Non
è così alto come i grattacieli più recenti, c’è anche da dire che risale
all’inizio del novecento e per costruirlo ci hanno messo solo 13 mesi!
Roba
che in Italia non hanno nemmeno finito di discutere se il progetto si può fare
o meno.
Altra
cosa da ricordare, non penso ce ne sia bisogno: King Kong. Il gorillone ha
scelto proprio questo grattacielo per arrampicarsi alla fine della
sua storia. Non ero certo si trattasse dell’Empire o
del Chrysler, sicuramente mi sono confuso con alcune scene di Batman.
È
mattina, abbiamo il sole alle spalle, o meglio, se guardiamo verso Downtown è
alle spalle, mentre se guardiamo verso Uptown l’abbiamo di fronte.
Qui
si può uscire all’aria aperta, fresca soprattutto. La vista è bella. Forse è meglio stare sugli altri grattacieli
e avere l’Empire in mezzo al panorama da fotografare.
In
ogni caso da qui si vedono molto bene gli altri Skyscrapars come The Edge, il
OneWorld e il Top of the Rock, scenograficamente il meno bello da vedere. La
giornata è soleggiata. Ne approfitto per dilettarmi in qualche altro breve
time-Laps, dopodiché direi possiamo passare alla prossima tappa di questa
giornata fitta di impegni.
Chinatown.
Chissà cosa mi credevo di vedere, non lo so. Sicuramente non me l’aspettavo così sporca e puzzolente. In alcuni momenti sembrava di stare in una latrina a cielo aperto… Gironzoliamo un pochino in cerca di qualcosa di carino e, dopo essere finiti nelle uniche due strade superstiti di Little Italy, dove ci sono solo ristoranti per turisti da cui esce musica italiana un po' datata, andiamo a cercare il Bloody Angle, ovvero Doyer street. Così soprannominata perché a causa della sua curva stretta era teatro di massacri tra gang. Oggi invece è una strada piccola e corta, colorata e ricca di localini. Proprio lì vicino troviamo anche la casa più vecchia in mattoni rossi di New York, la Edward Mooney House che risale al 1785. Peccato sia praticamente in stato di abbandono e ricoperta da impalcature. Solo un vecchio cartello appiccicato sulla porta che sembra quasi un annuncio di persone scomparse, ne indica l’autenticità.
È ormai
pomeriggio quando decidiamo di abbandonare questa zona e, salendo sul
Manahattan bridge, ci incamminiamo per lasciare l’isola.
Siamo sul
lato assolato e si cammina in salita, sembra di
essere in tarda primavera. Sotto di noi sulla destra c’è ancora Chinatown e ci
rimarrà per almeno venti minuti. Il ponte è piuttosto lungo e a più livelli:
sopra passano le auto, sotto la metropolitana. Noi siamo al livello dei treni.
Ne passano parecchi e li sentiamo tutti. Nonostante vadano piano, fanno un gran
rumore.
La ciclabile
pedonale non è deserta ma quasi. Solo ogni tanto incontriamo qualcuno che
cammina o corre. Siamo tra i pochi avventurosi che non hanno preso la
metropolitana. Rumore a parte, è molto bello
camminare sopra il fiume con il panorama del ponte di Brooklyn sulla destra e
lo skyline di Manahattan alle nostre spalle, mi fa sentire quasi un newyorkese
durante il fine settimana, oppure un lavoratore che sta tornando a casa a
piedi.
Ci
impieghiamo una buona mezzora per attraversare il fiume e anche quando
arriviamo sulla terra ferma, il ponte continuerà ad essere molto alto sulla
città. Lo percorreremo per almeno altri venti minuti.
Scendiamo a terra, ci ritroviamo in un quartiere poco riconoscibile della città, almeno fino a quando, dopo altri venti minuti, non arriviamo alla famosa strada: tra le due fila di palazzi del Dumbo spunta il Manahattan Bridge. Non sto parlando dell’elefante volante della Disney, ma del quartiere D.U.M.B.O. che significa Down Under the Manhattan Bridge Overpass.
È una zona
molto famosa per via del film “C’era una volta in America”, la cui inquadratura
è rimasta invariata in tutti questi anni, se non per i troppi turisti che lo
affollano.
A dire il vero pensavo che il ponte fosse quello di Brooklyn, ovviamente mi sbagliavo. Cercando di schivare i vari selfisti, provo ad imitare il direttore della fotografia di Sergio Leone, con scarsi risultati. Mentre affino le inquadrature, mi accorgo che in una certa posizione, proprio all’interno dell’arco di uno dei pilastri, si può vedere chiaramente l’Empire State Building, lo stesso grattacielo dove siamo stati questa mattina. Fossi capace di fare le foto...
Usciamo dal Dumbo e ci ritroviamo sulla riva del fiume Hudson, esattamente ai piedi del ponte. La passeggiata è una sequenza di punti panoramici irrinunciabili per qualunque fotografo, bravo o scarso che sia, per cui non mi faccio problemi a cercare la foto perfetta. Qui c’è Pebble beach che dovrebbe essere uno dei posti migliori per vedere il tramonto, ma ora è ancora presto, così andiamo a vedere un vecchio magazzino portuale dove hanno allestito un piccolo centro commerciale. Non è bello come il Chelsea market, però un giretto veloce lo si può fare.
Seguendo la
passeggiata arriviamo alla giostra del Jane’s Carousel, una famosa giostra,
piuttosto datata, di cavalli di legno. Siamo quasi sotto il ponte di Brooklyn
per cui veniamo attirati lontani dalla giostra.
Tempus fugit. Ci ritroviamo dall’altra parte del
ponte, con il sole che pian piano scende verso l’orizzonte. Visitiamo prima il
parco del ponte di Brooklyn, poi arriviamo fino al molo 2, trasformato in parco
pubblico con piste da skate, tanti campi di Pickleball, una specie di paddle,
campi da basket e altro. Tutto ad ingresso libero e con la vista sullo skyline
di Manhattan. Ovviamente il molo è molto grande e c’è gente che ci corre
attorno sfruttando una larga passeggiata dove molti riposano sulle panchine
leggendo o ascoltando musica.
Ecco, questo
è uno dei tanti momenti in cui un viaggiatore come me pensa che vorrebbe vivere
qui. Il parco continua lungo la costa anche su altri ex moli trasformati,
almeno fino al numero 6. Alle nostre spalle la città si alza con la passeggiata
rialzata che si chiama Brooklyn Heights Promenade. Alle sue spalle si ergono
ville dal valore commerciale non calcolabile. Ok,
vorrei vivere qui. Economicamente non potrei mai viverci.
Il cielo si sta arrossando, torniamo un pochino indietro in modo da avere la visuale libera sul tramonto.
Siamo quasi a
livello dell’acqua che lambisce i vecchi pali di legno di un vecchio molo. Il
sole sta scendendo verso l’orizzonte tra le silhouette nere delle strutture del
porto di New York a sinistra, e quella della Statua della libertà sulla destra.
In cielo volano gabbiani ed elicotteri, in acqua passano battelli e navi
mercantili. Tutti neri su sfondo rosso.
Il tramonto più bello che abbiamo visto a New York. Ne è davvero valsa la pena camminare tanto fino a farsi venire i dolori ai piedi.
Pochi minuti
dopo che il sole è sceso, l’aria che arriva dal mare
inizia a farsi frizzante. Prendiamo la strada che ci riporta nelle viscere di
Brooklyn per poter questa volta attraversare il famoso ponte a piedi.
Ci mettiamo un po' a trovare le scale che ci fanno salire sulla ciclabile. Non siamo soli, c’è molta gente che come noi ha avuto la stessa idea. Come dargli torto, è uno dei momenti più belli per percorrerlo. Anche se siamo ancora all’inizio del ponte e circondati dai palazzi, c’è quella luce arancione fantastica che si riverbera dai grattacieli. Ci affacciamo sul fiume e la magia esplode.
Il cielo dove il sole è sceso si è colorato tutto di un arancione acceso. Nonostante sia passato molto dal tramonto questa luce persiste illuminando la Statua della libertà, che ora si vede chiaramente stagliarsi nel suo vivo verde rame. Di fronte a noi i grattacieli di Manhattan stanno iniziando ad accendersi e sotto di noi le macchine sfrecciano. Sulla destra invece i grattacieli non sono ancora accesi, ma illuminati dal riflesso arancione del tramonto.
Non vorrei
più scendere da questo ponte. Camminiamo piano piano e ci giriamo continuamente
per non perderci nulla di questa meraviglia.
Quando
scendiamo a Chinatown, neanche ci accorgiamo dove siamo e prendiamo subito la
metropolitana per casa con ancora negli occhi quella calda luce arancione, oggi ancora più bella.
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