Forse non tutti lo sanno, ma i musei vaticani si possono visitare gratis. Una volta al mese infatti, l'ultima domenica del mese per essere precisi, l'ingresso al museo è libero.
L'unica controindicazione è la fila e il fatto che il museo chiude alle 14, ma iniziano a far uscire la gente dalle 13:30. Poco male.
Saremmo dovuti arrivare per le 9 in San Pietro, ma tra una cosa e l'altra ci siamo messi in coda alle 9:40, praticamente a ridosso del colonnato di piazza San Pietro.
Arrivando dalla metropolitana di Ottaviano, ci siamo trovati di fronte una bella fila che girava attorno alle mura vaticane. Fosse stato per me sarei fuggito in preda al panico. Odio le code, odio rimanere sotto il sole e odio ancora di più la gente che si crede furba saltando la fila.
Cassandra però vede e prevede.
Secondo lei la fila scorre, dovremmo metterci un'ora e mezza, circa.
Il sole è blando, la fila scorre veramente e così iniziamo la lenta marcia verso il museo.
Dopo circa 40 minuti siamo già a metà coda, per cui sembra passare bene, peccato per certi gruppetti di persone che facendo finta di nulla passano oltre come se stessero andando a prendere la metropolitana.
Quando siamo a meno di 100 metri un gruppetto di cinesi, nonostante fossimo in fila abbastanza serrata, cerca di scavalcarci come se nulla fosse.
Stavolta non gliela faccio passare liscia.
Coadiuvato da una collaborazione internazionale con un gruppo spagnolo di Valencia chiudiamo i cinesi contro la balaustra e li costringiamo a rimanere in fila, fino alla fine, come tutte le persone comuni. Eccheccavolo.
Riusciamo ad entrare dopo solo un'ora e un quarto di coda, nulla per la giornata popolare dei musei vaticani.
Saliamo le scale e cominciamo il percorso in questo infinito museo, viaggio rapido, veloce, diretto verso la nostra meta ultima: la cappella sistina.
Cassandra ci è già stata diverse volte per cui era preparata, per me è stata la prima volta. Attraversiamo le sale immense, stracolme di ogni ben di dei, statue, dipinti, arazzi, vasche, mosaici, affreschi, sarcofagi. Di tutto, dall'egitto all'antica Roma, agli etruschi. Poi arriviamo ai corridoi. Quello degli arazzi, ma soprattutto quello delle cartine. Uno spettacolo strabiliante. Questa lunghissima passerella, che attraversiamo velocemente al contrario, sembra diventare una macchina del tempo, come un lento riavvolgimento di quello che un tempo doveva essere un luogo privato dei papi Re, coloro che possedevano oltre che il potere spirituale, anche il potere temporale.
Stordito, frastornato, colpito ma anche contento ed estasiato, arriviamo alla cappella di Urbano VIII, gli appartamenti Borgia e alle stanze affrescate da Raffaello.
Non so se il caldo, la mancanza di ossigeno o l'intensità degli affreschi coloratissimi di cui siamo circondati, anzi, di cui iniziamo a sentirci la parte sbiadita, da restaurare, io inizio ad accusare il colpo. Tutto molto bello e coinvolgente, ma forse sono arrivato qui troppo presto. Mi sento come una persona che ha visto troppo, testimone di così tanta storia ed arte che quasi mi sento colpevole di un delitto: non aver potuto vedere tutto con più calma.
Quasi al limite della sindrome di Stendhal, Cassandra mi prende per mano e mi porta di la, dove l'aria è più fresca, dove tutto ha più senso e i soffitti sono più alti ma ancora più colorati: la cappella sistina.
Gli affreschi sono così belli e ricchi, quasi a poterli toccare con un dito, proprio come l'uomo sembra provare a fare con Dio, proprio la, al centro del soffitto di tutta la cappella.
Michelangelo, che ha dipinto solo, si fa per dire, i soffitti, si autoritratto come la pelle umana che uno degli angeli tiene in mano, a simboleggiare quanto gli sia costato questo capolavoro dei capolavori.
Guardo Cassandra che ha lo sguardo in alto e con le mani rivolte verso gli affreschi, praticamente ovunque, dice "Fermete!!!"
Oltre a Michelangelo infatti anche tutte le altre pareti sono affrescate magnificamente, Rosselli, Signorelli, Ghirlandaio, Perugino, Botticelli e altri. Cerchiamo di rimanere il più possibile, ma le nostre gambe funzionano da sole, come un pilota automatico che si è innestato per far atterrare l'aereo sano e salvo. Poco alla volta ci avviciniamo all'uscita della cappella sistina, degno finale di un museo così mastodontico.
In sole due ore avremo attraversato sale e corridoi che potevano contenere tranquillamente i reperti e le opere d'arte di dieci musei normali. Un pò troppo per un mortale come me che non ha mai studiato una sola pagina di storia dell'arte in vita sua. A dir la verità nemmeno di altro ha studiato molto...
Perfino Cassandra è provata dalla visita, tenta di rientrare a fare un secondo mezzo giro del museo ma alla fine cede sotto i morsi della fame e il peso della stanchezza. Usciamo per consumare il nostro casatiello vegetariano, con la consapevolezza che dovremo tornarci altre volte per poter vedere meglio ciò che abbiamo visto e tutto ciò che ancora crede manca.
Ci torneremo ancora, e ancora... Lo ha previsto Cassandra.
L'unica controindicazione è la fila e il fatto che il museo chiude alle 14, ma iniziano a far uscire la gente dalle 13:30. Poco male.
Saremmo dovuti arrivare per le 9 in San Pietro, ma tra una cosa e l'altra ci siamo messi in coda alle 9:40, praticamente a ridosso del colonnato di piazza San Pietro.
Arrivando dalla metropolitana di Ottaviano, ci siamo trovati di fronte una bella fila che girava attorno alle mura vaticane. Fosse stato per me sarei fuggito in preda al panico. Odio le code, odio rimanere sotto il sole e odio ancora di più la gente che si crede furba saltando la fila.
Cassandra però vede e prevede.
Secondo lei la fila scorre, dovremmo metterci un'ora e mezza, circa.
Il sole è blando, la fila scorre veramente e così iniziamo la lenta marcia verso il museo.
Dopo circa 40 minuti siamo già a metà coda, per cui sembra passare bene, peccato per certi gruppetti di persone che facendo finta di nulla passano oltre come se stessero andando a prendere la metropolitana.
Quando siamo a meno di 100 metri un gruppetto di cinesi, nonostante fossimo in fila abbastanza serrata, cerca di scavalcarci come se nulla fosse.
Stavolta non gliela faccio passare liscia.
Coadiuvato da una collaborazione internazionale con un gruppo spagnolo di Valencia chiudiamo i cinesi contro la balaustra e li costringiamo a rimanere in fila, fino alla fine, come tutte le persone comuni. Eccheccavolo.
Riusciamo ad entrare dopo solo un'ora e un quarto di coda, nulla per la giornata popolare dei musei vaticani.
Saliamo le scale e cominciamo il percorso in questo infinito museo, viaggio rapido, veloce, diretto verso la nostra meta ultima: la cappella sistina.
Cassandra ci è già stata diverse volte per cui era preparata, per me è stata la prima volta. Attraversiamo le sale immense, stracolme di ogni ben di dei, statue, dipinti, arazzi, vasche, mosaici, affreschi, sarcofagi. Di tutto, dall'egitto all'antica Roma, agli etruschi. Poi arriviamo ai corridoi. Quello degli arazzi, ma soprattutto quello delle cartine. Uno spettacolo strabiliante. Questa lunghissima passerella, che attraversiamo velocemente al contrario, sembra diventare una macchina del tempo, come un lento riavvolgimento di quello che un tempo doveva essere un luogo privato dei papi Re, coloro che possedevano oltre che il potere spirituale, anche il potere temporale.
Stordito, frastornato, colpito ma anche contento ed estasiato, arriviamo alla cappella di Urbano VIII, gli appartamenti Borgia e alle stanze affrescate da Raffaello.
Non so se il caldo, la mancanza di ossigeno o l'intensità degli affreschi coloratissimi di cui siamo circondati, anzi, di cui iniziamo a sentirci la parte sbiadita, da restaurare, io inizio ad accusare il colpo. Tutto molto bello e coinvolgente, ma forse sono arrivato qui troppo presto. Mi sento come una persona che ha visto troppo, testimone di così tanta storia ed arte che quasi mi sento colpevole di un delitto: non aver potuto vedere tutto con più calma.
Quasi al limite della sindrome di Stendhal, Cassandra mi prende per mano e mi porta di la, dove l'aria è più fresca, dove tutto ha più senso e i soffitti sono più alti ma ancora più colorati: la cappella sistina.
Gli affreschi sono così belli e ricchi, quasi a poterli toccare con un dito, proprio come l'uomo sembra provare a fare con Dio, proprio la, al centro del soffitto di tutta la cappella.
Michelangelo, che ha dipinto solo, si fa per dire, i soffitti, si autoritratto come la pelle umana che uno degli angeli tiene in mano, a simboleggiare quanto gli sia costato questo capolavoro dei capolavori.
Guardo Cassandra che ha lo sguardo in alto e con le mani rivolte verso gli affreschi, praticamente ovunque, dice "Fermete!!!"
Oltre a Michelangelo infatti anche tutte le altre pareti sono affrescate magnificamente, Rosselli, Signorelli, Ghirlandaio, Perugino, Botticelli e altri. Cerchiamo di rimanere il più possibile, ma le nostre gambe funzionano da sole, come un pilota automatico che si è innestato per far atterrare l'aereo sano e salvo. Poco alla volta ci avviciniamo all'uscita della cappella sistina, degno finale di un museo così mastodontico.
In sole due ore avremo attraversato sale e corridoi che potevano contenere tranquillamente i reperti e le opere d'arte di dieci musei normali. Un pò troppo per un mortale come me che non ha mai studiato una sola pagina di storia dell'arte in vita sua. A dir la verità nemmeno di altro ha studiato molto...
Perfino Cassandra è provata dalla visita, tenta di rientrare a fare un secondo mezzo giro del museo ma alla fine cede sotto i morsi della fame e il peso della stanchezza. Usciamo per consumare il nostro casatiello vegetariano, con la consapevolezza che dovremo tornarci altre volte per poter vedere meglio ciò che abbiamo visto e tutto ciò che ancora crede manca.
Ci torneremo ancora, e ancora... Lo ha previsto Cassandra.