lunedì 1 aprile 2019

Aspettando Milano 2019


Non ci posso fare nulla, la maratona di Milano per me significa dolore e sofferenza. Non è ancora cominciata, manca una settimana, ma è sempre la solita storia. Nonostante sia alla mia quarta partecipazione mi ostino a voler tornare su quelle strade, forse per esorcizzare questa maledizione, forse perché in fondo sono un pochino masochista e mi piace soffrire. Del resto fare una maratona per un quarantacinquenne come me, con tutti gli infortuni subiti ed i conseguenti acciacchi, vuol dire proprio andarsela a cercare. 
Mi sono preparato bene, anche stavolta ho fatto i compiti. 
Durante le uscite in settimana ho incontrato tanti amici che mi hanno aiutato, sostenuto e incoraggiato. Tutte persone fantastiche senza le quali avrei patito non poco questa seconda tabella quasi consecutiva a quella di Firenze. Del resto chi corre al parco degli acquedotti, che vada piano o forte, non può che essere un appassionato come me, capace di una forte empatia sportiva.
Alla domenica poi ho sempre ritrovato con piacere il Gruppo delle 6 per i lunghi. Anche se dopo la maratona, nel fine settimana, correremo ancora assieme per un paio d’ore, mi mancheranno i lunghissimi, specialmente quelli da tre ore che, fatti in compagnia, volano veloci come delle serate passate tra vecchi amici.
Alla Roma Ostia ho nuovamente superato me stesso, rimanendo sempre tra le persone normalissime eh, sia ben inteso, però ho avuto la soddisfazione di battere il mio fantasma del Nat… ehm... volevo dire il fantasma della Roma Ostia passata.



Sarà che è una gara “facile”, quasi tutti dritta, però a me piace sempre tantissimo correrla, con quella discesa infinita che porta al mare e al traguardo. La salita non l’ho quasi sentita, anzi ho dovuto calmarmi per non accelerare. Stavo molto bene quel giorno e quando stai bene è una bellissima sensazione.
(Versione frate indovino)
Poi però c’è la maratona da fare, la tabella da riprendere, ancora. I problemi si manifestano sempre all’ultimo momento. L’anno scorso dieci giorni prima ho iniziato a sentire dolore e ho finito a tre giorni della gara.
Quest’anno il dolore è iniziato prima, solo che è più subdolo perché mi consente ugualmente di correre, ma non come vorrei. Va da sé che faccio più fatica e non riesco a divertirmi quanto desidero.
Sarà che è la seconda maratona nel giro di cinque mesi ed il mio fisico non ce la fa più, il sospetto è sempre più forte, ma l’orgoglio si ostina a dirmi di non ascoltare le sciocche lamentele che le gambe mi lanciano ogni volta che infilo le scarpe da corsa.
Ma sarà l’ultima volta. Sì dai, è l’ultima volta che faccio la maratona di Milano, ormai sono grande e vorrei andare anche da qualche altra parte, prima che sia troppo tardi, ovvero prima che mi stanchi di sottopormi a queste prove.
Quindi con coraggio, arnica, cerotti antidolorifici e incoscienza, i miei quattro cavalieri dell’apocalisse, mi presenterò sulla linea di partenza assieme a Flavio, il mio amico romano in trasferta. 
Senza ambizioni di tempi correrò, meglio che potrò, cercando di lasciarmi alle spalle tutto e tutti, pensieri angosciosi, brutti e dolorosi che siano. Voglio solo stamparmi sul volto il solito sorriso e salutare e strizzare l’occhio come una mezza celebrità, agli spettatori che ammiccheranno al mio cappellino portafortuna. 
Ora che lo sto scrivendo mi rendo conto che non vedo l’ora che la gara inizi, ma non perché una volta finita termineranno anche le mie ansie, quanto perché voglio divertirmi, voglio correre ancora e ancora.

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