venerdì 2 agosto 2019

Giorno 14 - Taxi boat - Tram carrucola- Lago del ghiacciaio - Trail finale



Dopo tanti giorni di inattività fisica oggi si ritorna a camminare un pochino, è l'ultimo giorno e magari sgranchendo le gambe ci distraiamo un po' e non pensiamo che manca poco al nostro ritorno a casa, dove ci aspettano quaranta gradi...

Per la giornata di oggi il Pier ha prenotato un taxi boat, praticamente una nave da sbarco che ci lascerà dall'altra parte della Kachemak bay, nel parco statale del Kachemak. 

Oltre al taxi boat abbiamo dovuto pagare un obolo anche per entrare in questo parco, perché essendo statale e non nazionale, la tessera dei parchi che Pier si era portato non è valida. Pochi dollari, niente di che.

In circa mezz'ora di traversata arriviamo sulla spiaggia opposta, dove il taxi abbassa la paratia e noi saltiamo giù senza nemmeno bagnarci.

Il programma della giornata prevede un paio di trekking e una piccola deviazione. Il rientro è fissato alle 17:30, su un’altra spiaggia ad una decina di chilometri da qui. In realtà il Navi-tassinaro voleva venirci a prendere alle 16/16:30, ma considerata la nostra proverbiale lentezza ci siamo tenuti larghi.

Sono circa le 11 quando iniziamo a camminare sulla spiaggia alla ricerca del sentiero per il primo trekking. Ci mettiamo meno di mezz'ora a trovarlo e da qui il paesaggio cambia completamente: siamo immersi in una foresta fittissima e verdissima. Presenza di orsi, neanche a dirlo, sicura. Per fortuna non li vediamo ma se ci sono e loro ci sentono ormai siamo sicuri che ci staranno alla larga. Per evitare sorprese di ogni genere stiamo vicino ad Alessandro che ha un bel campanello anti-orso attaccato allo zaino.

Ci mettiamo poco ad arrivare alla prima deviazione, dove il bosco si apre e il percorso gira a sinistra. Passiamo tra una selva di alberi caduti ma dal rumore che sentiamo siamo ormai vicini all'acqua. Difatti spuntiamo proprio sopra un fiume che scorre impetuoso sopra di noi.

L'unico modo per passare dall'altra parte è prendere il tram.

Solo che qui il "tram" non si muove con i cavalli motore, ma con la forza delle braccia.

Si tratta di una cabina aperta con due posti a sedere appesa ad un cavo d'acciaio tipo seggiovia. Per arrivare dall'altra parte bisogna tirare le corde, in questo caso però non c'è problema se la corda si tira troppo, anzi. 
La cabina è dall'altra parte perché è appena stata utilizzata da un altro gruppo, per cui ci tocca riportarla indietro.
Quanto pesa!
Anche vuota, tutta di acciaio, è molto pesante e fatichiamo un pochino a farla arrivare a destinazione. Per sicurezza decidiamo di non attraversare nemmeno fino all'altra sponda.

A turno saliamo sul mezzo volante e arriviamo fino a metà, dove ci godiamo la vista e poi torniamo indietro.

Con un passeggero, la cabina diventa ancora più pesante. Saggia decisione quella di non arrivare dall'altra parte.

Mi chiedo, se fossimo stati solo io e Cassandra, e avessimo dovuto per forza attraversare il fiume perché inseguiti da un orso, quanta fatica avremmo fatto per giungere a destinazione…

Dopo che tutti hanno fatto il loro faticoso giro in giostra, lasciamo questa improvvisata palestra e torniamo sui nostri passi per riprendere il percorso da cui avevamo deviato.

Da lì fino alla prossima tappa non passa nemmeno un'ora. Sbuchiamo su un lago ricco di iceberg che vengono a morire sulla spiaggia dove ci accomodiamo a riposare e pranzare. Laggiù in lontananza c'è l'avanguardia del grande ghiacciaio da cui arrivano le isole di ghiaccio.

Non siamo gli unici che si godono il fresco, diverse persone stanno pranzando comodamente seduti su rocce o tronchi in contemplazione del ghiaccio. Li imitiamo in quasi totale silenzio. Dall'acqua si sente quel caratteristico rumore che sembra acqua che bolle, ma che invece è il ghiaccio che si rompe crepitando.

Di tanto in tanto mi guardo in giro, nella zona sono stati avvistati spesso orsi, ma per fortuna, o per sfortuna, oggi non ce ne sono. Mentre rifletto su quanto ci metterà a sciogliersi completamente il ghiacciaio, mi cade l'occhio su una grossa pietra luccicante.
Ho trovato l'oro? In Alaska è noto che c'è stata la corsa all'oro, ma era nella zona del Klondike, molto più a est di qui. Questa è pirite e Alessandro me lo fa notare girando la pietra che nella parte opposta è ferrosa e ossidata. Preso da una malsana curiosità geologa afferro un'altra grossa pietra e la tiro su quella ferrosa per cercare di spaccarla e vedere se all'interno ce ne è di più. Ovviamente il mio tentativo fallisce miseramente, più volte. Alessandro allora ne raccoglie un'altra più grande e la cala con forza sulla prima. Come risultato la pietra ferrosa non viene scalfita, ma il suo dito indice purtroppo ne fa le spese... forse si è rotto... 

Ora mi sento in colpa. Potevo farmi i cavoli miei invece di giocare al geologo pazzo???

Il dito perde pure sangue, ma Alessandro non si scompone, ha tutto il necessario per i medicamenti ed io lo assisto in silenzio per non distrarlo e fargli commettere errori, un po' come Igor di Frankenstein... A parte un paio di flebili versetti non lo sentiremo più lamentarsi del dito rotto. Io non avrei reagito così.

Cerchiamo di distrarci girando attorno al lago glaciale per vedere se si può raggiungere in qualche modo la parte del ghiacciaio da dove si staccano i muri gelati, ma è troppo lontano ed il lago ad un certo punto diventa invalicabile.

Facciamo dietrofront, recuperiamo Alessandro, che si era disteso su un masso a prendere il sole, e ci avviamo sul sentiero che ci porta all'altra costa, dove il taxi ci deve venire a recuperare.

Il percorso è carino e la giornata soleggiata non ci fa quasi pensare di essere in Alaska, ma è comunque un trekking molto bello, anche se alla fine si rivela breve.

Arriviamo sulla spiaggia un pochino prima delle 16:30, dove Alberto ci aspetta. Alla fine aveva ragione il navi-tassinaro sull'orario. Poco male, abbiamo tempo per rilassarci all'ombra sulla spiaggia, con un mare splendente ed un'aria fresca, divertendoci a scovare le tracce di orsi che sono passati di lì, forse neanche da troppo tempo.

Alle 17:30 il taxi boat arriva puntuale e ci carica avvisandoci che forse nel viaggio di ritorno balleremo un po'. Difatti c'è un pochino di vento contro e qualche salto lo faremo, ma tanto siamo comodamente seduti sulle nostre sedie da campeggio. L'unico che rimane in piedi è l'inamovibile Alessandro che, da esperto navigatore asseconda i salti della barca come se fosse su una tavola da surf.
Scendiamo leggermente scombussolati ma tutto sommato contenti, come ultimo giorno da turisti non è andata male, anzi.

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