla che indichi questo luogo come casa sua, se non il fatto che fosse un titulus. Nell'antica Roma si parlava di titulus quando un ricco cristiano metteva a disposizione la propria casa per permettere agli altri cristiani di incontrarsi a pregare, senza essere perseguitati.
Spesso poi sopra i tituli sorgevano delle chiese, probabilmente perché capitava che il proprietario venisse scoperto e ucciso, quindi la casa diventava luogo di pellegrinaggio, di preghiera ed infine una chiesa.


Attraversiamo altre stanze per trovarci in un altro ambiente dove sono state appese alle pareti delle lastre tombali. Queste venivano utilizzate nel medio evo perché i cristiani, che seppellendo il corpo per mantenerlo intero, la lastra, oltre ad indicare la tomba, dava un senso di umiltà: le lastre erano a terra nelle chiese e le persone potevano tranquillamente passarci sopra coi piedi, dimostrando che il defunto era umile. Sulla lastra, il volto e l'iscrizione che raccontavano chi vi era sepolto, a volte facevano poteva capire chi fosse il defunto anche solo da come era vestito: un sacerdote per esempio.
Prima del 1200 le lastre venivano raffigurate con gli occhi aperti, poi successivamente gli occhi sono stati chiusi e a volte il disegno rappresentava la testa appoggiata su di un cuscino, come se stesse dormendo, in attesa del risveglio.
Spostandoci in altri ambienti, che forse erano utilizzati come granai, mi rendo conto di quanto grande doveva essere la struttura.
Passiamo in un'altra stanza dove ci sono dei sarcofagi romani. Questi erano spesso molto piccoli, sia perché la mortalità infantile era diffusissima, sia perché un romano adulto aveva una statura media di un metro e cinquanta. Sembra strano dirlo ma mi avrebbero potuto considerare un mezzo gigante.
Sui sarcofagi si potevano facilmente trovare, come in questi casi le iscrizioni agli dei mani, Dis manibus, e delle maschere con funzioni apotropaiche. Su questo sarcofago la scena principale è un banchetto con un cinghiale. Forse rappresenta il mito di Meleagro, un argonauta che tornato dalla sua impresa, si accorse che suo padre il re si era scordato di fare i sacrifici alla dea della caccia Artemide. Questa infuriata mandò un cinghiale a devastare le sue terre. Meleagro allora radunò tutti i cacciatori e fra questi anche Atlanta, una donna bellissima di cui Meleagro era innamorato. Proprio Atlanta colpì il cinghiale, poi finito da Meleagro, che donò ad Atlanta il suo trofeo, facendo però infuriare i suoi fratelli. Tanto per risolvere la situazione senza troppe perdite di tempo Meleagro uccise tutti i suoi fratelli.
La madre, distrutta dal dolore chiese consiglio agli dei per punire il figlio: Essi le ricordarono la profezia che accompagnò la nascita di Meleagro: sarebbe stato sano, ricco e nobile finché il tizzone che ardeva nel suo camino fosse rimasto intatto. Così la madre, che aveva conservato quel tizzone, lo prese e lo gettò nel fuoco, uccidendo Meleagro.


Mi sono sempre piaciuti i miti greci, perché bene o male mettono sempre a posto le cose in modo definitivo.
Ci spostiamo nel larario della domus, il luogo più sacro della casa, dove veniva messo un altarino ad alcuni dei. Di solito il larario, in questo caso fatto in terra cotta e quindi di epoca repubblicana, si trovava vicino al cortile. Vicino ad esso c'era sempre un armadio in cui gli abitanti della domus tenevano le maschere di cera che utilizzavano durante i riti funebri.
Negli scavi sono state ritrovate anche parti di anfore, per cui si pensa che questa stanza possa essere stata usata successivamente come magazzino.
Subito attigua a questa stanza c'era il balneum: il predecessore delle terme, ovvero un primo ambiente termale molto più piccolo, che solo i più ricchi potevano avere in casa.
È anche la parte più sacra della domus perché si pensa che sia la stanza dove santa Cecilia sia stata martirizzata. La storia racconta che la matrona venne uccisa perché cristiana. Il primo tentativo di omicidio fu proprio rinchiudendola per tre giorni nel calidarium, dove le temperature potevano arrivare anche a 80 gradi. Passati i tre giorni però scoprirono che Cecilia non era ancora morta, così decisero di usare un altro metodo. La decapitazione. Anche in questo caso però i tre tentativi non ebbero molto successo e Cecilia impiegò tre giorni a morire.
Diventando meta di pellegrinaggio, la stanza venne trasformata, grazie anche all'acqua del balneum, in un battistero, uno dei più antichi di Roma.
Arriviamo finalmente alla cripta, rifatta all'inizio del 1900, dove sono custoditi i sarcofagi di Santa Cecilia, suo marito e suo cognato.
La cripta è in stile cosmatesco e rimane sotto il ciborio della basilica. Qui sono custoditi i resti di Santa Cecilia che furono ritrovati nelle catacombe di San Callisto. Solo allora si poté erigere la chiesa che vediamo oggi. Questo perché a quei tempi, nell'821 dc, non si potevano costruire delle chiese se non c'erano delle reliquie da poter custodire.
Dietro la cripta c'è ancora il martirium, un corridoio che il pellegrino poteva percorrere attorno al corpo del martire, giusto per potersi soffermare a pregare e sentire più vicino al martire.
Saliamo al piano superiore per ammirare il mosaico del nono secolo, uno dei mosaici più antichi di Roma.
Fu Papa Pasquale I che nel 821 fece erigere la chiesa e il mosaico, unica parte rimasta originale dopo la ristrutturazione del 1200 che ha visto anche la realizzazione del ciborio. Questo, diverso da un normale baldacchino, ha la funzione di far risaltare non appena si entra in chiesa, il luogo più sacro, ovvero l'altare e ciò che vi sta sotto: le reliquie di santa cecilia e degli altri martiri.
Nel 1599 il cardinale Sfondrati, decide di riesumare il cadavere di santa Cecialia. Questo perché già all'epoca di Pasquale primo, circa 500 anni prima, il corpo di santa Cecilia fu ritrovato ancora intatto, come se fossero passati solo pochi giorni. Quando nel 1599 il cardinale apre la tomba lo ritrova ancora perfettamente intatto. Allora il cardinale chiama l'artista Stefano Maderno per immortalare la santa con una splendida statua in marmo rappresentante la posizione in cui venne trovata: con un velo sulla testa e sul collo il segno della lama che la sgozzò. Le mani invece indicano un tre ed un uno.
La statua originale è in mostra nella chiesa, mentre nelle gallerie delle catacombe di san Callisto vi è una copia.
Usciamo un po' stremati da questa lunghissima ed intensa visita, un po' stupiti dall'energia dell'archeologa che in queste due ore non ha smesso di raccontarci la storia, da vera appassionata quale è.
Questi sono i momenti in cui penso a quando da bambino volevo fare l'archeologo anche io. Chissà, quando ho cambiato idea?

Nessun commento:

Posta un commento