mercoledì 18 maggio 2016

ARA PACIS

La prima volta che vidi l'Ara Pacis fu in occasione delle seconde Tancrediadi, quando eravamo alla ricerca delle opere lasciate da Caravaggio a Roma. Fui un po' distratto dall'imponenza del mausoleo di Augusto che sta lì di fronte, ma mi son segnato che questo museo dovevo vederlo.
Appena entrati nel museo ci troviamo di fronte un plastico di come doveva essere il campo marzio ai tempi dell'Ara Pacis.
Il campo era delimitato dal Tevere e andava a finire quasi fino al centro della città. Nel plastico sono presenti quei monumenti che hanno a che fare con il primo vero imperatore, Ottaviano Augusto. Costui decide di andare a colmare gli spazi del campo marzio, facendosi aiutare dal suo braccio destro, Agrippa, che vi costruirà il primo Pantheon. Anche se in una versione molto più piccola, aveva già la sua forma circolare. Quello che vediamo oggi è un suo rifacimento realizzato dall'imperatore Adriano nel terzo secolo, quindi moltissimi anni dopo l'epoca di Augusto.
Sempre nel campo marzio, a fianco del Pantheon, c'era anche un grande portico in cui si facevano celebrazioni e assemblee. Fino all'epoca di Augusto, essendoci ancora la repubblica, in questo portico il senato dialogava direttamente con il popolo che liberamente poteva partecipare a queste assemblee e discutere le decisioni da prendere.
Alle spalle del Pantheon invece c'erano le terme di Agrippa che si sviluppavano fino a dove oggi c'è Largo di torre Argentina. Ecco svelate le dimensioni del campo marzio, da Piazza del popolo a Largo di torre Argentina.
Durante la fase repubblicana, quindi prima di Agrippa questa zona era stata destinata solo esclusivamente alle esercitazioni militari.
Sempre Agrippa fece stendere una lunga strada che dal Pantheon tagliava il campo marzio ed arrivava al Mausoleo di Augusto.
Fu l'imperatore a far costruire il suo monumento funebre dopo averne visto uno in Grecia. Pensò che fosse la giusta opera commemorativa in cui, oltre a lui, si sarebbero potuti seppellire anche tutti i membri della sua famiglia. Non solo, successivamente ad Augusto anche gli altri imperatori lo utilizzarono come luogo di sepoltura, almeno fino all'imperatore Nerva. Traiano infatti si fece seppellire nella sua colonna e Adriano costruì un mausoleo simile al di là del Tevere, quello che oggi è conosciuto come castel Sant'Angelo.
Il mausoleo di Augusto è una struttura a piramide circolare con un ingresso nel livello inferiore. Una volta entrati, seguendo i corridoi circolari si arrivava nel cuore del monumento, dove c'era la cella delle sepolture. In questo caso i defunti venivano bruciati e le ceneri raccolte in piccole urne, così da avere la possibilità di seppellire molte più persone.
Salendo verso la sommità, sopra la tomba c'erano moltissimi cipressi, scelti per le loro radici che scendono in verticale e che quindi alleggeriscono il loro carico sulla muratura. In cima invece spiccava la statua dell'imperatore.
Quasi a metà strada tra il mausoleo ed il Pantheon, più o meno dove oggi c'è Montecitorio, sorgeva una piccola struttura utilizzata per le cremazioni. Da qui partiva un'altra via che portava a due monumenti: un obelisco, che doveva funzionare come meridiana, e l'Ara Pacis. Dove oggi c'è san Lorenzo in Lucina, nei sotterranei sono state ritrovate parti delle lastre di marmo e bronzo su cui l'obelisco stendeva la sua ombra segnando quindi l'ora solare. Purtroppo pare che questa meridiana non abbia mai funzionato molto bene a causa di errori di calcolo: in pratica l'ombra non puntava mai correttamente l'ora esatta. Questo perché l'idea di fondo del costruttore era quella di far puntare l'ombra non sull'orario, ma sui segni zodiacali. L'ho sempre detto io che l'astrologia non è una scienza ma solo roba da ciarlatani.
L'Ara Pacis invece era l'altare della pace, costruito sempre da Augusto, ma dietro suggerimento del senato per celebrare il periodo di pace che l'impero aveva raggiunto proprio grazie all'imperatore.
L'altare venne costruito dopo due grandi vittorie: quella contro i Galli del nord Europa e quella contro le popolazioni ispaniche, annettendo così, assieme all'Egitto, un territorio vastissimo in cui Roma era il centro dell'impero. In questo modo Augusto poté dedicarsi alla sua crescita, completando il processo, iniziato da Giulio Cesare, di accentramento del potere in un unica persona.
Augusto però non viene mai chiamato imperatore, ma principe ovvero primo tra i pari. In parole povere significa che aveva accentrato su di sé tutte le più alte cariche: gran sacerdote, gran magistrato, capo dell'esercito, ecc... Nonostante ciò l'ultima parola spettava alla discussione all'interno del senato, anche perché sarebbe stato pericoloso per lui escludere il senato. I suoi successori che ci provarono infatti fecero sempre una brutta fine.
Chi ci rimise davvero fu il popolo, a cui venne sottratto il potere che esercitava nel partecipare alle assemblee con il senato.
Oggi l'altare della pace sta qui, davanti a noi, a pochi passi dalla sponda del Tevere. Come ci è arrivato qui?
Già dal 1500, nella zona della piazza di san Lorenzo in Lucina, iniziarono ad emergere molti frammenti dell'Ara Pacis. Non essendo stati riconosciuti, ma ritenuti reperti importanti, sono finiti in giro per il mondo in collezioni private o musei. Solo alla fine dell'ottocento uno studioso tedesco, Friedrich von Duhn, identificò questi resti come appartenenti all'Ara Pacis. Recuperando altre parti dell'altare che iniziò a studiare, si mise alla ricerca di quelle finite in giro per il mondo. Quando il lavoro di identificazione fu completo Mussolini decise di riassemblare ciò che era stato ritrovato, ricostruendo anche le parti mancanti. Del monumento originale oggi possiamo vedere circa il quaranta percento. E' sempre il Duce che decide di collocarlo dove è oggi, ovvero di fronte al mausoleo di Augusto.
Il monumento è ricchissimo di dettagli. Tutto l'altare è bianco candido, così come tutti i resti dell'antica Roma. In realtà anche l'Ara Pacis era coloratissima: blu, rosso, verde, giallo, colori vivissimi che, essendo di origine organica, col tempo sono andati perduti ma che con microanalisi si è comunque riusciti ad identificare.
Prima salire sull'altare possiamo vedere alcune parti ricostruite con il colore che doveva avere, giusto per provare ad immaginare l'effetto che faceva.

Avvicinandoci all'altare, si capisce subito che in realtà non è piccolo come sembrava.
L'archeologa ci spiega che quando si costruiva un altare, lo si faceva in aperta campagna: si metteva al centro l'altare, la tavola su cui si facevano le offerte, e lo si circondava con un recinto di legno.
Augusto ed il senato in questo caso decidono di fare le cose in grande e lo costruiscono tutto in marmo completamente decorato in modo da dare un preciso significato.
Tutto il fregio inferiore ha un tema vegetale, con piante e fiori che si intrecciano e simboleggiano la ricchezza proliferante e quindi il buon governo.
Nella facciata principale c'è l'ingresso con la scalinata che conduce all'interno, dove potevano entrare solo i sacerdoti che gestivano l'altare e praticavano le offerte che venivano fatte una volta l'anno. Il 30 gennaio, con la processione comandata dai sacerdoti e seguita dai grandi personaggi della Roma imperiale, si concludeva con le offerte del popolo.
A lato delle scale ci sono due pannelli: nel primo, quello meno conservato, si intuisce la scena della lupa con i due gemelli Romolo e Remo. Assieme a loro c'è anche il dio Marte, che secondo la leggenda ne sarebbe il padre.
Nell'altro pannello invece vediamo Enea che sta praticando un sacrificio. Questi, secondo il mito, sfuggito al massacro di Troia, era il padre di Ascanio detto anche Iulo, fondatore della città natale di Romolo e Remo Albalonga.


Sotto gli occhi vigili delle inservienti, facciamo finta di nulla e assumiamo l'austera aria da sacerdote, salendo le scale per entrare all'interno del monumento. Al centro di esso c'è il grande altare, rialzato da altri gradini, ad indicare che era il punto più sacro. Tutto attorno sulle pareti erano rappresentate delle assi di legno, in modo da ricordare il recinto degli altari più poveri.
Sull'altare dove venivano poste le offerte potevano essere sacrificati degli animali, in questo caso il sangue degli animali avrebbe sporcato l'altare. Per pulirlo vi veniva gettata sopra dell'acqua che defluiva a terra fino a dei punti precisi sul pavimento che la convogliavano in canali, facendola uscire all'esterno.

Anche l'altare aveva un apparato decorativo di cui purtroppo non è rimasto molto. Si vede solo una processione di figure femminili, le vestali, le sacerdotesse che anch'esse praticavano i rituali. Queste erano l'ordine sacerdotale più importante dell'antica Roma: avevano il compito, sin dal secondo re di Roma Numa Pompillio, di tenere sempre acceso il fuoco del dio Vesta all'interno dei Fori imperiali. Se si spegneva facevano un bruttissima fine, anche perché la leggenda diceva che in quel caso Roma sarebbe caduta.
Nel retro dell'altare si scendono le scale e ai lati troviamo ancora due pannelli. Sul primo sembra che sia rappresentata la dea Tellus una delle dee madre, precedente al culto romano.
Dall'altra parte rimane solo un frammento ma si capisce che si tratti della dea Roma.
Andiamo ora ad ammirare la lunga processione rappresentata sul lato destro, che è quello con più parti originali. Si nota subito Augusto a capo della processione che, solitamente rappresentato come capo dell'esercito, qui invece è togato, quindi in questo caso è il capo di stato. Dietro di lui ci sono una schiera di personaggi fra cui compaiono sia donne che bambini. In questo modo lo si vuole rendere umano, non distaccato dalla vita comune.

I personaggi sono tanti, e ad elencarli sembra quasi che sfilino come una squadra di atleti che scendono nello stadio.
Subito dietro Augusto vediamo personaggi con un cappello a punta ed un'accetta. Questi erano i sacerdoti addetti alle offerte e sacrifici sull'altare. Viene poi il migliore amico, nonché fidato generale, Agrippa il quale sposò la figlia dell'imperatore. Subito sotto Agrippa c'è il figlio Cesare, poi una signora che potrebbe essere Livia, la moglie di Augusto, o Giulia la figlia. Segue Tiberio ancora ragazzo, che sarà il successore dell'imperatore, quindi una signora girata di spalle che tiene per mano un bimbo ed un uomo vestito da militare. Lei dovrebbe essere Antonina minore, nipote di Augusto, con il figlio Giulio Cesare e Druso, altro importante generale.
C'è poi un'altra famiglia che è quella dell'altra nipote Antonina maggiore con due bambini, uno dei quali si chiama Gneo, padre del futuro imperatore Nerone.
Ci spostiamo sull'altro lato per vedere la squadra sfidante.
Da questa parte mancano molte parti importanti, anche se non sembra. In realtà molte delle teste sono state aggiunte, quindi non sono originali.

Lo schema riproposto sostanzialmente è lo stesso: Ottaviano seguito dai togati con le loro corone d'alloro e un altro personaggio velato come di là era Agrippa, ma qui mancano i sacerdoti. Chiudono poi la processione altri membri famigliari con i bambini, la cui presenza è quella che di fatto desta più stupore perché raffigura scene di vita normale, non come quelle successive della Roma imperiale in cui scompare l'idea di famiglia e Augusto si trasforma in un condottiero che guida l'impero portandolo alla vittoria.
Anche se sembra difficile crederlo, l'Ara Pacis diventa quasi subito, nonostante l'origine, un monumento dimenticato. Viene utilizzato solo nel primo e secondo secolo dell'impero, nel terzo inizia ad essere poco frequentato, dopo di ché sopraggiunge l'oblio. Finisce perfino con l'essere completamente interrato e sepolto scomparendo fino al 1500.
Come si diceva non è completo, ma le parti mancanti sono ancora sotto i palazzi di San Lorenzo in Lucina. Sarò strano, sarò mediolanenses, ma il mio suggerimento di buttare giù quei palazzi, anche se abitati, per recuperare le parti originali e rimetterle al loro posto non piace a nessuno. Mah, sarò strano io.

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