Questa
è la frase di Filippide, che duemila e cinquecento anni fa, dopo
aver corso quarantadue chilometri, disse per riportare ai suoi
concittadini ateniesi l'esito della battaglia di Maratona. Dopo di
che morì.
Sono
molte le citazioni che potrei usare per iniziare questo capitolo, ma
non voglio elencarle tutte perché non è di questo che voglio
parlare.
Ciò
che conta ora è che ce l'ho fatta!
Ora
posso finalmente dire di essere anche io un maratoneta.
La
mia personale battaglia è vinta.
Fino
al giorno prima non avevo molte speranze di arrivare in fondo. La
settimana di gastroenterite mi era costata due kg del mio già esigue
peso. Per non parlare di chissà quante energie andate perdute.
Pessimisticamente
già pensavo che se non ce l'avessi fatta mi sarei potuto fermare al
ventesimo o al trentesimo chilometro in prossimità dei cambi degli
staffettisti.
Per
cercare di tranquillizzarmi, la sveglia era prevista per le cinque e
trenta, la sera prima ho cercato di andare a letto presto.
Per
sicurezza mi sono bevuto una camomilla e non contento ho pure preso
mezza pastiglia di Tavor oro. Inutile dire che non ha funzionato.
All'una e mezza ero ancora sveglio che cercavo di distrarmi passando
dalla lettura di un fumetto, ad un libro e poi ancora un fumetto.
Ho
perso il conto di tutte le volte che sono andato in bagno, spinto da
un'insistente stimolo di urinare, sperando ogni volta che sarebbe
stata l'ultima. Non so a che ora sono riuscito ad addormentarmi. So
solo che quando la sveglia è suonata ero pronto.
Prima
della partenza sono riuscito a ritrovarmi con Sandro, l'amico che per
primo mi ha spronato a fare questa esperienza. Senza il suo esempio
ed entusiasmo non mi sarebbe mai venuta la voglia di imbarcarmi in
un'impresa simile.
Assieme
a tutto il gruppo dell'Avis ci siamo accodati alla fiumana di gente
che scalpitava per partire.
Mi
sentivo bene.
Mentre
aspettavamo l'ora della partenza mi sentivo proprio bene. Ho pensato
che forse ce la potevo fare.
Mi
ero preparato la gara con quattro piccole borracce di integratore da
usare ogni dieci chilometri. Per sicurezza avevo portato anche un
paio di maltodestrine, ma non avendo alcuna esperienza mi sono fatto
prendere la mano e me ne sono bevuto una appena prima di partire...
Oltre
a me sarà la prima esperienza anche di Stefano, Giovanni, Ivana e
Tony.
Boom!!!
Il
cannone ha sparato! Non c'è più tempo. La gara è iniziata.
I
compagni dell'Avis, maratoneti esperti come il presidente dell'Avis
Mauro, Renato, Dario, Antonio e Michele, correranno con noi cercando
di sostenerci.
Il
ritmo si attesta subito sui sei minuti al chilometro. E' quello che
si era prestabilito di mantenere per arrivare fino in fondo.
I
primi dieci chilometri passano e non sento problemi. Ai ristori non
ci fermiamo nemmeno. Ogni volta afferro al volo un pezzo di banana,
un'arancia, un bottiglia d'acqua e continuo.
Le
uniche soste dovute sono per la toilette. A tal proposito utilizzo un
albero del parco di trenno e, cosa un po' più inusuale, un muro
dalle parti di corso Como...
Quando
scappa, scappa.
Proprio
dopo il secondo pit stop capisco di poter arrivare fino in fondo.
Riesco a recuperare gli altri che mi avevano seminato e senza
problemi riprendo il mio posto nei ranghi.
Purtroppo
devo salutare Sandro che sta rallentando un pochino.
Arriviamo
ai 24 km e dalle parti di piazza della Repubblica e troviamo i primi
tifosi: le famiglie di Gio e Stefano, Alessandro e Donato ci
aspettavano.
Incontriamo
anche l'amica Loriana che è venuta a vederci e tutta sola riesce ad
imbastire un tifo per venti persone.
Lentamente
il peso dei chilometri inizia a farsi sentire nelle gambe ma va
ancora tutto bene.
Dalle
parti di porta Venezia incontriamo anche il fratello di Ivana con la
sua famiglia.
Sono
incontri magici perché il tifo ed i sorrisi che ci accolgono
cancellano dolori e stanchezza.
Quando
passiamo dal Duomo c'è anche Lucetta ad aspettarmi. Appena la vedo
corro da lei emozionato. Lei mi chiama quasi in lacrime.
Io
mi fermo un attimo, le lascio il bacio più appassionato che posso in
quel frangente e riparto.
Per
circa dieci minuti non sentirò più nessun dolore.
Al
trentesimo chilometro incrociamo Emilio dei QDR che ci incita alla
grande e poi ancora le famiglie Pezzali e Codevilla, Alessandro,
Donato e Loriana.
Un'altra
accoglienza fantastica.
Era
quello che ci voleva per iniziare la salita verso il tratto finale,
il più temuto, il più duro, il più difficile, il più insidioso.
Le
gambe si stanno facendo sempre più dure e protestano dolorosamente
il loro disappunto sullo sfruttamento e l'abuso a cui le stiamo
sottoponendo.
Scattano
anche degli scioperi. Tony viene colpito dai crampi per ben due
volte.
Quando
accade sento che c'è stato un problema nel gruppo, ma non riesco a
fermarmi. Se lo facessi non credo riuscirei a ripartire. E' ancora
troppo presto e non sono arrivato fino a qui per fermarmi a pochi
chilometri dal traguardo.
Con
lo sguardo basso sul selciato stringo i denti e mi accodo agli altri
contando i chilometri. Perdo un po' il contatto con la realtà.
34
Sono
ancora li, ma chi gioca in prima base?
35
Il
dolore è un costante compagno, ma chi ha sbagliato? Pagliuca?.
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Non
vedo quasi più niente... Giro, giro tondo...
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Sento
i palloncini sventolare... Luke, usa la forza...
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Li
sento ma non so più dove sono... Lei mi ha deluso per l'ultima
volta...
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La
in fondo c'è un ristoro?
40
Sono
rimasto da solo?
Gli
altri sono tutti dietro di me. Il dolore alle gambe è quasi
insopportabile. Approfitto del ristoro per fermarmi a bere. E' la
prima volta che lo faccio.
Pochi
secondi e riparto assieme agli altri. Solito ritmo, anzi no. A volte
si va un pochino più veloci.
Qualcuno
del gruppo è andato avanti. Le gambe mi si muovono da sole mentre
rimango al fianco di Mauro e Ivana.
Mentre
giriamo attorno all'arena delle urla di incitamento ci distraggono,
sono una manna dal cielo. E' Loriana che è arrivata anche qui con il
suo entusiasmo benefico.
Mancano
poche centinaia di metri. All'ultima curva il tifo ai bordi del
percorso si fa sempre più caldo.
Ivana
ha un piccolo cedimento. Inizia a lasciarsi andare troppo presto alle
emozioni. Mauro la riprende e incitandola la spinge ad aumentare il
passo.
Mi
lasciano indietro, ma sono contento perché mi godo in tranquillità
lo spettacolo degli ultimi duecento metri.
Il
tifo, l'atmosfera, l'euforia, il tripudio.
Non
sento più dolore.
Sto
letteralmente volando.
Sono
così felice che non riesco a trattenermi e la commozione mi assale.
Mi
guardo indietro e vedo che sono stato perfino sotto le quattro ore e
trenta minuti. Un miracolo!
Gioia
pura.
Non
credevo sarei stato capace di provare una sensazione così forte.
Sono estasiato nonostante il dolore che è ritornato a farsi sentire.
Ce
l'ho fatta davvero!!!
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