venerdì 21 maggio 2021

Blera - Vie cave - Necropoli di Pian del Vescovo - Necropoli del Terrone

L'avevo detto che saremmo tornati a Blera per vedere i rimasugli di quello che non avevamo visto? Oggi siamo di nuovo qui.

Stavolta però è un venerdì. Causa imposizione ferie forzate, eccoci nuovamente sulle tracce degli etruschi con la speranza di trovare meno gente, cosa che effettivamente è avvenuta. Purtroppo abbiamo incontrato anche moltissime tracce del loro passaggio. Appena scesi nella forra in direzione del ponte del Diavolo, la sporcizia, probabilmente lasciata dai turisti della domenica, era piuttosto evidente. Peccato. Un posto così bello non merita di essere usato come pattumiera.

Dal ponte del Diavolo risaliamo dalla parte opposta del torrente in direzione dell'antica via Clodia e di una piccola tagliata, alla fine della quale spunta un cucuzzolo un po’ nascosto, da cui si può ammirare la valle sottostante e Blera.
Risaliamo la strada subito dopo il ponte. Sembra un'altra via cava molto più grande, roba che poteva essere l'autostrada delle vie cave.

Poche centinaia di metri nell'abitato, imbocchiamo sulla destra la strada che ci riporterà nelle forre passando attraverso altre vie cave. Sono piuttosto scivolose, per cui procediamo con calma.

Verso la fine di queste, circa mezz'ora più tardi troviamo la parte più spettacolare con tombe o case, e un paio di cunicoli scavati nella roccia. Uno di questi passaggi si affaccia direttamente sul Biedano. L'altro invece sembra proprio la prosecuzione del primo ed entra nel cuore della montagna.

Provo ad infilarmici con tutto lo zaino illuminandolo con la luce del cellulare ma diventa sempre più stretto. Per non rischiare di rimanere incastrato, preferisco tornare indietro senza essere riuscito a scoprire dove porta. La prossima volta devo tornare con la torcia da speleologo ed entrarci senza zaino...
Usciti dalla via cava troviamo l'indicazione del colombario. Seguendo il torrente torniamo un pochino indietro e dopo pochi minuti lo troviamo.
C'è perfino una scaletta di metallo per aiutarci a salire ed entrare nel grande ambiente.
Sembra essersi conservato piuttosto bene nonostante le dimensioni ragguardevoli. Le cellette sono perlopiù intatte.
Torniamo indietro al bivio e, seguendo sempre il corso del torrente, ci dirigiamo verso la necropoli di Pian del Vescovo. Sopra di noi e sulla destra ci sono molte tombe che compaiono sul bordo del sentiero, ma non sono visitabili.

Il fango le ha praticamente riempite lasciando una piccola fessura. Ora probabilmente sono diventate tane per qualche animale selvatico.

Arriviamo a Pian del Vescovo che è ora di pranzo, ci fermiamo prima di vedere tombe che si affacciano sulla piana.

Dopo mangiato le visitiamo molto accuratamente perché sono le più belle viste oggi.

In più ci sono anche delle scalette tra una e l'altra per salire verso il livello superiore, così ci divertiamo a salirci sopra.

A giudicare da come sono stipate l'una vicino all'altra, probabilmente in questa zona ce ne sono ancora moltissime sotto gli alberi e forse anche sotto i nostri piedi.

Difatti seguendo il sentiero che prosegue in direzione del torrente, se ne vedono alcune adiacenti a quelle scavate e poi via via ne compaiono altre. Osservando l'applicazione sul telefono con il gps, notiamo che sopra il costone dovrebbe esserci un'altra necropoli, ma non ci sono vie d'accesso perché recintata con filo spinato. Seguendo la mappa però vediamo una strada che aggira la collina e vi arriva da dietro. Incoraggiati da questa possibilità, imbocchiamo la strada che sale sul fianco della collina accanto alla necropoli di Pian del Vescovo. La strada è recente, difatti sia sopra che sotto compaiono di tanto in tanto delle tombe e, purtroppo, alcune sono state tagliate proprio dalla carreggiata che ci è passata attraverso. Giunti quasi in cima notiamo dei cartelli che ci avvisano che siamo entrati nel territorio di un'azienda venatoria, quindi in zona di caccia. I cacciatori, che io sappia, agiscono la mattina presto. Ora siamo a pomeriggio inoltrato, per cui proseguiamo e arriviamo in cima alla collina, dove ci sono dei grandi prati aperti per il pascolo e altri per la coltivazione. Al primo svincolo giriamo a sinistra e costeggiamo una serie di ulivi ai piedi dei quali ci sono dei piccoli tumuli. Opera di talpe o cinghiali? Non siamo così esperti da riconoscerne le tracce.

Poche decine di metri intravediamo alla fine della strada una struttura da cui arriva l'abbaiare di alcuni cani. Secondo la mappa la necropoli dovrebbe stare proprio dietro della casa e si suppone quindi che sia su un terreno privato.

Azzardiamo qualche altro passo e sentiamo sparare. I cani aumentano il loro latrare e noi ci guardiamo in faccia. Forse è meglio se ci torniamo un'altra volta, magari in un gruppo più numeroso, così se qualcuno deve essere preso di mira dai cani abbiamo più possibilità di dividere il rischio...

Scherzi a parte, non conoscendo la zona e non sapendo come reagirebbero i proprietari del terreno, cambiamo idea e scendiamo dalla collina.

Rientrati alla necropoli di Pian del Vescovo, stavolta saliamo un'altra collina, lungo l'antica via Clodia arriviamo al Petrolo, dove sorgeva l'antica città etrusca.

Oggi ci sono pochissimi resti e una terrazza panoramica da cui si vede una bella vista.

A testimonianza di quanto questo posto sia ormai diventato selvaggio, a terra troviamo delle tracce di un istrice, ovvero dei grossi aghi bianco neri di cui è portatore sano. Prima di uscire dalla zona dell'antica città intravediamo anche i resti della cattedrale che sorgeva qui fino a pochi secoli fa. Non è visitabile ma qualcosa si riesce ancora a vedere.

Da qui a Blera il percorso è tranquillo e in piano, sebbene ci metteremo ancora una mezz'oretta per arrivarci.

L'anello è completo, ma noi non siamo ancora soddisfatti perché sull'altro versante della città ci sono ancora molte cose da vedere. Scendiamo un'altra volta dal paese e ci dirigiamo verso altre due necropoli.

La prima è abbastanza vicina. Dopo aver intrapreso una breve salita la troviamo subito con tombe sparse un po’ ovunque sul lato della collina ed in cima ad essa. Questa è la famosa necropoli del Terrone.

Il nome è particolare ma non gli è stato dato da un lombardo o un veneto, per cui non ha nulla di razzista. Deriva da una struttura romana che sorge in cima alla collina. Per vederla attraversiamo la necropoli e proseguiamo in mezzo ad un campo, dove ci imbattiamo nel "Torrione". In realtà questa non era una torre, anche se la forma la richiama, bensì era parte di una grande villa romana di epoca repubblicana. Non si è certi cosa fosse questa struttura, probabilmente parte delle terme della villa.

Quindi il nome Terrone è semplicemente la storpiatura del Torrione.

Il sole inizia a scendere, siamo ancora in pieno inverno. Scendiamo velocemente verso il fondo valle dove, seguendo il torrente, troviamo un'altra serie di tombe. Alcune sono anche attrezzate per essere visitate con scalette di metallo.

Dopo aver ispezionato accuratamente tutte le tombe continuiamo fino a trovare un grande tumulo e, finalmente, la nostra ultima meta: le tombe a casetta.

Con la luce del sole al tramonto, queste tombe acquistano un fascino ancora più grande. I colori che assorbono da questa luce, complice anche la particolare forma che hanno, mi fanno pensare in qualche modo alle tombe di Petra.

Con questa ultima perla concludiamo questo intenso giro dove, in pochi chilometri, abbiamo visto veramente tantissime cose fantastiche.

Chissà che Blera non riservi ancora altre sorprese che non siamo riusciti a scoprire... 

giovedì 20 maggio 2021

La Via Sacra

 

Poco fuori Roma, o meglio, poco sopra Roma, ci sono i Castelli Romani. Conosciuti al giorno d'oggi per il vino, la porchetta e il fresco estivo, in tempi remoti erano frequentati dagli antichi romani anche per altri motivi.

Oggi siamo andati a cercare una delle tracce più evidenti della loro presenza, una strada, l'antica via Sacra.

Questa strada basolata portava fino alla cima del Monte Cavo, sulla cui sommità sorgeva il grande tempio di Giove Laziale. In primavera questa veniva percorsa per arrivare al tempio dove si offriva un sacrificio alla divinità.

Inoltre la strada era anche una sorta di via trionfale percorsa dai generali vittoriosi quando ritornavano a casa e, mentre nei secoli il tempio è diventato eremo, poi monastero, quindi albergo e ora centro di trasmissioni radio televisive, la strada è rimasta praticamente la stessa.

Della Via Sacra non rimane molto, però l'ultimo tratto è ancora là, in alcune parti ben conservato. Per raggiungerlo siamo partiti dai pressi del ristorante La Foresta, dove ci sono un paio di sentieri che si inoltrano tra gli alberi. Si potrebbe partire anche dai Campi di Annibale a Rocca di Papa.

Seguendo i sentieri tra gli alberi, prima o poi si finisce per incrociare la via Sacra che, a quell’altezza ha le sembianze di una strada sterrata. Solo dopo aver incrociato un cartello che indica l'ingresso nell'area archeologica, inizieranno a comparire per terra anche i basoli, prima pochi e sconnessi, poi sempre più presenti e compatti. Si sale bene e, sebbene siamo a dicembre e fa molto freddo, l’arrampicata ci scalda abbastanza per non soffrirne.

A circa metà del percorso incrociamo un'altra strada dove forse si poteva arrivare con la macchina. Meglio di no, ci saremmo persi parte della salita e del bosco. Continuiamo ad avanzare. Di tanto in tanto si intravede un bel panorama su Roma e il lago di Albano. Bellissimo camminare in questo contesto, non ci fa sentire la fatica della salita, che alla fine del percorso ammonterà ad un dislivello di poco superiore ai quattrocento metri.

Saliamo sempre di più. Ci troviamo in una zona molto coperta dagli alberi. Il basolato sembra non essere più quello di una volta, o meglio, le pietre lo sono, ma non più nella sua posizione originale. Probabilmente le piogge hanno causato qualche smottamento ed è più difficile salirci senza rischiare di scivolare, così rimaniamo sul terreno a lato e finalmente arriviamo al bivio della roccia a forma di gorilla.

Non so se sia stata scolpita volontariamente per assomigliare ad un gorilla, anche perché non è che si veda in modo chiarissimo l'animale. Forse è solo la luce di oggi a confonderne un po’ le forme. In ogni caso la mano dell'uomo sembra esserci.

Dal gorilla alla cima la strada è brevissima. La vista dei due laghi, Nemi e Albano, ci aspetta e oggi dovrebbero vedersi chiaramente entrambi.

Purtroppo al piccolo spiazzo che sia affaccia sul panorama ci sono troppe persone che si accalcano per farsi una selfie con i due laghi. Attendiamo il nostro turno. Per ingannare il tempo saliamo ancora un pochino per ritrovarci sotto le antenne. Attraversando un brevissimo tratto di zona militare, a cui è vietato l'accesso, si arriva infatti ad un tunnel murato, dove un tempo doveva esserci il tempio di Giove Laziale. Oltre non si può andare. Torniamo sui nostri passi a vedere se la terrazza si è liberata.

Niente, i selfisti sono sempre lì...

Ci accomodiamo un momento sul bordo della strada basolata e mangiamo. Ora che la salita è terminata, il freddo inizia a farsi sentire, anzi, ci assale.

Terminiamo in fretta il panino e prendiamo coraggio per occupare un posto anche noi sulla terrazza. Colto l'attimo fuggente ci affacciamo sullo splendido panorama per immortalarlo, quindi ridiscendiamo verso l'auto.

Cerchiamo di fare il più in fretta possibile perché fa sempre più freddo. Nonostante la temperatura rigida riusciamo a goderci comunque il percorso. Arrivati a destinazione, siamo più che soddisfatti, soprattutto perché abbiamo intravisto la possibilità di fare diversi altri trekking in questa zona che merita moltissimo.

mercoledì 19 maggio 2021

Corchiano

Ormai ci stiamo appassionando a scoprire nuovi posti dimenticati di cui non si sa molto, ma soprattutto poco frequentati dalle masse.

Per non perderci troppo il gusto della scoperta e la sorpresa, prima di andarci non indaghiamo mai a fondo sui luoghi scelti. Però quando ci siamo, cerchiamo di vedere il più possibile.

Finora ci è andata bene, vediamo se anche oggi a Corchiano saremo fortunati.

Il piccolo paesino sorge su uno sperone come Blera, forse è un po’ più piccolo. Anch'esso circondato da testimonianze etrusche.

Parcheggiamo vicino al cimitero e prendiamo la strada asfaltata che ci porta fuori, verso la chiesa di Santa Maria del Soccorso. È chiusa, per cui ci infiliamo subito sul sentiero che segue il torrente.

Al contrario delle gole del Biedano, c’è molta più sporcizia ed è un vero peccato perché il posto sarebbe bello. Dopo circa mezz’ora arriviamo alla prima via cava che faremo in salita. Come sempre è molto bello percorrere queste antiche vie scavate dagli etruschi nel tufo, purtroppo sono brevi tratti. Ridiscendiamo. 
Stavolta prima di uscirne noto una scritta in alto a sinistra. Pare che sia il nome in etrusco di chi ha fatto scavare questa via.
Tornati al torrente attraversiamo il ponticello e troviamo subito delle piccole grotte che dovrebbero essere antiche case rupestri. Ora sembrano più rimesse o stalle.
Non ci perdiamo molto così andiamo verso la chiesa di Sant’Egidio, passando però da un’altra via cava, questa volta spettacolare.

Altissime pareti ci guardano dall’alto mentre camminiamo in questa penombra verde e marrone.

Su entrambi i lati ci sono diverse aperture che non saprei valutare se recenti o meno. Sicuramente la maggior parte sono state utilizzate fino a qualche anno fa perché all'interno si possono vedere i segni di abbandono dell'uomo contemporaneo. Alcune hanno anche la luce elettrica, probabilmente erano diventate cantine o magazzini. Considerando la bellezza del luogo, è un peccato vederlo in qualche modo profanato.

C'è perfino una scala che porta ad una chiesetta scavata nella roccia, ovviamente chiusa. Giunti in cima, sbuchiamo dove c'è Sant'Egidio, quindi ridiscendiamo verso il torrente. Stavolta rimaniamo sul lato sinistro del corso d’acqua e proseguiamo la camminata alla base di Corchiano, risaliamo verso delle scale che portano ad alcune abitazioni rupestri.

Sempre sotto il paese, ci sono diverse grotte o abitazioni rupestri, ma sono recintate. Essendo la prima volta che veniamo qui, non ci soffermiamo troppo. Preferiamo proseguire in un giro esplorativo e dirigerci verso l'ultima via cava.

Il percorso è facile e tranquillo, quasi per famiglie, anche se percorrendo i resti di una piccola via cava, questa volta in piano, incuriosito dalle sporadiche tombe che compaiono qua e là, mi arrampico su uno spiazzo che potrebbe nascondere qualcosa di interessante da scoprire. Purtroppo niente tombe, grotte o case rupestri, però mentre ridiscendo noto qualcosa con la coda dell'occhio che si muove, o meglio, striscia.

Un serpente! Faccio finta di niente, ma vedo che mi segue mentre scendo verso il sentiero.

Essendo vicini ad un corso d'acqua penso subito ad una biscia. A casa mia (L'Oca di Trevi), ce n'erano tante, però la pelle sembra diversa... è una vipera?

Mi fermo un attimo per cercare di inquadrarla meglio e questa mi si avvicina, così me ne vado e la indico a Cassandra. Il serpente mi ha seguito tenendosi a distanza, poi cerca riparo tra le foglie e sotto un alberello caduto.

Sembra troppo aggressivo per essere una vipera. Scopriremo solo più tardi che non lo era. Non si trattava nemmeno di una biscia, bensì di un Biacco, serpente non velenoso, molto aggressivo e veloce.

Quando il servizio fotografico che scatto diventa troppo fastidioso, il Biacco ce lo fa capire. Togliamo il disturbo.

Nonostante questa parentesi faunistica, camminando in questa zona, rimane sempre un retrogusto amaro per come il torrente è sporco, così come il sentiero. Peccato. Sebbene sia un primo giro esplorativo dei dintorni di Corchiano, penso che senza la sporcizia potrebbe essere molto meglio.

Arriviamo al bivio del sentiero dove un rilevante accatastamento di immondizia è stato lasciato alla base del ponticello che attraversa il torrente. Lo seguiamo per salire nell'ultima via cava, anche questa molto alta e scenografica per i curvoni che ha, cosa che finora non avevamo ancora visto nelle nostre esplorazioni. La via è bella e molto breve. Torniamo al ponte. Invitati a proseguire dalle tombe scavate che si affacciano sul sentiero, andiamo a vedere dove porta il sentiero.

Non andremo molto lontano. Poco più avanti il percorso sembra spegnersi nel bosco e, considerando anche l'orario, decidiamo di tornare a casa. Personalmente non sono rimasto molto soddisfatto da questo giro.

Devo ammettere che siamo venuti qui per la prima volta senza sapere praticamente nulla, se non che era un luogo molto gettonato dagli esploratori della domenica come noi. Credo ci sia molto altro da scoprire, per cui è sempre possibile che ci torneremo.