Quando il lancio di un'astronave entra nella fase finale, nonostante tutti i soldi spesi e il tempo impiegato per fare i preparativi nel miglior modo possibile, le cose che possono andare male durante il lancio sono decine, forse centinaia.
Tutto il progetto coinvolge moltissime persone, ma gli astronauti sono quelli che sperimentano più di tutti la pressione che il loro lavoro venga vanificato in un attimo.
Io da piccolo volevo fare l'archeologo, meglio ancora il paleontologo.
Poi sono cresciuto e l'astronauta ha iniziato ad esercitare un certo fascino su di me. Sfortunatamente gli astronauti, oltre ad avere lauree, dottorati, Master, specializzazioni e chissà cos'altro, devono essere persone che non soffrono la pressione.
Diciamo che già qui non potrei mai fare l'astronauta.
Oggi c'è la maratona e io non ho chiuso occhio per la tensione... Già altre volte avevo dormito poco, ma questa volta è stata uno zero assoluto...
Stufo di aspettare mi alzo dal letto prima della sveglia, preventivamente puntata prima di quando avrei voluto puntarla.
Non fa freddo ma è coperto. Speriamo non esca il sole e sia nuvoloso fino alla fine, magari una spruzzatina di pioggia ogni tanto, giusto per gradire.
Verso Piramide raggiungo Aldo e lo saluto, giusto in tempo. Più tardi ho saputo che si è ritirato poco dopo.
Mentre sto per raggiungere i palloncini delle 3:30 vedo Marco innaffiare le aiuole e lo chiamo. Facciamo un tratto assieme, poi stufo del gruppone delle 3:30, lo sorpasso in cerca di aria fresca e nuovi spazi liberi in cui correre in tranquillità.
Al 9° chilometro c'è il ristoro dei Road Runner: lavorano come matti, li saluto. Alcuni non alzano neanche la testa. Li sento comunque incitarmi. Manuel, Fabrizio, Luigi, Alessia e tutti gli altri.
Torniamo in zona Piramide e trovo il primo easter egg: Giuseppe nel pubblico ad incitarmi. Me lo troverò anche più avanti, come se sentisse il mio bisogno di sostegno. Almeno ricordo di averlo visto diverse volte sul percorso, ma la poca lucidità di quei momenti non mi ha lasciato il tempo di fissarlo lungo il percorso, come fosse un fotogramma subliminale che compare di tanto in tanto.
Al 15° chilometro, inizio a sperimentare un'insolita rigidità delle gambe. È troppo presto!
A San Pietro la sensazione si trasforma poco a poco in un forte sospetto. Le mie gambe sono già stanche?
Il fiato giura di non avere problemi, ma le gambe sembra vogliano mettersi in sciopero da un momento all'altro. Temo che pagherò cara la notte in bianco...
Alla mezza arrivo a via delle Milizie e incontro Cassandra. È solo un attimo fuggente, il dolore alle gambe svanisce improvvisamente e il sole inizia a splendere timidamente. Ancora felice dell'ultimo incontro non mi rendo conto che è stato l'inizio della fine, di fatto i palloncini mi raggiungono e si mettono proprio dietro di me.
In questo frangente passa il Mister che sfreccia fresco come uno staffettista e ci supera in scioltezza per sparire all'orizzonte.
L'incantesimo benefico di Cassandra però dura solo qualche chilometro. Le gambe tornano a protestare. Siamo al ponte dello stadio. Faccio due conti. Realizzo che manca ancora troppo per la fine. Per di più fra pochi chilometri c'è la famigerata salita della moschea...
Confesso che ho seriamente pensato di diminuire in modo significativo il passo, ma poi capito che così ci avrei messo di più ad arrivare a destinazione, prolungando inutilmente la mia sofferenza.
Stringo i denti e decido di vedere come va la salita, giusto perché poi dopo c'è la discesa.
La salita va male.
Nonostante le sofferenze ero riuscito a tenere a bada i palloncini delle 3:30. Sulla salita mi fagocitano e mi lasciano indietro.
Guadagno qualcosa dalla discesa, poi piombo in un campo di sabbie mobili che poco a poco mi fanno fermare al primo ristoro che incontro. Fino a quel momento avevo bevuto sali e acqua quasi ad ogni ristoro sempre correndo. Al 35° mi accosto. Prendo una mezza naturale, mi metto di lato per non intralciare nessuno e cammino. Il sole splende e sento caldo, ma sono concentrato sul dolore alle gambe.
Bevo con calma, sperando che le gambe pensino di averla avuta vinta e smettano di protestare. Nella prima maratona di Firenze che feci nel 2014 aveva funzionato.
Mentre recupero rifletto su cosa sia successo, tra le centinaia che potevano andare male la rigidità alle gambe proprio non me l'aspettavo, soprattutto dopo i tre lunghissimi in cui non ho avuto il minimo problema di resistenza...
Un minuto più tardi ricomincio a correre dicendo alle gambe che stiamo andando a prendere la borsa ai camion e prima ci arriviamo e meglio è anche per loro.
Non ho mentito.
Tra un applauso e l'altro arrivo a Piazza del popolo, dove al grido: "Barlafus! Barlafus! Barlafus!" riconosco la voce di Cassandra in zona chiese gemelle. Finalmente ritrovo il sorriso.
Al giro di boa della piazza cerco Michele. Ricordo che si metteva lì. Lo vedo ma lui non vede me. Lo devo chiamare io. Quando sto per uscire trovo Michela e Fabrizio ad incitare e infine, all'altra chiesa gemella parte ancora la cantilena del “Barlafus”.
So che mancano circa 4 chilometri. L'orologio però me ne segna uno in meno e la mia mente debole e sofferente ci casca in pieno. Pur sapendo di essermi illuso faccio finta di niente.
Tiro dritto ed entro in una fase di trance in cui mi trovo a recitare articoli della costituzione per ogni chilometro percorso.
Art.39 L'organizzazione sindacale è libera[...]
Art.40 Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano[...]
Art.41 L'iniziativa economica privata è libera[...]
Art.42 TILT TILT TILT[...]
Esatto, al 42° chilometro del mio orologio ero a Piazza Navona, quindi mancava ancora un chilometro circa. Mi ero illuso al punto che guardando l'orologio e vedendo che il tempo segnava 3:26 credevo di aver fatto il mio personal best.
Mi sentivo come un flipper che con uno scossone di troppo si blocca e azzera il punteggio.
Imbufalito per questo misunderstanding, mi dirigo con passo claudicante ma deciso, verso Piazza Venezia in cerca di qualcosa su cui sfogare la mia frustrazione e, proprio a via del Plebiscito, vedo un nugolo di gente che mi attraversa la strada. Non si vede più niente, solo gente.
Caccio un urlo di rabbia, che a quel punto non credevo di poter ancora fare, e la gente si apre come se fossi Mosè tra le acque del Mar Rosso.
Dopo ricordo solo di essere arrivato al traguardo, aver preso fiato ed essermi appoggiato alla transenna per piangere, come sempre alla fine di una maratona.
3.31 è il mio secondo miglior tempo.
Non so se essere felice o deluso. Se avessi dormito, se non fosse uscito il sole, se non mi avessero fatto male le gambe. Quanti se...
Poi vedo Francesco e Norma appena arrivati, li abbraccio in lacrime.
Nonostante tutti i problemi che ho avuto il lancio dell'astronave è andato bene e sono riuscito a tornare sulla terra, direi che posso essere contento.