venerdì 27 aprile 2018

Baraonda a Locate! 3 Maggio a Palazzo Trivulzio alle 21

Non prendete impegni per il 3 Maggio! A Locate Triulzi alle 21, a Palazzo Trivulzio, Piazza Vittoria 7, ci sarà una Baraonda: la serata di presentazione del mio libro "Baraonda nella nebbia", uno dei primi che ho scritto prendendo come fonte d'ispirazione proprio il mio paesello natale.
Spero di vedervi numerosi, per scambiare quattro chiacchiere, rispondere alle vostre domande (non troppo difficili eh) e farci qualche risata rievocando ricordi del passato che in qualche modo ci accomuna e ci ha plasmato facendoci arrivare fino ai giorni nostri.

Dialoga con l’autore Lorenzo Tricomi.


venerdì 20 aprile 2018

I Tarocchi del Mantegna!!!

Manca poco alla serata del 3 maggio, non vedo l’ora che arrivi, anche se ho un po’ paura di fare un disastro. Comunque oggi vorrei solo dare una piccola indicazione che non c’entra nulla con la presentazione del libro Baraonda nella nebbia.
Per chi ha letto, o magari un giorno leggerà un altro mio libro intitolato “Il collezionista di astri”, vorrei dare una notizia interessante. A dire il vero è già molto interessante di per se’: 
a Milano c’è una mostra dedicata ai famosi Tarocchi del Mantegna! 
La mostra è alla pinacoteca Ambrosiana e sarà aperta fino al primo luglio. Detto questo vedo l’ora di andarci per ammirare dsl vivo che mi ha ispirato parte della storia del collezionista di astri facendomi sognare, come sempre, ad occhi aperti.
Anche se sono stati attribuiti al Mantegna, in realtà non si sa chi sia il vero l’autore e questo dal mio punto di vista non fa che accrescere il loro fascino.
Non sono dei veri e propri tarocchi, difatti sono stati definiti didascalici, ma non voglio rovinarne l’aura di mistero che li circonda con una mia spiegazione spiccia e incompleta. Lascio il giudizio a chi avrà il piacere e la fortuna di vederli.
Buona mostra a tutti!

martedì 10 aprile 2018

Maratona di Milano - 2018


Torno a milano, dopo cinque anni dalla mia prima maratona, corsa proprio qui, su queste strade lastricate che fanno impazzire le mie articolazioni peggio dei sanpietrini, dove, se si è fortunati, si possono anche vedere dei milanesi imbruttiti che litigano con le persone del servizio gara, invece di incitare e applaudire.

Milàn lè un gran Milàn, da vedere, da vivere, da bere e da correre su un bel percorso vario tra storia, arte e architettura moderna.

Il ritorno al passato però mi sta lasciando una strana sensazione che ancora non riesco a definire.

La notte prima della gara non dormo, mi rigiro nel letto sperando di svenire per la stanchezza, prima o poi. L'ansia mi fa battere forte il cuore, quasi come se fosse la mia prima maratona, come se non sapessi cosa aspettarmi. Invece è la mia settima, e Milano l'ho già fatta, quasi due volte. L'ultima volta infatti furono 32 km di staffetta, appena prima di partire per Roma.

Purtroppo l'ansia notturna nasce tutta dalla settimana precedente, trascorsa in uno stato di depressione vittimale a causa di un paio di fastidiosi dolori agli stinchi che mi hanno fatto zoppicare fino a venerdì, quando il dolore è svanito.

Un'oretta di corsa senza fitte mi ha restituito un pochino di fiducia. Purtroppo mi sono reso conto che quella corsa mi è costata molta fatica, troppa. Come se non fossi allenato.

Forse il caldo, forse il terrore di farmi male, forse la paura di esaurire le energie dopo un quarto di gara, forse la delusione per non poter correre alla velocità che volevo, arrivando ancora fresco come le ultime due maratone.

In poche parole non ho dormito per diversi motivi.

Alle 5 sento Flavio che si alza. Forse non ha dormito nemmeno lui.

Alle 6 mi alzo anche io, dobbiamo partire prima perché pare ci siano dei lunghi controlli antiterrorismo da superare. Mando un messaggio a Matteo, un avisino locatese che doveva correre con noi, avvisandolo che per questo motivo anticipiamo il treno di mezzora, ma già so di avergli dato troppo poco preavviso. Peccato, avrei davvero voluto correre un pezzettino assieme a lui.

Poco prima delle 7 corriamo in stazione ignari della sorpresa: il treno è stato cancellato! E noi a Roma ci lamentiamo dei mezzi pubblici? Qui a Milano effettivamente hanno risolto il problema dei ritardi: no treno, no ritardo!

Sì, ma anche no maratona.

Piano B, o meglio, piano P. Sveglio quel santo di mio padre che ci porta a tutta birra a Milano.

Arriviamo appena in tempo al Gate 1, ma la tanto paventata organizzazione si rivela un controllo non troppo dettagliato. Del resto chi vuoi che si porti una bomba nello zaino? Oddio, qualcuno con delle bombe l'ho anche visto, ma se le stava bevendo.

Prima della partenza incontro un pezzo del mio passato sportivo: l'ex presidente e l'ex direttore sportivo del mio ex gruppo. La prima maratona l'ho fatta anche con loro. Li saluto e vado per la mia strada.

Dopo il cambio e il deposito borse io e Flavio ci separiamo un attimo perché siamo in due griglie diverse. Io sono nella quarta. Mai stato così vicino alla linea di partenza.

Ormai ci siamo. faccio un pò di riscaldamento e sembra che le gambe rispondano bene. Purtroppo c'è sempre quella strana sensazione che mi segue come un'ombra, ma faccio finta di non conoscerla e mi metto a parlare con una transenna.

Quando aprono le gabbie ritrovo Flavio e siamo pronti. Correrò con lui finché ce la farò, più chilometri possibili, vedremo...

....7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, partenza!!!

C'è il sole, non fa freddo, anzi, fa caldino. I primi chilometri li passiamo a stretto contatto con tanta gente a causa degli imbuti che si formano, non si può aumentare più di tanto se non si vuole calpestare qualcuno. Con calma e pazienza superiamo e cerchiamo di stare nelle zone con meno gente. Oltrepassiamo Porta Garibaldi e poi si torna verso la stazione centrale, quindi ripassiamo da Porta Venezia e iniziamo a correre verso il Duomo.

Lungo il percorso ci imbattiamo anche in altri road runner, diversi road runner, solo che sono di Milano. Ecco perché quando passiamo ci gridano tutti "Forza road runner!!!!". Mi ero quasi illuso che il blog di Luciano avesse sfondato le barriere capitoline e fosse diventato famoso in queste terre nordiche.

Il sole c'è, non picchia tanto ma si sente. A volte però si sente anche un venticello freddo che soffia a tradimento alle spalle, ma ci sta, non è così malvagio, anzi.

Verso il decimo chilometro siamo ormai usciti dalla calca e inizio a capire che la predisposizione logistica della maratona funziona veramente: in piazza del Duomo, come da piano preventivato, troviamo Cassandra a salutarci!

Ci avevo provato tante volte a darle una cartina con i punti e gli orari di passaggio sul percorso della maratona, ma purtroppo si era spesso persa nei meandri delle transenne e nella confusione del tifo. Perfino a Roma.

Ma stavolta no. Lei è lì. Segnale incoraggiante dell'ottima riuscita di questa avventura milanese.

Continuiamo la corsa verso il castello sforzesco e al 14° siamo al biscottone di Wagner, dove vediamo Cassandra uscire appena in tempo dalla metro e saltare per salutarci.

Due su due, e alè!

Scendiamo il biscottone e Flavio nota che siamo in discesa. Capisco subito quello che vuole dire: al ritorno sarà in salita...

Quando torniamo però la strada sembra ancora in discesa! Quasi come la misteriosa strada in salita dei castelli romani che però è una discesa?

Non ci scomodiamo a chiamare il CICAP e Piero Angela, ringraziamo e continuiamo.

Al ritorno a Wagner vediamo il primo milanese imbruttito che con una mano tiene un passeggino e con l'altra una bambina piccola in braccio. Sta sbraitando con gli inservienti. Sembra che voglia attraversare la strada e chi non glielo permette rischia di essere malmenato. A dieci metri c'è il sottopasso, ma il milanese imbruttito non si "abbassa" a questa umiliazione.

Subito dietro ai litiganti, Cassandra si gode lo spettacolo sgranocchiando delle noccioline e quasi non ci vede, se non fosse per noi che la salutiamo.

Proseguiamo e la strada inizia a portarci verso l'esterno della città, fino al 24° km, nei pressi di piazzale Lotto. Cassandra è sempre lì, come un mastino che non molla mai la presa.

Fantastica.


Purtroppo da qui le gambe iniziano a farmi sinistramente male. Quell'ombra che mi segue si fa sempre più vicina.

Per non cadere tra le sue spire, mi faccio distrarre dagli ammiratori del mio cappellino con le ali. Devo dire che a Milano sono stati più del solito. Mi indicano e mi salutano, alcuni ridono divertiti, alcuni mi lanciano sguardi ammirati e nostalgici dell'era dei cartoni animati. Non posso fare a meno di farmi trasportare da questo buon umore e saluto come una star che passa sul red carpet.

Al 26° siamo a San Siro e io inizio a sentire di non averne più. Le gambe fanno male, sento anche la fatica come se avessi già fatto 32 km. Non va affatto bene.

Avverto Flavio, con cui mi sono goduto la gara fino a quel momento. Probabilmente non ce la farò a stargli dietro fino alla fine.

Difatti al 28° lui inizia ad allungare di qualche metro al minuto.

Lo lascio andare, non ce la faccio a tenere quel passo, le gambe protestano e non hanno tutti i torti. Mi sento sempre più stanco e provato.

Mi sento sempre più distrutto e sfinito, come non mi capitava da anni in una corsa. Il problema è che mancano ancora tanti chilometri.

Stiamo per girare verso il parco di Trenno quando un signore anziano mi vede e alzando la mano mi indica sorridendo in modo saggio, quindi mi lancia un avvertimento: "Chi si ferma è perduto!".

Lo annovero come incoraggiamento, mi aggrappo ai sorrisi degli spettatori e a chi mi incita suggerendomi di usare le ali del cappellino. Ci rido su, mi lascio trasportare per qualche metro in più, ma so che non potrò farcela ad arrivare in fondo in questo modo.

L’ombra ormai mi ha preso, ce l’ho addosso, mi appesantisce, mi schiaccia, mi sussurra. Dice che c’è un modo più facile, immediato, indolore. Dice che posso smettere di soffrire, di faticare. Basta che mi fermi. C’è la metro, o al limite l'autobus.

Il lato oscuro della forza.

Ma io non voglio smettere di correre. Ora che sono qui non ci penso neanche lontanamente a fermarmi, manco morto.

Accendo la musica e cerco Flavio, laggiù, oramai molto avanti. Spero che si stia divertendo.

Ed ecco che la musica mi viene in soccorso, come una preghiera invocata agli dei:



We're Not Gonna Take dei Twisted sister. Sembra fatta apposta per aiutarmi.



Oh, non lo accetteremo
No, non lo accetteremo
Oh, non lo accetteremo più
Abbiamo il diritto di scegliere
E in nessun modo lo perderemo
Questa è la nostra vita
Questa è la nostra canzone



E così si va avanti sulle note di questa vecchissima canzone hard rock, diminuendo la velocità, arraffando frutta, acqua e gel ai ristori, salutando gli ammiratori delle alette. Si arriva così in zona viale certosa, dove c’è un piccolo tornante di persone che salgono verso l’alto. Ecco Flavio che sale.
Non sono poi così lontano e i rifornimenti appena fatti mi danno l'illusione che forse potrei raggiungerlo, se la scarpa non iniziasse a farmi malissimo. Sul lunghissimo rettilineo mi devo fermare due volte per sistemarla. Mi siedo perfino, intuendo che ogni movimento potrebbe essermi fatale.

Per fortuna mi rialzo senza problemi, riparto e al Portello eccola lì: Cassandra mi saluta e vedendo in che condizioni sono, si trattiene dal farmi la solita, doverosa, domanda. Grazie Milano, la tua metropolitana ha fatto il miracolo e mi ha reso felice, grazie Cassandra di esserci sempre. Ti amo.

La strada però prosegue, mancano ancora sette chilometri. L’ombra è sempre lì, che mi parla, ma io non la sento, ho ancora i Twisted sister in concerto nella mia testa.

Consumo gli ultimi gel, prima uno e siamo a meno 5 km. Poi arrivo a corso sempione, quindi consumo l’ultimo gel e l’ultima stilla d’acqua, e siamo a meno due. Ripassiamo da porta garibaldi.

Manca poco, sento il traguardo vicino, ma ancora non lo vedo, così come ormai non vedo più l’ombra. Evidentemente si è stancata di seguirmi, finalmente.

Ecco di nuovo piazza repubblica, siamo quasi giunti alla meta. Una salitina si trasforma in una scalata, ma è l’ultima, poi si scende verso l'agognato traguardo. C'è un sacco di gente festante ai lati della pista, ma io non sento più niente.
Sento solo le lacrime che si sporgono sul precipizio, come Greg Louganis sul trampolino, pronte a tuffarsi. Ed eccole lì, come sempre, attese e strameritate, che lasciano andare tutto quello che avevo dentro, concedendomi la libertà dai miei pensieri negativi e la tanto sognata felicità che ho rincorso per 42 chilometri.






mercoledì 4 aprile 2018

Pregara Maratona di Milano 2018

Maledizione! Maledizione! Maledizione!
Non è un imprecazione. No anzi, lo è.
Ciò che però mi preme dire è che ad ogni vigilia di Maratona me ne capita sempre una, di maledizione.
Stavolta sembra la peggiore delle precedenti 6 esperienze.
Sto parlando di un problema muscolare, fastidioso anche se apparentemente di poco conto, che mi sta torturando mentalmente: come se una goccia d'acqua continuasse a cadermi sulla crapa pelata all'infinito, diventando sempre più pesante e dolorosa.
Starò a riposo il più possibile, accenderò un cero a San Voltaren e imprecherò tutte le notti finché non mi addormento.
Fatto sta che probabilmente inizierò la maratona, ma quasi sicuramente non la porterò a termine...
Ci tenevo parecchio a correre questa gara, ma ci tenevo soprattutto a correrla bene, almeno come le ultime due. Avevo perfino la speranza di riuscire a migliorare il personale assoluto.
Ci tenevo anche perché torno a Milano, dove ho fatto la mia primissima maratona, con un tempo di 4 ore e 26 minuti... Roba che fino ad una settimana fa mi pareva impossibile non riuscire a raggiungere... Ora invece...
Ma Milàn lè un gran Milàn. Mi godrò la corsa più che potrò, lasciando purtroppo da solo il mio amico Flavio che è venuto da Roma per sperimentare l'ebrezza di vivere la sua prima maratona in trasferta. Prima di conoscere lui e il G6 (domenica scorsa ho visto tutti in grandissima forma e mi aspetto i soliti temponi alla maratona di Roma), vivevo qui, lavoravo qui, correvo qui, ( va be questa si fa per dire).
Su queste strade di Milano ho iniziato a correre, quando ero piccolo. La prima stramilano credo di averla fatta a sei anni con mio papà, forse allora si chiamava la corsa di topolino.
Poi però il nulla fino a pochi anni fa, quando ho fatto la mia prima mezza, poi la seconda, la terza e la prima maratona.
Fu bellissimo correrla tutta con il gruppo dell'Avis Locate, e in parte con il mio amico Sandro, ma anche molto, molto, molto faticoso.
Da allora sono stato a Firenze tre volte e a Roma.
Torno finalmente a casa, forse per nostalgia, forse per dimostrare qualcosa, forse solo per correre un'altra maratona, o più probabilmente, per rivivere quella fantastica sensazione di libertà e di leggerezza che si sperimenta correndo, soprattutto sui 42 chilometri, con la testa che vola, genera pensieri strani, a volte fantastici, a volte inquietanti, ma pur sempre libera di viaggiare e farci sognare ad occhi aperti.
Probabilmente non vedrò il traguardo, e non sarò travolto dal mare di emozioni che di solito trattengo dentro di me fino all'ultimo metro per caricarmi, per incoraggiarmi e darmi la forza necessaria a concludere, ma nonostante la maledizione correrò. Arriverò più in là possibile, spero vicino a qualche metropolitana, così da ricongiungermi anzitempo a Cassandra, che mi rincuorerà con la solita frase, sempre più azzeccata:
Ma chi cazzo te lo fa fare???