Le premesse erano risapute: temperature che arriveranno fino a 19 gradi verso mezzogiorno e freddissimo ai blocchi di partenza.
Il ritrovo alla metro con gli amici e compagni di battaglia è sempre divertente, un po’ meno per le persone che alle 6,30 condividono il vagone con noi.
Sono previste circa 20000 persone solo per la maratona, più altre 20000 per la staffetta e la corsetta.
Ai camion già si intravede che Roma non ha mai visto così tanti partecipanti e ci perdiamo quasi subito.
Proverò a correre con Norma come l'anno scorso sperando di replicare la bella gara, ma qualcosa mi dice che non riuscirò a starle dietro.
Sarà che non ho chiuso occhio se non per un paio d'ore?
Prima di entrare in griglia incontriamo William che ci aveva accompagnato per diversi tratti aiutandoci. Stavolta lui farà la staffetta, la prima e l'ultima frazione. Infatti non lo vedrò più.
Griglia A, appena dietro i Top runner. Mai successo prima. C'è stato un errore, ma è anche la griglia assegnata a Norma. Si vede che era destino.
Ci infiliamo nelle retrovie e troviamo anche Elisabetta, giusto il tempo per un selfie e si parte!
Siamo proprio sotto al palchetto di Giulio. Quest'anno fa da spettatore. Daje Giulio! Solo per questa volta eh.
Come profetizzato da Norma, l'imbuto dei primi 600 metri ci fa sbattere l'uno contro l'altro come palline del flipper, ma in questo modo sblocchiamo il personaggio segreto della maratona: Dario, amico di Norma e grande maratoneta esperto. Ci aggreghiamo a lui che è un decano e, appena la strada lo consente, cerchiamo di dare gas e recuperare i secondi perduti nel flipper.
I primi chilometri volano, forse troppo veloci. Nonostante il sole già sia presente e fastidioso, siamo tranquilli e senza fatica.
Arriviamo a San Paolo, poco dopo c'è il ristoro dei Road Runner (chilometro 8,5). Li chiamo, rispondono:
“Daje Norma!!! Vai Norma!!! Norma non mollare!!! Siamo tutti con te Norma!!! Facce n'autografo Norma!!!”
Tutti per Norma.
Ok, è innegabile che Norma è molto più carina di me, e che è di Roma.
Ma il Road Runner, sono io. Eddaje su!
Protesterò formalmente col presidente e il responsabile rifornimenti.
Il ritmo è ancora più alto dei desiderata, 4.55 di media, ma stiamo bene. Continuiamo così finché ce la facciamo, poi ci pensiamo.
Tra una battuta e l'altra arriviamo col sorriso a San Pietro.
Inizio a sentire le gambe un po’ rigide. Penso sia normale visto che non ho dormito e con questo sole mi sto disidratando più velocemente, per cui bevo più che posso, mangio (forse troppo). Continuo a correre tranquillo fino al 21esimo chilometro, quando incontro Cassandra che, nonostante il sole caldo, è li ad aspettarmi.
Un’ora e 43 minuti.
Se continuasse così farei il personale, anche perdendo un po’ nella seconda parte andrebbe benissimo. Non faccio lo schizzinoso.
Arriviamo al Foro Italico, lo attraversiamo e ci buttiamo sul ponte dello Stadio per attraversare il Tevere.
Proprio dall'altra parte, intorno al 27esimo chilometro, accade qualcosa di strano.
D'improvviso il buio.
Chi ha spento la luce?
Di colpo sento la pressione abbassarsi ad ogni passo che faccio e la luce attorno a me si affievolisce.
Come se avessi delle ruote che lentamente iniziano a perdere aria.
Immaginavo che sarebbe potuto arrivare il momento in cui vedevo Norma e Dario andarsene, ma forse non così presto.
Mi gioco la carta del ristoro e riesco a riprendermi bevendo dei sali che mi danno subito beneficio. Daje.
Al Villaggio Olimpico però la luce si spegne ancora.
La pressione delle gomme è completamente andata.
Metto le quattro frecce, accosto e prendo una bottiglietta d'acqua. Cammino bevendo un po’.
Norma e Dario ormai stavolta sono scomparsi dietro la curva. Au revoir!
Inizia qui una nuova gara per me, solo contro i miei incubi. I limiti fisici di oggi mi vanno ancora più stretti...
Cammino fino a ritrovarmi all'ombra di un palazzo. Qui mi sento meglio, la pressione sembra essere risalita. Ma allora è proprio il sole la mia cryptonite!
In zona Flaminio ci arrivo. Luce in faccia e la pressione torna a calare, altro stop.
Prendendo i sali ricomincio a correre ad un ritmo decente che mi porta sul Lungo Tevere. Al sottopasso ci sarà Cassandra a salutarmi.
Circondato dal buio non la vedo, ma non sento nemmeno le sue urla a causa del fracasso di una band
(oggi festeggiano anche San Patrizio). E pensare che in ogni altro posto in cui sono passato i gruppi musicali erano sempre stati in pausa...
Entro nel centro e qui il tracciato della gara ha dato il peggio: tantissime curve e strade strette con gente che attraversava alla cieca rischiando di prendere qualcuno in corsa. Una signora viene centrata in pieno e sbattuta su altri due runner.
Uno per evitarla si è stirato davanti a me.
Troppo stressante come percorso. Poche persone a bloccare gli spettatori. Organizzazione pessima.
Per carità, capisco anche il pubblico. A fine gara Cassandra mi racconterà di come lei e tantissima altra gente, siano rimasti in zona centro intrappolati dalle transenne che non permettevano loro di seguire la gara o raggiungere il traguardo né la più vicina fermata metro per poter liberare il percorso dal loro ingombro.
Così si fa solo arrabbiare atleti e pubblico. Si devono creare alternative per far defluire gli spettatori, anche per questioni di sicurezza. Pessimo risultato.
Su via del Corso il caldo che sale dell'asfalto è insopportabile e devo camminare ancora.
A piazza del Popolo ci arrivo correndo e vedo Cassandra che mi saluta. Sono stremato e vado avanti con quel poco di adrenalina che la sua presenza mi regala.
Su via del Babbuino però devo camminare ancora. Ormai i palloncini mi superano uno dopo l'altro: 3.30, 3.35... solo l'orgoglio mi fa ripartire al loro inseguimento, almeno fino al prossimo stop su via del Tritone.
Vado avanti così fino a quattro chilometri dalla fine quando incontro Andrea, il mio amico sardo che ad ogni maratona vedo tra il pubblico a fare foto. Intuendo il momento difficile inizia a seguirmi in bicicletta spronandomi.
Mi chiama e mi dice di correre assieme a Mario.
Chi?
Alzo lo sguardo e vedo un signore con scritto Mario sulla maglietta. Questo stremato mi guarda e dice:
"Ma chi è questo? Macchevvole?"
Io sorrido e saluto Mario.
In quel momento siamo all'ombra e riesco a correre fino alla salita dell'Ara Coeli, dove devo mettere la ridotta per salire.
Andrea mi segue sempre fino a via di san Gregorio quando anche i palloncini delle 3.40 mi superano. Riparto d'orgoglio per gli ultimi due chilometri e arrivo alla salita del Colosseo.
L'ultimo rettilineo lo faccio praticamente in apnea per non lasciare andare la poca aria rimasta.
Al traguardo spengo il motore e stop.
Vorrei lasciarmi andare e piangere di gioia, ma non ne ho le forze! Mi appoggio sulle transenne per potermi finalmente rilassare e respirare.
Ruote e carrozzeria cadono in pezzi sui sampietrini.
E anche questa maratona se la semo tolta dai... cosiddetti!
Che dire? Ovviamente avrei voluto finirla meglio e non da solo, ma per la stranezza e le difficoltà incontrate lungo il percorso sono comunque contento di essere arrivato al traguardo, con calma, senza fretta, con dignità e consapevolezza che oggi per me più di così non si poteva fare.
Meglio fare un salto dal meccanico/gommista prima di tornare a casa, giusto per non rimanere a piedi...
P.s.: Nota per la prossima maratona: evitare di correre con la cryptonite!