Arrapanui! Vado arrapanui! Tutto attaccato, giusto per accentuare l'antico nome della nuova destinazione.
Arrapanui allora, dopo la delusione per il mancato viaggio alle Hawai, stavolta ci si imbarca veramente.
Più ci penso e più continuo a credere che sto vivendo una vacanza lunghissima. Non voglio svegliarmi, sono felice così. Davvero.
L’isola di Pasqua.
Solo a pensarci mi si accende qualcosa dentro che non so ancora definire.
I Mohai.
Voglio andare a Rapa Nui a vedere i testoni, il vulcano, respirare l'aria di un'altra antica civiltà ormai scomparsa.
Voglio andare arrapanui! È la prima cosa che ho pensato quando ho visto quel vecchio film.
Poi però il tempo è passato, e il desiderio si è affievolito. Riappariva solo quando capitava di vedere qualche spezzone della stessa pellicola. Solo che non avevo ancora nemmeno la patente, dove volevo andare? Poi l’ho presa e ho pensato: sono libero! Libero!
Poi ho distrutto la macchina.
Insomma, ho dovuto rivedere un po’ il mio campo d’azione. Mi sono reso conto che al massimo potevo sconfinare nelle province di Crema, Bergamo e Pavia.
Rapa nui divenne un ricordo sempre più mitico e nebuloso, quasi come se fosse la leggenda di qualche racconto serale: fantastico e coinvolgente, ma sicuramente irreale.
Il colpo di grazia lo diede un documentario. Bellissimo, ma anche spietato. L’isola di Pasqua è il posto abitabile più remoto e difficile da raggiungere per un povero sognatore come me.
Fossi un sognatore sudamericano, o giapponese, o australiano, meglio ancora se neozelandese, che vede Rapa nui come una meta abbordabile, forse sognerei altro, magari addirittura "El Dom de Milan", oppure "Er cuppolone". Del resto si sa che l’erba del vicino è sempre più verde. In questo caso un vicino un po’ troppo lontano.
Legato come ero alla mia terra, a tutto quello che mi ha identificato fino a quel momento, per me era ormai diventato impossibile riuscire a realizzare uno dei miei sogni ad occhi aperti.
Ma i sogni sono duri a morire. Continuano a germogliare anche quando il terreno è arido di speranza e la realtà non fa più da fertilizzante, anzi...
Purtroppo più il sogno è bello e irrealizzabile e più rivela quanto siamo piccoli e inconsistenti, non solo nei confronti dell’immenso cosmo e soprattutto dell’universo, ma anche solo sul nostro piccolo pianeta blu. Arrivare su quell'isola era diventata un'impresa impossibile.
Perfino dopo che iniziai a viaggiare continuavo a vederla come qualcosa di irraggiungibile.
Forse dovevo solo aspettare il momento giusto. Difatti dopo anni di tentativi, di cambiamenti, di viaggi, ora si presenta una finestra di lancio per quello che potrebbe essere il viaggio più lungo, più lontano mai fatto. Per arrivare là, dove nessun Baraonda è arrivato prima...
Mi sento come un'astronauta che sta per andare sulla luna. Non sarò sicuramente il primo italiano ad arrivarci, so di illustri precedenti che però non starò qui ora a descrivere. Non sarò nemmeno il primo del mio paesello, probabilmente qualcuno mi avrà già preceduto.
Poco male.
Non sono nato per essere primo in niente, ma non è un problema. Come quando corro mi gusto il momento di gioia e di vita così com'è: un breve e irripetibile intervallo, capace di trasmettermi felicità pura proprio per la sua unicità: è quasi la stessa cosa che mi accade quando mi perdo negli occhi di Cassandra.
Forse sono nato per sognare e poi rivivere realmente i miei sogni ad occhi aperti, per vedere se sono davvero così fantastici come me li ero immaginati.
Ecco, non sono ancora partito, ma i miei pensieri mi hanno preceduto, mi tocca andargli dietro...