mercoledì 19 ottobre 2016

FORI IMPERIALI




Gira e rigira i tasselli di questo eterno puzzle iniziano ad incastrarsi l'uno con l'altro, anche se non credo riuscirò mai a vederne la fine. Oggi siamo in uno dei luoghi più significativi e carichi di storia, leggende, emozioni, stupori, di tutta la città, nonché dell'intero impero. I Fori imperiali oggi sono ridotti alle due piccole porzioni di città antica che affiorano nel centro città. Sembrano due siti a se, ma la via che li taglia, li copre e ci nasconde che in realtà erano tutti collegati tra loro.
L'unico visitabile è il Foro romano, il primo ad essere costruito nelle fasi più antiche e che conteneva tutta una serie di edifici sacri come i templi.
Questo si trova infatti tra il palatino, la casa dell'imperatore, e il campidoglio, dove c'erano il tempio di Giove ed altri templi.
Il Foro romano inizia a formarsi nella repubblica con l'edificio del senato, dove si discutevano l'organizzazione ed i problemi della città. Quando passano gli anni e arriva Giulio Cesare, inizia a cambiare il potere amministrativo, il quale viene assunto da una persona come dittatore, mentre dal successore di Cesare in poi, Augusto, come imperatore.
In questi anni cambia anche la struttura del foro romano: ogni imperatore va infatti ad inserire nella zona almeno un edificio di culto o altro. Nerone arriverà addirittura ad occupare tutta l'area del Colosseo fino al palatino, ma non sarà l'unico. Straordinarie furono le aggiunte dei Flavi, che dopo aver demolito parte della Domus aurea fanno costruire il Colosseo. Ci sono poi l'arco di Tito, il tempio di Antonino e Faustina, e molto altro.
Tornando al periodo di Cesare, si sa che l'impero era in una fase cruciale di cambiamento: sono numerosissime le nuove province da amministrare, quindi tutte le basiliche e gli uffici per la gestione e l'amministrazione di esse diventano insufficienti. Cesare è il primo che inizia a costruire un nuovo Foro spostandosi sul lato verso il Campidoglio.
Foro in latino significa piazza, difatti i fori non erano altro che delle piazze porticate con solitamente un tempio al centro. Questo era un edificio molto semplice in stile greco. Dopo Cesare anche Augusto costruirà il suo foro, ma lo farà andando a posizionarsi accanto alla suburra, quartiere popolare e tra i più abitati della città, separandolo da esso con un altissimo muro che lo proteggeva dai numerosi incendi.
Il Foro di Cesare però, che sta ancora in gran parte sotto via dei fori imperiali, comunicava con il Foro di Augusto. Dopo Augusto, anche Vespasiano crea il suo foro della pace: un giardino con al centro una grande aula dedicata alla pace. Su una parete del foro della pace venne installata una grandissima lastra di marmo bianco su cui era scolpita la dettagliatissima cartina della città di Roma, la famosa "Forma urbis". È stata recuperata quasi completamente, ma date le imponenti dimensioni non è stata rimessa assieme, anche se si può vederne parte alla crypta Balbi. È stato un ritrovamento eccezionale perché vi è rappresentato ogni piccolo edificio dell'epoca, quindi diventa fondamentale per ricostruire come fosse veramente la città.
Successivamente Domiziano, e poi Nerva, riempirono il piccolo spazio tra il foro di Augusto e quello della pace, creando un'unica serie di strutture comunicanti tra loro attraverso i portici aperti.
L'ultimo, il più grande di tutti, è il foro di Traiano che, per riuscire a costruirlo, dovette sbancare i fianchi di ben due colli: il quirinale e il campidoglio.
Paradossalmente con la caduta dell'impero romano questo luogo viene completamente abbandonato e diventa perfino una cava per materiali pregiati.
L'unica grande famiglia che nel rinascimento si interessa di questa zona sono i Farnese, che comprano il Palatino e vi creano gli orti farnesiani.
Solo nel medioevo nascono qui due strutture importanti che sono la torre dei conti e, dietro i mercati traianei, la torre delle milizie. Fortezze a scopo difensivo.
A metà del 1500 il cardinale Michele Bonelli , nipote del papa re pio VI, decide di fondare un quartiere ex novo al di sopra dei fori imperiali, realizzando la via alessandrina come arteria principale su cui si affacciavano tanti piccoli palazzi. Nacque così un nuovo quartiere residenziale, abbastanza popolare, per persone non facoltose. Le strade del quartiere erano molto piccole, quasi dei vicoletti. E' il quartiere Alessandrino, che prende il nome dal fatto che il cardinale ed il Papa erano originari della provincia di Alessandria.
Questo quartiere però è scomparso durante il fascismo, quando negli anni venti Mussolini aprì una grande strada rettilinea che dal Colosseo consentisse alle grandi parate di percorrere tutta la zona dei fori, arrivando a piazza Venezia, dove lui aveva il suo palazzo. In questo modo distrugge tutto il quartiere Alessandrino, chiese, monasteri ed ospedali compresi, e chi vi abitava andò a finire nei nuovi quartieri della città: Prenestina, san Basiglio, Alessandrino, ecc...
Con questi lavori si è perso un quartiere, ma si recupera quello che c'era di antico: i fori imperiali tornano alla luce, per lo meno quello che ne è rimasto.
Dopo questa premessa ci spostiamo all'inizio di via Alessandrina, dove si vede benissimo il muraglione che faceva da confine tagliafuoco tra i fori e la Suburra. Il primo foro che vediamo è il più piccolo, quello iniziato da Domiziano e terminato poi da Nerva. Osservandolo oggi, si vede che in fondo, a ridosso del grande muro, ci sono le tracce del tempio che lo completava. Restano due delle moltissime colonne che percorrevano entrambi i lati del foro. Sopra di esse avevano dei capitelli su cui vi era stata scolpita come decorazione tutta la storia romana fino a Nerva. Ancora più in alto, fra una colonna e l'altra, vi erano delle figure. L'unica superstite è quella dedicata alla dea Minerva, ma dovevano essercene moltissime dato che questo foro faceva da raccordo, oltre che tra quello della pace e Augusto, anche con quello di Cesare e il primo dei fori. Era il più piccolo ma si faceva rispettare in lunghezza.
Questa parte del foro di Nerva, le colonne appunto, è sopravvissuta, forse perché nel medioevo ci fecero all'interno una locanda, l'osteria delle colonnacce.
Pensando di attraversare i portici sulla sinistra arriviamo al foro di Augusto. Le dimensioni qui sono maggiori, anche se il disegno del rettangolo porticato è rimasto così come quello del tempio al centro.
Si vedono molto bene le scale che portano sul basamento e un paio di colonne ancora in piedi. Manca la copertura ovviamente, e così si riesce a vedere il muraglione che stava alle spalle e divideva il foro dalla suburra.
Questo muro fu realizzato non in mattoni, ma in blocchi di tufo. Inoltre è tenuto insieme solo da grappe di legno di quercia. Niente malta, niente calce. Da duemila anni resiste a tutto, inondazioni e violentissimi terremoti compresi.
La particolarità del foro di Augusto sono le due strutture a semicerchio ai lati del grande tempio. Questi avevano una funzione amministrativa ben precisa: funzionavano come dei moderni tribunali per le cause civili, quindi per risolvere le diatribe più semplici e veloci. Le cause più importanti invece venivano gestite nelle grandi basiliche del foro romano. Queste erano edifici grandissimi, come la basilica di Massenzio.
Le piccole basiliche del foro di Augusto erano comunque in grado di gestire un gran numero di persone ed avevano ricchissime decorazioni di marmi colorati che rivestivano tutte le superfici, compresa la pavimentazione. Questa è l'unica parte sopravvissuta che possiamo ammirare per tentare di farci un idea di quelli che dovevano essere i colori ed i disegni usati per comporli.
Sulle pareti circolari poi si notano molto bene delle nicchie, segno inequivocabile della presenza di statue.

Tra l'esedra e le colonne del tempio si intravede anche una strada e dietro, sul grande muro c'è una porta. Per non isolare completamente gli abitanti della suburra dal foro, Augusto aprì una porta, creando così un accesso e una via di passaggio. L'arco, che rimane aperto anche in epoche successive, a partire dal medioevo viene chiamato arco dei pantani. Essendo la zona dei fori una zona più bassa, quando il Tevere esondava entrava l'acqua e vi ristagnava. Il fiume del resto non era poi così lontano e in questa valle attorniata da colli un po' ovunque quando vi entrava l'acqua questa ristagnava. 
 
Tutto ciò però ai tempi dell'impero non succedeva perché il Tevere veniva dragato preventivamente proprio per evitarlo.

Il grande tempio del foro di Augusto aveva il classico frontone triangolare decorato con statue di divinità come Marte e le vittorie alate.
Il tempio è dedicato proprio a Marte. Il motivo nasce dalla storia della ascesa di Augusto al potere: esso era infatti il nipote di Giulio Cesare. Dopo la morte dello zio inizia la sua ascesa politica con l'idea di vendicarsi di Bruto e Cassio. Assieme a Marcantonio parte e il giorno prima della battaglia, Augusto fa un voto a Marte Ultore, ovvero Marte vendicatore. In cambio della vittoria lui gli avrebbe eretto un sontuoso tempio.
Augusto vince e la prima cosa che fa è quella di posizionare il tempio di Marte nel suo foro.
Del tempio si è conservato qualcosa, mentre manca completamente una piccola stanza a sinistra del tempio, proprio sotto quel moncherino di scale che sporgono sulla parete sinistra. Era un aula quadrata, chiamata del Colosso. All'interno vi era una statua dell'imperatore alta forse 15 metri. Non si sa che fine abbia fatto anche perché era anche in parte di bronzo oltre che marmo. A parte piccolissimi frammenti ne è rimasta solo la traccia del piede nel pavimento da cui si è capita la dimensione.
I fori, che durante l'impero venivano continuamente restaurati, con la caduta di Roma ne arriva l'abbandono. Succede poi che a partire dal 1200, dentro il tempio del foro di Augusto, si va ad insediare una chiesetta detta di san Basiglio. A lato di essa, fino all'esedra nasce un monastero. Dopo circa cento anni al posto della comunità di san Basiglio si stabiliscono, soprattutto sopra l'esedra di sinistra, i cavalieri di Rodi, coloro che assieme ai templari costituivano l'esercito del Papa durante le crociate.
Tornando ad osservare il muraglione, in alto si nota il disegno di un tetto, che prima d'ora avevo sempre attribuito al tempio scomparso. Invece è il segno del tetto della chiesa smantellata.

Altra curiosità del tempio di Marte è la mancanza degli scalini ai due lati esterni: questo perché vi erano due fontane messe li per aumentare la decorazione, già sontuosa di tutto il foro.
L'idea di costruire i templi in alto, era per dare un senso di separazione tra la vita mortale e quella ultraterrena, rimarcata dal fatto che nessuno, ad eccezione dei sacerdoti, poteva entrare nei templi.
Le offerte della gente comune infatti venivano messe sulle scale e poi i sacerdoti le avrebbero portate al cospetto della statua del Dio.
Sull'esedra di sinistra si notano meglio le nicchie delle statue che in questo foro erano tutte incentrate sulla storia di Roma: Enea, Iulo, i sette Re, fino agli imperatori. Mentre Nerva nel suo foro raccontava la storia militare delle conquiste, Augusto ci parla della nascita di Roma attraverso le figure che lo hanno permesso.
Era un chiaro messaggio politico: per Augusto era fondamentale perché essendo nipote di Giulio Cesare, doveva dimostrare di avere tutte le carte in regola per governare. Sia Cesare che Augusto infatti si vanno a legare al mito, direttamente alle origini di Roma.
Cesare afferma di discendere da Venere: la quale si unisce ad Anchise, il padre di Enea, che scappa da Troia e arriva nel Lazio. Questo si sposa la regina Lavinia e genera Ascanio, conosciuto anche come Iulo, ovvero della gens Iulia di cui fanno parte Cesare e Augusto. Iulo è pure colui che fonda Albalonga, la città di origine di Romolo e Remo. Parlando di carte direi che era servito.

L'ultimo dei Fori imperiali costruito è quello di Traiano. Era grandissimo, oggi non se ne riesce a capire le dimensioni, si vede solo la colonna Traiana, che è rimasta sempre li, circondata da una serie di colonnine. Queste facevano parte dell'edificio che la circondava e chiudeva il foro. In realtà è la parte finale di una grandissima piazza porticata ed andava a collegarsi con il foro di Cesare nella parte superiore destra e con quello di Augusto con la parte finale superiore. Sulla sinistra invece era collegato con i mercati traianei.
Al centro della piazza c'era una grande statua dell'imperatore a cavallo.
A destra e sinistra della colonna c'erano due biblioteche, stavano più o meno dove oggi sorgono le due chiese, mentre al posto del palazzo della provincia, quello tra le due chiese, dovrebbe esserci stato il tempio di Traiano. Questo perché gli imperatori dopo la loro morte venivano divinizzati.
Attorno alla colonna poi c'era la Basilica Ulpia, il grande tribunale dove venivano svolte le dispute giuridiche.
Tutti questi edifici diventano importanti perché, salendovi ai piani superiori, davano la possibilità di percorrere un cammino tutto attorno alla colonna di Traiano, seguendo il racconto per immagini che c'è sulla colonna, salendo fino al termine di essa. Oggi avremmo bisogno di un binocolo.
I mercati di Traiano non sono realmente una struttura commerciale, ma erano una zona di uffici amministrativi per la gente che lavorava nel foro di Traiano, principalmente per coloro che avevano a che fare con la basilica Ulpia.
Anche l'edificio semicircolare che si affacciava sul mercato era un emiciclo del foro, l'unico visibile dei quattro, due per lato del foro, costruiti.

Ci muoviamo dall'affaccio sui mercati per posizionarci sulle passerelle che attraversano il foro di Traiano.

In questo punto, da cui sembra di essere in mezzo ad una grande area, non siamo nemmeno in mezzo al foro. E' difficile da immaginare quanto potesse essere grande. Venne costruito dopo che l'impero raggiunge la sua massima estensione geografica come conseguenza dell'incremento della popolazione imperiale, suddivisa in province. Fu un incremento talmente colossale che anche il carico burocratico per poter gestire tutto necessitava di una macchina imponente. Questo foro quindi aggiunse una nuova basilica, grande aula rettangolare suddivisa all'interna da colonne e navate, e due biblioteche, oltre che altre quattro piccole esedre.
Dalla passerella si gode un'ottima vista della colonna. Sulla sua superficie è stata scolpita la storia della conquista della Dacia, l'attuale Romania. Srotolando il racconto ne verrebbe fuori una striscia di circa duecento metri di lunghezza, su cui sono rappresentati più di duemila e cinquecento personaggi. Con la vittoria sulla Dacia, viene riportato a Roma un bottino impressionante, che servì proprio a costruire questo grande foro.
La cosa interessante è sapere che il disegno della colonna in origine era colorato. Praticamente il primo film a colori della storia.
Alla base si vede bene una porticina, infatti entrando nella colonna ci si poteva salire in cima grazie ad una scala interna. Alla base però fu seppellito l'imperatore stesso, assieme alla moglie. La preziosa urna, di bronzo, argento e pietre pregiate, che conteneva le ceneri di Traiano, fu l'unica sepoltura all'interno delle mura di Roma. Sin dai tempi del secondo re di Roma Numa Pompilio, che con una legge aveva vietato di farsi seppellire all'interno della città, nessun altro dopo Traiano osò emularlo.
Essendo passati molti anni dal tempo di Augusto, la storia di Roma venne rappresentata nel foro di Traiano da una serie di nuove statue che la raccontavano proseguendo da dove era arrivato il primo imperatore.
Attraversiamo la via dei fori imperiali per andare a vedere dall'alto l'ultimo foro che ci manca, quello di Cesare. 
Cesare, che non divenne mai imperatore, fu il primo che realizzò nuove piazze e divenne il prototipo da emulare. Oggi si vedono in piedi solo tre colonne, anche perché gran parte è ancora sotto la strada che abbiamo appena attraversato, ma qui c'era un tempio dedicato a Venere, con a lato i portici che si sviluppavano attorno a tutta la piazza.
Il tempio era dedicato a Venere genitrice perché Cesare, appartenente alla gens Julia, si vantava di discendere proprio dalla dea Venere.
Quelli che sono i portici, ancora in parte visibili, servivano sia come passaggio e collegamento da un foro all'altro, sia come accesso agli uffici pubblici, botteghe e scuole che si affacciavano alla piazza.
Questo foro nasce con l'idea di essere finanziato sia dal pubblico che dal privato: per ottenere i finanziamenti necessari alla costruzione dalle casse dello stato sono stati volutamente inseriti degli esercizi commerciali. Al contrario degli altri fori, la storia che viene raccontata qui è incentrata solo sulla persona di Cesare.
Dato che contrariamente a quanto si possa pensare non c'era lo spazio necessario per costruire questo foro, Cesare dovette pagare di tasca propria l'esproprio delle case alle persone che vi vivevano, infatti questa zona era tutta una fittissima rete di insulee.
La visita finisce qui, ma visto che non mi è bastato, ho prenotato la visita serale guidata che ci permetterà di scendere all'interno di questo foro, non vedo l'ora di sentire cos'ha da raccontarci Piero Angela.

lunedì 3 ottobre 2016

L'AVENTINO



Uno dei luoghi cardine della storia di Roma, si erge davanti al circo massimo. E' anche stato il luogo in cui si è deciso il famoso ratto delle sabine, voluto da Romolo per popolare la città, fino ad allora costituita di soli uomini.
Siamo inoltre vicini al Tevere, dove arrivò la famosa cesta coi due gemelli abbandonati, Romolo e Remo, che vengono salvati da una lupa e poi cresciuti dal pastore Fasolo. Una volta adulti i due ragazzi decidono di fondare una nuova città. Si trovano d'accordo finché non si deve decidere il luogo in cui fondare la città. Remo sceglie il Celio, mentre Romolo il Palatino. Non si mettono d'accordo e allora decidono di fare una gara: chi avesse avvistato il maggior numero di uccelli che partivano in volo dall'Aventino, avrebbe deciso dove fondare la città. Da qui il nome del colle, difatti in latino Aves significa uccello.
Non riescono comunque a decidere nemmeno così, litigano e alla fine Romolo traccia una linea per terra per dividere il suo territorio da quello del fratello, intimandogli di non oltrepassarla. Remo non lo ascolta e scatta la lite in cui Romolo uccide Remo. Così nasce la città di Roma.
Questa la leggenda, la realtà è che l'Aventino è vicino all'isola Tiberina, il porto della città, fonte di ricchezza. Ben presto il colle diventa luogo residenziale dei ricchi mercanti che commerciano con tutto il resto del mondo occidentale, Grecia, Etruria ecc.... Le popolazioni straniere invece, Egitto per esempio, scelgono di risiedere sulla sponda opposta del Tevere.
Con il passare del tempo Roma si ingrandisce e i suoi commerci rendono insufficiente la capacità del porto tiberino, così viene costruito l'Emporium, che è comunque vicino all'Aventino, e quindi la zona continua ad essere densamente popolata. Questo colle è un punto strategico e non omogeneo, come piaceva tanto ai romani: vicino al fiume, ma al riparo dalle possibili inondazioni.
Sull'Aventino col tempo sorgono anche molti templi che poi verranno soppiantati da chiese. Già dal V secolo d c nasce la basilica di santa Sabina. Un tempio che però ha lasciato una traccia ancora oggi visibile è quello della dea Floria, la dea dei fiori, difatti essa aveva il suo tempio proprio dove oggi c'è il roseto comunale.
In questo luogo, dopo la caduta dell'impero il tempio viene abbandonato, cade tutto nell'oblio come i fiori che dovevano esserci per tutto l'anno. Questo fino a metà 1600, quando la comunità ebraica decide di utilizzare la zona come cimitero, almeno fino all'epoca moderna, quando Mussolini lo farà smantellare per farlo trasferire al Verano.
Negli anni trenta però una contessa americana viene a vivere a Roma. Essa decide di dotare la città di un roseto aperto al pubblico che possa ospitare tutte le specie di rose esistenti nel mondo. Come luogo viene scelto il colle Oppio. Nasce così il premio Roma, una gara che ogni anno vince la rosa più bella.
Nella seconda guerra mondiale però viene distrutto e finito il conflitto il comune decide di ricrearlo, ma stavolta qui sull'Aventino, restituendolo così alla dea dei fiori. Per ricordare la presenza del cimitero, nella parte superiore del cimitero, attraverso l'intreccio dei sentieri, è stato disegnato l'amenorha, il candelabro a sette bracci ebraico.
Nella parte superiore del roseto ci sono più di mille e cento specie di rose. Nella parte inferiore invece ci sono le rose in gara ogni anno, più tutte le rose vincitrici delle passate edizioni.
Saliamo ora il colle fino a raggiungere la rocca dei Savelli, oggi conosciuta come il giardino degli aranci.
Della rocca in realtà oggi rimane solo il muraglione, del palazzo al suo interno non rimane più nulla, se non il parco divenuto il giardino degli aranci.
Uno dei più famosi punti panoramici della città nasce negli anni trenta per mano di un architetto di nome Munoz. Dalla terrazza all'interno delle mura si capisce perché la rocca fu costruita qui: era un formidabile punto strategico. Dall'alto si poteva vedere tutto molto bene. Inoltre il Gianicolo era proprio qui di fronte e divenne fondamentale punto di osservazione contro i francesi che vi erano annidati.
Qui sotto poi si stende il protagonista della città: il fiume Tevere. Sull'altra sponda infatti c'era la zona dell'emporio, il nuovo porto in cui arrivavano tutte le merci provenienti da Ostia, dove le grandi navi scaricavano le mercanzie per caricare le piccole barche in grado di navigare sul fiume con quintali di merci in arrivo ogni ora.
Nell'epoca rinascimentale invece non è mai stato scelto dalle grandi famiglie per le loro residenze. La cosa si spiega facilmente perché in quell'epoca l'Aventino era divenuto un limite esterno della città, troppo lontano dal nuovo centro politico, ovvero San Pietro.
Entriamo nella basilica di Santa Sabina, una delle più antiche a Roma, risalente al V secolo d c. Il nome deriva da una matrona romana martirizzata in questo luogo. La basilica diventa importante come meta di pellegrinaggio da parte dei fedeli di ogni parte d'Europa, tanto che viene restaurata durante il rinascimento, e poi anche nel Barocco. Si sa infatti che il Borromini si è prodigato nel suo rifacimento interno.


Oggi la rivediamo con il suo aspetto paleocristiano, perché lo stesso architetto che ha costruito il giardino degli aranci, Munoz, ha avuto anche la richiesta da parte del comune degli anni trenta di andare a togliere i rifacimenti rinascimentali e barocchi, perdendo così il tocco del Borromini. Così facendo si è riscoperto come erano le basiliche paleocristiane, molto vicine all'idea di Costantino, così come doveva essere era la prima Basilica di San Pietro e come vediamo oggi la Basilica di San Paolo.
A partire dal 1200 viene gestita dai domenicani, che vi costruiscono a lato il convento, dove il primo San Domenico, che arriva dalla Spagna, dimorerà.
Da una piccola apertura sulla parete si riesce ancora a vedere all'interno del giardino del convento con al centro un pozzo ed il primo albero di arance amare portato da san Domenico. Si dice che l'albero sia ancora lo stesso e non sia mai morto. Ovviamente durante i secoli ne sono stati ripiantati svariati per non far morire la tradizione. Fu da qui che prese spunto Munoz quando piantò tutti gli aranci nel rifacimento di rocca Savelli, ribattezzandolo come giardino degli Aranci.


All'interno della basilica c'è una curiosità da scoprire: relegata in un angolo troviamo una strana pietra di basalto nera. Posizionata sopra una colonnina, viene detta pietra del diavolo: pare infatti che il diavolo in persona vedendo le continue preghiere che venivano rivolte sulle tombe dei martiri si adirò scagliando la pietra contro san Domenico.
In realtà questa pietra è semplicemente un peso che, posizionato sul bilanciere, veniva utilizzato nei commerci dell'antichità. Del resto siamo vicini alla zona dove c'erano moltissime attività commerciali.
Ci spostiamo nell'ultima tappa della visita, la sommità del colle Aventino, dove solitamente ci si può accostare ad una serratura per sbirciare attraverso i giardini della casa dei cavalieri di Malta. Da questo pertugio si riesce ad identificare il cupolone di San Pietro, gesto che da solo permette di attraversare in una sola volta ben tre stati: Italia, Malta e Vaticano.
Oggi però è una delle giornate del FAI e la massa di gente che affolla la piazza non ci permette nemmeno di avvicinarci.
Dal 1200 in cima all'Aventino si stabiliscono i cavalieri Malta, un ordine militare nato in difesa della cristianità e del Papa, un pò come i templari. La differenza tra i cavalieri di Malta ed i templari è che questi ultimi nascono solo come esercito, mentre i cavalieri di Malta, detti anche di Rodi, sono un ordine cavalleresco.
Essi nascono intorno all'anno mille da un gruppo di mercanti napoletani che si imbarcano per la terra santa. Raggiunta Gerusalemme fondano un piccolo ospedale. Sono devoti a san Giovanni battista e si occupano di dare assistenza ai malati. Solo successivamente, quando scoppiano le crociate, diventano anche loro cavalieri e forza armata del Papa, in particolare ne saranno la flotta marina. Anche se non sono scomparsi come i templari, durante la storia vengono spesso cacciati: nel 1300 vengono mandati via da Gerusalemme ed andranno a Rodi. Solo due secoli più tardi vengono cacciati, quindi nel 1500 arrivano a Malta, quando ormai le crociate sono finite e gli ultimi templari sono scomparsi. A Roma sono sempre in questa villa sull'Aventino, mentre a Malta danno l'avvio alla formazione della nazione dalla capitale La valletta, che prende il nome del gran maestro dei cavalieri che fonda la città. Vi rimarranno fino alla conquista di Napoleone quando, avendo fatto voto di non muovere più guerra contro altri cristiani, lasciano l'isola per tornare a vivere a Roma. Nella capitale hanno continuato, la loro missione di cura dei malati, tanto è vero che ancora oggi esiste l'ospedale dei cavalieri di Malta.
Sono un ordine iniziatico, in passato per entrare nell'ordine si doveva essere parenti di un cavaliere.
La loro villa sull'Aventino è la sede centrale dei cavalieri, mentre quella che si affaccia con la sua loggia medievale sui mercati di Traiano, una vista ineguagliabile, è la sede dei cavalieri di lingua italiana.
E' un ordine piramidale, a capo del quale c'è il gran maestro, un cardinale che partecipa anche al conclave.
A metà del 1700 il Piranesi venne chiamato a decorare la piazza su cui si affaccia la villa dei cavalieri. Il Piranesi si pensa che potesse essere un membro dei cavalieri, o comunque una persona molto vicina ad essi, difatti è sepolto nella basilica all'interno della Villa.
Nella piazza si possono vedere molti simboli riferiti all'ordine, l'idea che accomuna tutto è che l'Aventino in realtà sia una nave pronta a salpare per raggiungere la terra santa. Guardando dal Tevere in questo punto sembra avere la forma della chiglia di una nave, dove la villa potrebbe essere la sommità, con i giardini che sono gli alberi della nave con le sue vele.