Salutiamo Homer, la sua baia
ed il suo mare. Ci aspetta un altro bel viaggetto prima di lasciare la macchina
ed imbarcarci per un lunghissimo volo verso casa.
Prima però dobbiamo
riattraversare le foreste che ci separano da Anchorage. Al contrario di ieri la
giornata è cupa, forse il sole ha scatenato un po' troppa umidità nell'aria, ma
quando lasciamo la costa e arriviamo nell'entroterra la foschia sembra
aumentare. Quando iniziamo a sentire odore di bruciato il sospetto che non sia
proprio foschia scompare definitivamente. C'è un incendio da qualche parte. Un
incendio in Alaska? Come è possibile?
Evidentemente con tutte quelle
piante morte o morenti che abbiamo visto e il caldo estivo, lo scatenarsi di
incendi non sembra più un'idea così balzana.
Più avanziamo e più l'aria
diventa irrespirabile, nemmeno con i finestrini chiusi e i fazzoletti sulla
bocca si riesce a respirare bene. Il fumo ormai è diventato una nebbia
visibile, anche se non ancora impenetrabile come i banchi della val padana.
Iniziamo a temere che da un
momento all'altro ci si possa trovare di fronte ad un muro di fuoco, e solo
quando scavalchiamo un passo per finire nell'altra valle il fumo scompare
rapidamente.
Poi venitemi a raccontare che
il riscaldamento globale non esiste... Sono solo due settimane che siamo qui e
già abbiamo visto più prove della sua esistenza che di quelle a favore del
Bigfoot, dello Yeti e del Chupacavra messe assieme.
Quando poi arriviamo ad
imboccare nuovamente la strada per Anchorage, la Seward highway, l'incendio non
è già più nei nostri pensieri. Alessandro, Alberto e Cassandra si sono
appisolati, mentre io e Pier stiamo scandagliando la mappa in cerca di un
distributore di benzina. Si è accesa la spia della riserva. Per tutta la durata
del viaggio ci siamo affidati all'utilissima applicazione Maps.me che
sfruttando il gps del telefono fa da navigatore. L'auto segnala che l'autonomia
rimasta è di circa 100 chilometri, mentre il prossimo benzinaio è ad 80/90. Si
sa che l'autonomia segnalata dall'auto di solito è indicativa del consumo fino
a quel momento, per cui iniziamo a sudare freddo, anche perché ci manca la zona
delle montagne da oltrepassare. Tutta in salita.
Da buon ex camionista il Pier
mantiene bassa la velocità media, formando code chilometriche dietro di noi che
cercano di sorpassarci quando la carreggiata si allarga per brevi tratti.
Quando arriviamo a quarantadue
chilometri dal distributore inizio a fare i conti di quanto ci metterei
correndo. Qualche mese fa alla maratona di Firenze mi sono bastate 3 ore e 27
minuti. Ora non sono assolutamente in forma e ho pure una mezza contrattura
alla coscia per cui temo che ci metterei molto di più, ma a Pier non glielo
dico, già lo vedo abbastanza preoccupato.
Così man mano che avanziamo e
l'autonomia dell'auto diminuisce, cerco di rassicurarlo dicendogli, beh
dai, 30 chilometri te li faccio in due ore e mezza. 20 chilometri in un'ora e
34. Tra il meno 20 e meno 18 finalmente scavalchiamo la cima ed iniziamo la
discesa, ormai sembra fatta.
10 chilometri.
8 chilometri.
Anche nelle condizioni in cui
sono ormai potrei farcela in mezz'ora circa, ma se ci arriviamo in auto dal
benzinaio è anche meglio.
5 chilometri.
2 chilometri.
1 chilometro.
Benzinaio!!!
Coda...
Essendo il primo distributore
che incontriamo in 100 chilometri c'è ovviamente un ingorgo come sul casello di
Melegnano al rientro da Pasquetta.
Comunque anche stavolta ce
l'abbiamo fatta. Doveva essere una giornata noiosa e al massimo rilassante,
invece ha riservato non poche emozioni, e non è ancora finita.
Rientriamo ad Anchorage dove
ci aspetta un sole luminosissimo ed un traffico traffichissimo, per quanto
riguarda l'Alaska eh.
Andiamo allora a vedere il
museo della cultura dell'Alaska che non abbiamo potuto visitare il primo giorno.
Piccolino ma interessante.
Poi facciamo un giro per il
centro in auto, in modo da cercare l'Hard rock caffè dove Alberto vuole
comprarsi la maglietta, quindi shopping. Prima Wallmart e poi qualche
negozietto del centro.
Proviamo a dare un'occhiata ai
monumenti che sono segnalati dalla guida, come quello ad Eisenhower, ma
alla fine si rivela essere un piccolo monumento che rivaleggia con quello ai
caduti che sta in piazza della vittoria all'Oca di Trevi.
Proseguiamo allora per
l'aeroporto, dove ci dobbiamo imbarcare...
Ci siamo, manca poco, solo la
fila per il check in. Automatico? Davvero?
C'è una fila incredibile e non
sembra avanzare minimamente. In pratica la United, la compagnia con cui
viaggiamo, ci lascia fare a noi il check in, servendoci delle macchine
automatizzate. Risultato: un bagno di sangue. Rimaniamo in coda per almeno
un'ora e quando ne usciamo abbiamo giusto il tempo di salutare velocemente Pier
e Alessandro che si imbarcheranno più tardi.
Tirando le somme del viaggio
non posso dire di essere rimasto deluso, anzi, mi è piaciuto molto. Come sempre
ci sono lunghi trasferimenti da affrontare, ma del resto è normale: noi non si
va in vacanza in un posto di villeggiatura per stare sdraiati sotto
l'ombrellone, noi si gira il mondo cercando di vedere più cose possibili in
poco tempo, cercando di apprendere, di assaporare le atmosfere differenti che
si possono sperimentare solo viaggiando.
Certo che se non avessimo
visto gli orsi non sarei tornato a casa così contento, diciamo che ci avrei messo
qualche tempo per scalzare la delusione e tornare ad apprezzare ciò che di
bello abbiamo visto e fatto, ma in ogni caso il gioco vale la candela, anche
perché sono convinto che se fossimo partiti con la certezza di poter fare tutto
quello che le guide promettono, poi alla fine non avremmo apprezzato
completamente l'avventura vissuta.
L'Alaska è un paese
meraviglioso, molto caro, ma che merita di essere visto. Probabilmente ce lo si
gode di più a giugno e settembre, quando c'è meno gente ed è più facile trovare
alloggi. Purtroppo le escursioni sono sempre carissime, per quelle il mese di
visita non cambia nulla. In definitiva lo consiglio se si ha una certa
disponibilità economica, altrimenti per farsi un viaggio del genere e poi non
avere la possibilità di fare delle escursioni perché costano troppo... non ha
molto senso, anche perché la questione è sempre quella: quando ci torni?
Piuttosto consiglierei di
vedere altri posti più economici e magari altrettanto belli, anche se in
maniera differente.
Si vede che in aereo avevo
tempo di pensare, del resto il viaggio per tornare a Roma è stato lunghissimo e
non sono quasi riuscito a chiudere occhio, mangiavo ogni tre o quattro ore e
sarò atterrato con due o tre chili più di quando sono partito... Hai voglia a rimettersi
in forma per la maratona....