venerdì 30 aprile 2021

Torre di Chia - Piramide etrusca - Necropoli di Santa Cecilia

Dalle parti di Bomarzo ci sono dei luoghi fantastici. 

Lo posso affermare con certezza dopo la giornata di oggi. Ci abbiamo trovato tantissime persone e per fortuna, nonostante il loro impegno, non sono riuscite a rovinarci la giornata.

Anche se piuttosto lontano, tramite l'autostrada da Roma ci vuole circa un'ora per arrivarci. Parcheggiamo davanti ad un campo sportivo abbandonato dove ci sono poche macchine. Avremmo potuto andare direttamente alla Torre di Chia, ma lì c'era molta più gente e non ce la siamo sentita.

Comunque non cambia molto, il percorso a piedi era lo stesso.

Dal campo sportivo infatti, siamo a metà strada tra la Torre di Chia, le sue cascate e la Piramide etrusca. Questa Piramide è da molto che volevo vederla, ma non pensavo che oltre a questa ci fosse così tanto da vedere nella stessa zona.

Come prima tappa decidiamo di andare alla Torre e le sue cascate, così da tenerci la ciliegina della piramide per ultima.

Lungo la strada troviamo ruderi di vecchie case abbandonate, forse erano delle mole. Ormai ricoperte di muschio, conservano ancora un fascino fuori dal tempo. Inutile dire che mi perdo a fotografarle come un giapponese.

Il percorso è breve e molto bello, solo che più ci si avvicina al corso d’acqua, più gente si incontra.

Infatti alle cascate ci sono diversi gruppi assembrati a fare picnic. Noi ci teniamo alla pelle, e ci teniamo in disparte.

Le cascate sono molto belle, sebbene l'acqua non sia pulitissima, nel corso del tempo ha modellato la roccia con forme morbide e arrotondate.

Dopo aver trovato un posticino comodo per sederci e pranzare al sole, per digerire andiamo alla Torre di Chia, proprietà degli eredi di Pasolini. Proprio in questi giorni è uscito un articolo sul giornale che informa essere in vendita.

Io e Cassandra stiamo sempre cercando casa, ma più ci avviciniamo e più ci rendiamo conto di quanto sia grande. Troppo per noi.

Ha una forma particolare che non credo di aver mai visto prima: sembra esagonale, ma solo da un lato, in realtà quando ci giriamo attorno scopriamo che è semi esagonale.

Ovviamente c'è un cancello elettrico altissimo e non si vede altro che mura esterne, così torniamo indietro, però rimaniamo imbottigliati nel “traffico”: un gruppo di pensionati che di domenica non ha cantieri da osservare ci sbarra la via.

Anche chiedendo strada non riusciamo a passare. Oltre che pensionati, sono pure sordi! Solo quando il sentiero si fa più largo riusciamo a seminarli e tornare al punto di partenza.

Ci troviamo ad un ennesimo bivio. Dobbiamo scegliere tra la Piramide e la necropoli di Santa Cecilia. Dalla mappa sembra più lontana la Piramide, così propendiamo per quest'ultima.

Il sentiero è molto tranquillo, una strada di campagna larga anche per un trattore, almeno fino ad un certo punto. Le indicazioni infatti ci deviano a destra e qui la strada inizia a scendere in modo piuttosto ripido verso il fondo valle.


A metà strada troviamo una casa scavata nella roccia che probabilmente ha origini etrusche, quindi torniamo a scendere. Dagli schiamazzi che sentiamo arrivare dal basso, direi che siamo sulla strada giusta.

Circondati da molti alberi, fino all'ultimo non vediamo la Piramide nonostante le sue dimensioni. 

Purtroppo qui ritroviamo il numeroso e chiassoso gruppo che c'era alla cascata. Tanto per risultare ancora più simpatici, sono saliti in massa fino alla sua sommità, occupandola abusivamente a tempo indeterminato.

In realtà non è una piramide, richiama solo vagamente quella forma. Però c'è una scalinata che porta sulla terrazza in cima. Sicuramente è qualcosa fatto dall'uomo, probabilmente un altare di qualche genere.

Andrebbe apprezzato con più calma e solitudine, ma oggi sembra di essere a San Lorenzo (uno dei quartieri della movida/spaccio della capitale), per cui prima di perdere troppo la pazienza faccio qualche foto e riprendiamo il cammino. Abbiamo un'altra tappa da vedere e non vorrei ritrovarmi gli abusivi anche lì.

Ritornati al bivio prendiamo il sentiero che scende in un'altra via e in un altro bosco.

Se in tutta la valle il passaggio degli etruschi è stato evidente, qui lo è ancora di più. Un accenno di via cava, qualche struttura ormai irriconoscibile ma sicuramente realizzata dall'uomo, tutto rigorosamente ricoperto di verde e da una penombra particolare che avvolge in una certa atmosfera da bosco magico e silenzioso.

Se non fosse per i bonghi.

All'improvviso

senza preavviso

si sente un pim pum pam.

No, non ho acceso la musica, e non c’è Elio che canta la sua canzone "Parco Sempione", ma più scendiamo, più ci avviciniamo a qualcuno che probabilmente è un fricchettone, forse drogato, che suona e non smette più.

Se all'inizio le percussioni sembravano qualcosa di rituale, ora abbiamo quasi la certezza che di rituale non ci sia proprio nulla.

Siamo immersi nelle strutture etrusche e la penombra sembra più pesante, anche se sono solo le quattro del pomeriggio pare che stia per arrivare la sera da un momento all'altro.

Per fortuna troviamo un bivio e capiamo che ci siamo lasciati alle spalle i bonghi finalmente:

Ma va a ciapà i rat!

Come per magia, quando arriviamo alla necropoli le percussioni non si sentono più.

Sembra un luogo incantato solo per il verde che ricopre i sarcofagi di pietra pesantissima che giacciono qua e là, sparsi come se fossero caduti da un camion in corsa. L'acqua che li riempie dà la sensazione che non siano stati del tutto svuotati.

Mi perdo a fare mille foto tra sarcofaghi, casette e altre strutture strane, poi come la sveglia della mattina, i bonghi riprendono a battere.

Anche la luce è sempre più bassa... Tamburi nell'oscurità... Mi viene in mente Moria e il “Signore degli Anelli”.

Stanno arrivando?

Non lo so. Comunque per noi è ora di tornare a casa e non abbiamo tempo per scoprirlo. Tantomeno se si trattasse di orchi e goblin.

Farei eccezione solo per il Balrog.

Come agili elfi silvani risaliamo la strada etrusca per spuntare dal bosco e scoprire che c'è ancora luce. La macchina non è lontana, anche questa volta siamo sani e salvi.

domenica 25 aprile 2021

Le gole del Biedano, da Barbarano Romano a Blera (e ritorno).

Con questo maledetto virus che non vuole andarsene io e Cassandra siamo ancora diffidenti a frequentare luoghi affollati. Ormai è un anno che non andiamo in centro e anche se ci dispiace molto aver interrotto i nostri giri alla scoperta della città eterna, ancora non ce la sentiamo.

Per questo motivo abbiamo rivolto il nostro sguardo all’esterno e, come l'estate scorsa, abbiamo trovato tantissime cose incredibili da vedere. Alcune sono talmente belle che non posso fare a meno di parlarne qui. Eh sì, anche stavolta mi scappa proprio da scrivere!

Quello di oggi è un giro bellissimo, più impegnativo di quello che sembra. Non tanto per la fatica, quanto per il tempo che richiede.

Partendo da Barbarano Romano si scende nella gola sottostante che qui chiamano forra. Sul fondo scorre il torrente Biedano che nel corso del tempo l’ha scavata pazientemente.

Appena vi entriamo si vede un bivio che da una parte porta alla bellissima necropoli di San Giuliano, dall’altra invece va a Blera, nostra meta di oggi.

Sembra di camminare in un bosco fatato, ricco di felci, una delle piante più antiche esistenti, e alberi ricoperti di muschio verde scintillante.

Il sottofondo del torrente ci accompagna mentre chiacchieriamo. Le tracce di cinghiali a terra sono lampanti, ma evidentemente si tengono alla larga da noi come se fossimo dei rivenditori di enciclopedie.

Lungo la forra incontriamo pochissime persone per cui, quando sentiamo delle voci, rimettiamo le mascherine incrociando dita e bastoncini.

Nella gola ci sono i resti, distanziati tra loro, di tre antiche mole.

Volendo ci si può anche camminare sopra per arrivare dall’altra parte del torrente, ma bisogna fare molta attenzione perché sono un po’ scivolose.

Scendendo più avanti a livello del torrente, si vedono delle cascatelle che passano attraverso le loro mura e formano un piccolo lago prima di scendere a valle. Siamo soli, sarebbe il posto ideale per consumare il pranzo, ma dopo aver scattato qualche foto il richiamo della foresta ci spinge a continuare la nostra esplorazione.

Proseguiamo su e giù per il sentiero indicato dai segnali bianchi e rossi, è quasi impossibile perdersi, quasi. In un paio di occasioni infatti seguiamo la pista sbagliata, soprattutto quando iniziamo ad arrivare nei pressi dello sperone su cui sorge Blera. Attorno ad essa infatti ci sono moltissimi sentieri e noi ne sentiamo il richiamo.

Ecco perché dicevo che è impegnativa: ci si ferma spesso per fare delle foto bellissime e poi ritornare sui propri passi quando si sbaglia direzione.

Comunque prendendocela comoda e partendo verso mezzogiorno, arriviamo al Ponte del Diavolo, sotto Blera, intorno alle 15:30.

Anestetizzati dal percorso bellissimo non ci siamo resi conto del trascorrere del tempo e della fame, così divoriamo solo ora il panino.

Iniziamo il percorso di rientro, che però non sarà lo stesso: prenderemo il treno.

A Blera infatti c’è una vecchia ferrovia la cui linea passa proprio per Barbarano Romano, dove abbiamo parcheggiato.

Ci sarebbe da vedere ancora molto altro solo nei pressi di Blera, ma l'oscurità incombe e decidiamo di tenerlo in serbo per la prossima volta.

Risaliamo dalla gola. Attraversiamo l'alto ponte sotto cui si intravede quello del Diavolo a fondovalle e ci incamminiamo verso la stazione.

Niente, per oggi non passano treni. Ci tocca andare a piedi.

La linea in realtà è stata abbandonata nel 1994, quindi percorreremo il tracciato dei binari fino all'altra stazione abbandonata.

Si tratta di una strada praticamente in piano e quasi in linea retta. Il primo tratto è all'interno di massicciate che contenevano il binario e il treno. Siamo praticamente in un canale che scompare gradualmente per lasciare spazio ai campi che separano le due località.

Rispetto all'andata ci sembra di correre, ma non è così. Camminiamo di buona lena perché dopo tutto siamo in inverno e il sole tramonta quando siamo ancora per strada, lasciandoci però quel poco di luce sufficiente a farci arrivare alla macchina.

Soddisfattissimi del giro, ma incuriositi da ciò che non abbiamo ancora visto, torniamo a casa un po’ come quelli a cui è stato stuzzicato l'appetito con un assaggino, risvegliando così la vera fame...

 

venerdì 23 aprile 2021

Calcata lungo la valle del Treja

Sai che c’è? Non ho mai visto questa famosa Calcata di cui mi parlano tutti. Andiamo a vederla, tanto non ci sarà nessuno.

E così una domenica mattina ci siamo messi in auto e abbiamo preso la direzione del borgo degli artisti e degli hippy.

Già a qualche chilometro di distanza, quando le strade si facevano sempre più strette, le auto in circolazione sembravano troppe per essere contenute in un piccolo borgo. Preso da un presentimento accosto al primo slargo dove sono parcheggiati già un paio di veicoli.

Quasi quasi ce la facciamo a piedi ed evitiamo la questua del parcheggio introvabile.

Lasciamo così l’auto all’imbocco di uno sterrato che segue il corso del fiume Treja. Guardando sulla mappa vediamo che poco oltre si arriva ai resti di un tempio etrusco. Pochi minuti e siamo già lì. 

Il sentiero proseguirebbe verso le cascate di Monte Gelato per circa cinque chilometri, ma oggi volevamo andare a Calcata, e se seguiamo il sentiero nella direzione opposta ci arriviamo... la scelta è facile.

Il percorso è molto verde e pittoresco, nonché bagnato. Il sentiero infatti costeggia il torrente e a volte è attraversato da qualche affluente che trasforma il terreno in palude. Incrociamo diverse persone, parte delle quali senza mascherina... Come se camminare all’aperto senza essere visti da troppa gente tenesse al riparo dal virus...

Giunti ai piedi del paese iniziamo la ripida, ma breve, salita.

Spuntiamo in una piazza di fronte all’ingresso del borgo dove ci saranno la bellezza di una decina di parcheggi, tutti occupati ovviamente. Abbiamo fatto benissimo a lasciare la macchina sulla strada.

Entriamo attraverso le porte assieme a diverse persone e ne troviamo molte altre nella piazza principale. Inizio a pensare che non sia stata una grande idea venirci ma, nonostante gli spazi ristrettissimi, Cassandra mi dice che non ha mai visto così poca gente a Calcata. Incoraggiato da questa fortuna mi infilo nei vicoli per vedere tutto quello che c’è: terrazze, negozi, gatti, persone.

Un piccolo angolo medievaleggiante, pittoresco e variopinto. Ci sono cose strane come un piccolo museo degli oggetti di tutti giorni del luogo degli ultimi cento anni, botteghe e qualche locale. Mi hanno raccontato che fino agli anni settanta era un normale borgo, poi hanno cominciato a venirci a vivere gli hippy e così si è svuotato della gente “normale” ed è diventato il borgo degli artisti.

Calcata sta su un cucuzzolo che domina le verdi valli sottostanti. Ci divertiamo ad esplorare tutti i cunicoli tra le case che portano alle varie terrazze. Alla fine arriviamo ad una che sta di fronte ad un altro cucuzzolo sopra cui si intravvede tra gli alberi il rudere di qualcosa. 

Io e Cassandra ci guardiamo in faccia e già sappiamo quale sarà la nostra prossima meta, ma non prima di aver mangiato il pranzo al sacco che ci siamo portati. Anche questa è stata una scelta azzeccatissima, non tanto per la questione Covid, quanto per le imprecazioni della gente che alle 14:00 sta cercando inutilmente un posto comodo per sedersi e farsi servire qualcosa di cucinato. 

Sarò crudele, ma sei a Calcata, cosa pretendevi? Con o senza Covid, Calcata è sempre Calcata: se non prenoti con 7 giorni di anticipo sei out! Sbagliando si impara, prima o poi, ma è incredibile quanta gente "sprovveduta" si incontri da quando è scoppiata la pandemia. Sazi di cibo e di risate sotto i baffi ridiscendiamo verso il fondo valle, attraversiamo il torrente e, invece di tornare verso l'auto, andiamo nella direzione opposta, verso quel che resta della chiesa di Santa Maria.

Una salita breve ma divertente ci porta ad una terrazza panoramica da cui si può ammirare Calcata che troneggia in questo verde fiabesco.

Troviamo i resti della chiesa, poi verso la torre che ancora si erge alle sue spalle, chiusa e non visitabile. Ai suoi piedi un sentiero che discende leggermente verso Calcata. Proviamo a seguirlo pensando che ci sia un'altra via da seguire, ma invece troviamo delle case scavate nella roccia. Chissà da quanto tempo esistono.

Con calma torniamo sui nostri passi e, giunti infine alla macchina, vediamo che la gente è notevolmente aumentata. Anche se ci era venuta una certa idea di continuare per esplorare Narce o la valle del Treja, decidiamo di tenercele per un'altra occasione, magari quando ci saranno meno persone in circolazione.