venerdì 30 settembre 2016

IL SEPOLCRO DEGLI SCIPIONI


Tanti anni fa a Milano ho conosciuto Lucio, personaggio inequivocabilmente capitolino. Lui dice di essere di Trastevere ma pare abbia una discendenza diretta con un console della Roma repubblicana: Lucio Cornelio Scipione Scapula Barbato, detto anche Scipione l'africano. Per verificare questa sua fantasiosa teoria oggi io e Cassandra siamo venuti a visitare il sepolcro degli Scipioni, sull'Appia antica.
Il sepolcro, visitabile solo tramite le associazioni archeologiche come quella di cui siamo diventati fedeli frequentatori, si trova nel tratto interno dell'Appia, che va da piazza Numa Pompillio a porta San Sebastiano.
Oggi il sepolcro è praticamente in centro, ma quando fu costruito si trovava all'esterno della città, fuori dalle sue prime mura, quelle dette serviane. Gli antichi infatti per legge non potevano seppellire i morti dentro la città. Solo successivamente, trascorso qualche secolo, la città passando dall'epoca repubblicana a quella imperiale era talmente cresciuta che vennero costruite altre mura, quelle aureliane, proprio nei pressi di porta san Sebastiano. Da allora i morti furono seppelliti al di là di quel limite.
Tanto per capire cosa significa epoca repubblicana diciamo che ci furono i primi sette re di Roma fino al 509 a c, quando venne istituita la repubblica. In quel periodo la città era governata da due console che si alternavano ciclicamente in modo che nessuno potesse accumulare troppo potere.

Il sepolcro degli Scipioni è del periodo repubblicano e risale al terzo secolo a c. Quando Roma si è espansa, questa zona è diventata una parte della città come le altre, ma col passare dei secoli qui sopra vi nacque addirittura una vigna. Questo cambiamento avvenne soprattutto nel medioevo perché dove prima c'era la città era diventato tutto un prato con poche case isolate.
Una di queste case nasce intorno al 1600. La costruzione era di proprietà dei fratelli Tarsi, i quali decisero di allargare le cantine della loro vigna e scavando scoprirono casualmente il sepolcro degli Scipioni.
La cosa incredibile è che l'evento fu solo una riscoperta: infatti il sepolcro venne ritrovato per la prima volta intorno al secondo, terzo secolo d c, quando già da tempo ci si era dimenticati degli Scipioni.
Nel 1780 invece il sito fu riscoperto per la terza volta: su ordine del Papa vennero fatti degli scavi al fine di recuperare reperti da aggiungere alla sua collezione.
Purtroppo i primi scavi archeologici ci furono solo in età moderna, agli inizi del 1900, quando si è scoperto che dopo i primi due secoli dalla sua costruzione, era diventato insufficiente a causa della grande esplosione demografica. Per questo motivo venne aggiunto al sepolcro un grande colombario in cui venivano messe moltissimi urne cinerarie.
La vita del sepolcro come abbiamo potuto capire non è mai stata semplice, anzi perfino prima degli Scipioni c'era già qualcosa: nel secondo secolo d c, durante gli scavi del primo ritrovamento gli antichi si imbatterono perfino in delle catacombe. Queste però non erano cristiane, anche perché in realtà le catacombe venivano usate già molto tempo prima della comparsa di tale religione.
Si fa un po' fatica a mettere assieme tutte queste epoche in un unico luogo, soprattutto se si pensa queste che non si sono quasi sfiorate tra loro, se non per caso.
Guardando verso l'alto, si scorgono nella casa torretta dei Tarsi tracce di una casa romana risalente al terzo secolo d c, altra indicazione che già a quei tempi già si era perso l'idea che qui ci fosse una necropoli.
Ci avviciniamo all'ingresso del sepolcro costruito da Lucio Cornelio Scipione Barbato, dentro il quale sono state trovate circa trenta tombe.
Il sepolcro è una specie di rettangolo scavato nel tufo e costituito da diverse gallerie, lungo le quali furono collocati i sarcofagi.
L'interno della tomba era tutto intonacato, mentre sulla facciata, che non era sull'Appia ma vi si accedeva da una piccola vietta laterale, era affrescata sin dal terzo secolo a c, poi successivamente restaurata. Quello che vediamo oggi si pensa possa risalire al primo affresco di Scipione Barbato e dovrebbe riguardare una scena militare. Il capostipite della famiglia infatti era conosciuto per essere colui che aveva sconfitto gli etruschi.


Poco più in là si vedono tracce di disegni molto più semplici risalenti all'intervento del primo secolo a c.
Sopra gli affreschi si intravede un podio, da cui probabilmente vigilavano tre statue: Scipione Barbato, Scipione l'africano e il poeta Ennio, sempre degli Scipioni.
Entriamo nel sepolcro attraverso un arco e camminando fino in fondo al corridoio, ci troviamo di fronte alla riproduzione della tomba di Lucio Cornelio Scipione Barbato. Lucio era il nome, Cornelio era il nome della famiglia, Scipione era il cognomen, ovvero una particolarità, anche fisica, usata per contraddistinguersi tra i tanti Cornelii. Un po' come nei film sui gangster: Jonny il bello, Nick tre dita, Joe bagnarola.
Nel caso del mio amico Lucio potrei chiamarlo in tanti modi: Lucio il venezia, Lucio il romano, Lucio il lento, Lucio il vecchio, Lucio il granlavoratore, Lucio passala, Lucio tira, Lucio Takeaway, Lucio nuntelapassamai, Lucio hocarcolatomaleitempidaalavatrice.
Sto un po' divagando, del resto era un po' che non scrivevo male del mio amico.
Scipio in realtà era il bastone, per cui è probabile che uno dei primi Scipioni fosse cieco e andasse in giro con un bastone, o con un parente come guida. Scipione barbato forse veniva chiamato così perché aveva la barba, mentre Scipione l'africano si guadagnò il nome sconfiggendo i cartaginesi nelle seconde guerre puniche.
Scipione l'emiliano invece, non essendo nato come uno Scipione, venne adottato dagli Scipioni diventando Publio Cornelio Scipione l'emiliano.
Per le donne invece non si conosceva che la famiglia, in quanto conoscerne il nome significava conoscerla intimamente e per una matrona romana non era proprio il caso, a meno che ne fosse il marito.
Il sarcofago di Scipione Cornelio è molto grande, contrariamente a quanto accade di solito: i romani erano piccoli di statura e di conseguenza anche i loro sarcofagi. In rari casi, quando vi era sepolto qualcuno di veramente importante, erano grandi.


Le decorazioni sono particolari in quanto riconducibili all'arte greca. Ci sono delle doriche, volute in stile ionico e petali di fiori di acanto tipici dello stile corinzio. Non a caso la tomba sorge sull'Appia: Scipione Barbato aveva un'idea politica ben precisa che voleva Roma espandersi verso la magna Grecia. L'Appia era infatti era la strada che portava a sud, ovvero verso la Grecia e l'espansione in oriente.
Ai suoi tempi non tutti erano favorevoli all'annessione della Grecia, si diceva che i greci fossero effeminati e potessero compromettere l'integrità morale dei romani.
Sul sarcofago è stata trovata una scritta: una parte dell'elogio funebre fatto per il defunto. In questo caso vengono raccontate le virtù morali e fisiche di Scipione barbato, elencate per poterlo ricordare, dandogli così la vita eterna.
Poco più in là ci sono altri sarcofagi, più piccoli perché a lastre. Col tempo ogni stanza o corridoio ne vennero riempiti.
In un'altra galleria, vicino alle tombe del figlio di Scipione l'asiatico, c'è una calcarea: una grossa buca che in periodo medievale, quando a Roma vivevano solo ventimila persone, venivano buttati dentro pezzi marmo dell'antica Roma per essere bruciati allo scopo di creare la calce.
Ecco dove è finita parte dell'antica Roma, oltre che essere stata riutilizzata per la costruzione di palazzi e chiese, veniva polverizzata.
Lì vicino troviamo una nicchia con un'urna. Questa è di epoca molto tarda, quando gli Scipioni si erano estinti e rimaneva solo un ramo secondario, gli Scipioni leturi. Questi si fecero seppellire qui proprio per testimoniare la loro discendenza con gli Scipioni. In fin dei conti era un po' per vantarsi.
In un'altra galleria si trova la tomba dell'unica donna sepolta qui, una Cornelia ovviamente.
Essendo Scipione colui che ha sconfitto gli etruschi, da allora la cultura romana subi molto l'influenza della cultura etrusca, cosa che accadde anche con la cultura greca ed egizia. Dagli etruschi probabilmente i romani impararono, tra le altre cose, a seppellire i loro morti all'interno di blocchi di tufo.
Passiamo nell'ultima ala del sepolcro che dovrebbe essere stata ampliata da Scipione l'emiliano. Purtroppo, nonostante la loro grande importanza, ne Scipione l'africano ne il fratello Scipione l'asiatico vi furono seppelliti, essi infatti morirono in Campania dopo essere stati esiliati.
Si pensa che vi fu sepolto Scipione l'emiliano, ma non è stata trovata nessuna prova che lo possa dimostrare.
Scipione l'africano, ricordato per aver sconfitto Annibale e i cartaginesi nella seconda guerra punica, e l'asiatico sono i pronipoti del capostipite Scipione.
Scipione l'africano fu il formidabile generale che ebbe l'idea di sconfiggere Annibale spaventando i suoi elefanti facendo tutto il rumore possibile: trombe tamburi e chissà che altro. Gli elefanti, in preda al terrore, scapparono disperdendo l'esercito cartaginese.


Inoltre, nonostante i cartaginesi fossero molto superiori numericamente, Scipione l'africano riusci a chiudere i nemici in una conca e quindi a circondarli dall'alto, riuscendo in fine a sconfiggerli definitivamente.
Anche Scipione l'asiatico fu un grande condottiero che riportò le sue vittorie in Asia.
Entrambi i fratelli quando tornarono a Roma ebbero una carriera politica molto sfortunata: furono definiti troppo buoni con i loro nemici e vennero accusati di corruzione. Finirono per ritirarsi in esilio nelle loro tenute campane dove rimasero fino alla morte.
Scipione l'africano ebbe un figlio che poi adottò colui che divenne Scipione l'emiliano. Ebbe anche una figlia di nome Cornelia, l'unica donna che riuscì ad avere una statua che la raffigurasse nel foro romano. Definita la matrona per eccellenza, era la madre dei famosi fratelli Gracchi, Tiberio e Caio Gracco: questi erano due tribuni della plebe che volevano dare i nuovi terreni dell'Italia appena conquistati, invece che agli aristocratici, al popolo.
Probabilmente furono tra i primi comunisti della storia.
Gli aristocratici, che non erano comunisti, fecero fuori i Gracchi fisicamente, facendo naufragare la loro democratica riforma agraria. Tra gli aristocratici c'era pure Scipione l'emiliano che aveva sposato la sorella Sempronia. Sembra che Sempronia non fu proprio contenta che il marito le avesse ucciso i fratelli, si sospetta infatti che fu lei far fuori Scipione l'emiliano.
L'emiliano in vita invece fu colui che distrusse definitivamente Cartagine. Gli Scipioni ce l'avevano a morte con Cartagine, nessuno sa perché, ma si sospetta che i cartaginesi parcheggiassero sempre nel posto auto condominiale degli Scipioni.
Nella terza guerra punica Cartagine fu rasa al suolo per la terza volta, definitivamente in questo caso. Fu proprio l'emiliano a pronunciare la storica frase "Cartago delenda est".
Quando però diede fuoco a Cartagine l'emiliano pianse. La leggenda dice che tra le fiamme vide Roma, in una sorta di profezia che sarebbe poi avvenuta, anche se molti secoli dopo.
Probabilmente l'emiliano è sepolto qui, ma non se ne ha la certezza.
Con l'emiliano finisce l'epoca d'oro degli Scipioni e finisce anche la storia di questo sepolcro. Solo successivamente sarà sepolto l'ispano e Cornelio. Anche se uomini di una certa importanza, furono comunque personaggi comunque di minor spessore rispetto ai loro antenati.
Ci sarebbe un'altra stanza da visitare, il colombario, ma purtroppo in una delle poche settimane di pioggia romana, si è allagato completamente rendendolo inaccessibile. Il colombario era una grande stanza quadrata in cui ogni parete era stata scavata con delle nicchie in cui venivano riposte le urne cinerarie.
Usciamo quindi dal sepolcro degli Scipioni, coloro che furono definiti padri della patria, che vinsero le battaglie decisive per la creazione dell'impero romano. Non a caso l'elmo di Scipio viene citato ancora oggi.

lunedì 19 settembre 2016

Anno uno

Oggi è passato un anno da che sono qui. A guardarmi alle spalle credo di essere arrivato a Roma nel momento peggiore. Tutto sembra andare peggio ogni giorno che passa in questa città così bella che, probabilmente proprio per questo, è presa di mira dalla gente della peggiore specie che vuole approfittarsene. Forse per i romani, anche se si arrabbiano pure loro, è difficile accorgersene perché sono abituati a vivere in questo modo, venendo privati ogni giorno di un pezzetto di serenità in più, una lenta erosione che sembra non avere mai fine. Per me che arrivo da una realtà differente invece è piuttosto più evidente. Nonostante tutto mi sto ancora salvando perché per me continua ad essere una vacanza, anche se a volte faticosa. Sarà per questo che quando vado in posti come la Bolivia e mi capita di dormire in una ghiacciaia mi diverto ugualmente? Non sono un masochista, ma vivere in una città così, nonostante sia faticosissimo, non ti dà sempre il tempo nemmeno per arrabbiarti o indignarti. Se poi ci mettiamo che la cornice storico culturale è forse la più ricca del mondo, be allora... Insomma, ti distrae un po'. Ogni settimana, volendo, si ha la possibilità di visitare, gustare, odorare perfino, uno dei duemila strati di storia che dormono sepolti a pochi metri dalla superficie. Per non parlare dei musei, delle ville, dei palazzi o anche solo delle strade. Tutto questo e molto altro sono in grado di far girare la testa, non poco, offuscando per un paio d'ore tutto il resto che non funziona. A volte, in quei rari momenti di lucidità, mi viene in mente un paragone con il libro di Asimov in cui si parla della lenta caduta dell'impero galattico. Ciò avviene soprattutto quando i mondi periferici dell'impero, ormai troppo lontani e di scarsa importanza, vengono abbandonati a loro stessi. Con la periferia di Roma accade la stessa cosa, nonostante gli abitanti paghino le tasse come chi vive in centro. La cosa curiosa è che Asimov prese spunto per scrivere la sua storia proprio da un libro che parlava della caduta dell'impero romano. Se mi chiedessero cosa ho combinato in un anno faticosamente vissuto nella capitale potrei innanzitutto rispondere che sono sopravvissuto, ma che sono anche cresciuto. Ho ammirato tanta di quella storia e cultura in un anno che a Milano mi ci sarebbero voluti dieci anni per eguagliarle. Ho scoperto quanto sia divertente trovare dietro l'angolo sempre nuove cose da imparare sul passato che altro non è se non la somma delle azioni che hanno plasmato la nostra vita contemporanea. Si dice che si capisca il reale valore delle cose solo quando le si perde. Io so quanto valeva la mia vita passata, ora lo so più di prima, ma non per questo tornerei indietro, anzi gli dò ancora più valore, ringraziando ogni momento per avermi reso la persona che sono e per essere proprio qui, dove ora voglio essere. Che roba da filosofone! Sarà che ad ogni anno che passa il peso delle proprie azioni e parole aumenta? Si, si, filosofone, ma dei miei c.....i