mercoledì 3 dicembre 2025

Maratona di Firenze 2025

 

Adoro Firenze.

Ci vivrei, ci dormirei, ci lavorerei, ci correrei — infatti….

La sua maratona l’ho già fatta quattro volte. L’età avanza e, prima di trasformarmi in qualcosa di inagibile come un vecchio frigo degli anni ’60, ho iniziato a guardarmi intorno: altre maratone, altri percorsi, così per cambiare.

Poi arriva Norma, che aveva appeso le scarpette della maratona al chiodo, e mi fa:

“Ne facciamo un’altra insieme. Scegli tu.”

Valencia?

“No, l’ho fatta l’anno scorso.”

E allora, vai col jolly: Firenze.

Ed ecco come sono finito di nuovo qui,

e perché in questa notte prima degli esami, non riesco a dormire.

Qualcuno potrebbe pensare che dopo 15 maratone diventa routine…

Macché.

Rivivo tutte le notti pre-gara e tutto quello che è andato storto nelle altre.

Lo so, non sto bene, ma che ci posso fare? La notte prima della maratona è la mia criptonite.

Dormo? Forse. Poco. Meno di poco.

Vabbè, ormai siamo qui. Mille chilometri per arrivare. Che vuoi fa’?

Correre. Obviously.


Fa freddo. Un grado. E ho detto tutto.

In griglia siamo io, Norma e William.

Ad accompagnarci c’è Raffaella Carrà.

Aaah sensazione unica…

Non sono un suo fan, ma col freddo che fa, ballare le sue canzoni diventa un’attività cardio essenziale.

Ballo ballo ballo da capogiro.

Via, si parte!

Si comincia da San Marco. Ieri io e Cassandra abbiamo visto la mostra di Beato Angelico, e già mi sembra di sentirlo:

“Vieni a vedere cosa ho fatto! Vieni! Tu lo sai cosa ho fatto!”

Sì, lo so, ma devo correre. Il freddo mi fa andare più forte di quanto avessi previsto.

Verso il settimo chilometro, quando il corpo ancora non sa che sta per soffrire e la mente è in modalità Disneyland, appare Lui.

Un figuro.

Un essere.

Un’entità podistica non identificata.

Capita il cosplay. Io stesso mi metto il cappello di Arale. C'era poi uno vestito da suora. Un classico.

Ma questo?

Da dove è uscito?

Canottiera.

Pantaloni lunghi.

Pettorale fissato sulla coscia — NON DOMANDATE PERCHÉ.

Tutto normale, direte.

Eh sì…

A parte il fatto che i pantaloni erano di jeans.

JEANS.

Correva in jeans.

L’ho guardato e ho sentito un coro angelico intonare:

“Allelujaaaaaa… eccolo, il prescelto!”

Correva impassibile.

Il denim fendeva l’aria.

Ogni passo era una frustata al buon senso.

Lo guardavo con gli occhi di chi ha incontrato un boss segreto.

Ho pensato:

“Se questo finisce la gara, io alla prossima ci vengo vestito da Umpa Lumpa.”

Il trio procede compatto fino alle Cascine, dove Norma comincia a dire quello che sapevo avrebbe detto:

“Ma chi cazzo ce l’ha fatto fare?

Questa è l’ultima, eh?”

Ceeeeerto. L’ultima.

Se non mi estraggono alla lotteria di Chicago…

Arriviamo a Ponte Vecchio. Magia pura.

Il pubblico è una bolgia, decine di persone mi danno il cinque e io ricambio, ci chiamano per nome incitandoci: doping naturale.

Al 20° l'effetto del doping è finito e incrociamo una band che canta Battiato.

Io la sento così:

 

“Cerco un centro di sanità per la mente

che non mi faccia mai cambiare idea sulle corse sulla gente

e le maratoneeeeeee heeeee heheheeeee…”

 

Perché continuo a dire che non farò più maratone, e poi mi ritrovo in mezzo a migliaia di invasati sudati e sorridenti, che si massacrano per ore senza vincere nulla, se non i complimenti degli amici runner?

 

Perché sono così, ora.

E mi diverto. 

Tantissimo.

 

Siamo al 24°: è l’ora del secondo gel.

Mi cade.

Lo inseguo come Rocky che in allenamento rincorreva le galline.

Lo prendo, ma dietro di me sta arrivando il gruppone delle 3:30.

Ho due opzioni:


Chinarmi, diventare una palla da bowling e tentare uno strike memorabile.

Raccogliere il gel e scattare come il Figlio del Vento verso Norma e William.

 

Scelgo la seconda.

Il fisico tiene. Per ora.

 

A Campo di Marte siamo al 28°.

William ci saluta e accelera.

Io e Norma restiamo in balia del gruppo delle 3:30: chiacchierano, urlano, sparano cavolate su ogni cosa, perfino delle previsioni meteo da qui al 2050...

Mi allontano per non sentirli.

Norma mi dice di andare: “Vai, vai, io resto con loro.”

Non vorrei lasciarla, ma un attimo dopo sto già inseguendo William e distanziando Norma.

Ci provo.

Metto gli auricolari.

Mi cadono.

Una volta.

Due volte.

Tre volte.

È come gareggiare contro la sfiga.

 

Entro nello stadio di atletica. Vado spedito.

Mi sento un monatto del 1600 che raccoglie i cadaveri del 30° chilometro.

 

Arriva il famoso muro.

Non quello mentale.

Un cavalcavia ripido come il K2.

Spingo.

Impreco in 7 lingue.

La discesa non la sento nemmeno: sto ancora bestemmiando in aramaico antico.

 

Ora sono solo. Mancano 8 km.

Non guardo più l’orologio. Quel che sarà, sarà.

Rientro nel centro. Bellissimo.

Prendo l’ultimo gel (che miracolosamente non cade)… ricadono gli auricolari.

Manco fossi a “Giochi senza frontiere”.

 

Daje, quattro chilometri. Il pubblico è caldo.

Sfodero il mio sguardo da otaku e funziona:

Mi salutano, mi chiamano, mi incitano.

Mi accendono come un fiammifero.

Mi serve. Mi porta fino a Piazza della Signoria, superando gente come se piovesse.

E ancora vado, senza problemi.

Ed eccolo: il Duomo.

Già finita?

Sì.

Le lacrime che mi rigano il viso decretano la fine del viaggio.

Giusto il tempo di chiudere il rubinetto e abbracciare Norma, che arriva due minuti dopo.


C’è pure William che spunta con una birra in mano!!!

Non so come ha fatto a prenderla ma solo per questo è il mio nuovo eroe.

 


Anche questa “ultima” maratona è andata…

…almeno fino alla prossima.




venerdì 21 marzo 2025

Maratona di Roma 2025

 

Ma perché fai ancora la maratona di Roma? Quante volte l'hai già fatta? Non ti sei rotto i maroni?

Come fare a dare una risposta così semplice, e allo stesso tempo così complicata?

Fatto insindacabile è che ogni maratona è diversa dalle precedenti. Se così non fosse, non perderei il sonno ogni notte prima degli esami. Farei sempre lo stesso tempo, rivivrei sempre le stesse situazioni e sensazioni, che, per quanto belle e favorevoli, alla lunga diventerebbero noiose e ripetitive. 

Se però fosse l'opposto? Invece di rivivere una brutta esperienza, al secondo o al terzo tentativo cercherei di trovare nuovi modi per renderla migliore e divertente, quindi diversa, un po' come Bill Murray in quel vecchio film "Ricomincio da capo", che per inciso, ho visto tante volte... Ma non è questa la risposta.

Forse lo faccio perché mi diverto. Se ogni maratona è diversa scatta sempre quell'idea, quella speranza che la prossima sarà migliore, magari perfino più divertente. È il senso della parola stessa: diverso = divertente.

Va da sé che anche quest'anno, per l'ultima volta, la sesta, farò la maratona di Roma.

Tanto per cambiare, anche le premesse di oggi non sono buone: non ho dormito e i giorni precedenti ha fatto molto caldo.

Esco con largo anticipo e fa freddo. Più freddo è, meglio per me. Decido di vestirmi più pesante degli amici con cui mi ritrovo: Vincenzo, Luca, Dario e Simone. Al massimo mi spoglio durante la gara.

Con noi doveva esserci anche Marco, ma l'ultimo bollettino annuncia che è ancora in viaggio per il Circo Massimo quando alle 7,30 i camion del deposito borse chiudono... Se non si sbriga temo che non lo facciano nemmeno partire...

Alla partenza fa sempre freschino. Non appena aprono le gabbie stabilizzo la mia temperatura. Ben presto rimaniamo solo io e Luca, con cui ho condiviso qualche allenamento, a volte assieme a Norma, per arrivare a questa gara preparati. 

C'è moltissima gente a correre e vedere la gara: Giuseppe, immancabile sostenitore di ogni maratona, è il primo che incrociamo, proprio al Circo Massimo.

Dopo solo pochi chilometri mi fermo un attimo per esigenze non procrastinabili. Luca se ne va ma sono ancora fresco e con una bella accelerata lo riprendo, prima però mi imbatto in Marco.

Ma da 'ndo cavolo è uscito? Da 'na siepe?

Fatto sta se prima eravamo in due a ballare l'alligalli, ora siamo in tre. 

Mi piace anche perché a San Paolo ci aspetta un mio amico. Massimiliano vuole provare l'ebrezza di fare un pezzo di maratona aiutandoci moralmente per una parte del percorso. Con lui mi sono allenato per anni facendo intere preparazioni assieme. Vedendo la sua passione per la corsa ho sempre cercato di convincerlo a iscriversi a qualche maratona, senza mai riuscirci... Stavolta ha deciso da solo di "sperimentare".

Peccato a San Paolo non lo troviamo. Del resto è famoso per non svegliarsi la mattina presto per uscire a correre. Va be’, rimaniamo in tre a ballare l'alligalli.

Al decimo chilometro l'appuntamento fisso con gli amici del ristoro dei Road Runner: memore dell'anno scorso che hanno incitato solo Norma, quest'anno mi presento con Luca! Così se sbagliano persona da incitare, comunque ci azzeccano!

Si va avanti con calma in questa prima fase. Mi ero prefissato di vedere come andava al 15esimo chilometro. Per ora non sembra andare male.

Al 14esimo ritroviamo Giuseppe e al 16esimo e rotti c'è Luciano che ci saluta e fotografa.

A San Pietro inizio a notare dei cambiamenti significativi nel percorso, non mi dispiacciono affatto. Inoltre mi rendo conto ci sono ristori ovunque. Non so quanti fossero, sicuramente tantissimi, roba che alcuni si potevano tranquillamente saltare. 

Stiamo per arrivare alla metà del percorso. Al ventesimo si materializza dal nulla Massimiliano.

Ma stamo alla maratona o a Hogwartz?

Dice sta correndo da San Paolo per cercarci e trovandoci solo ora...

Bene, a questo punto posso dire: se prima eravamo in tre a ballare l'alligalli, ora siamo quattr....

Filippo!!!

Con un altro trucco di magia è apparso Filippo direttamente da Reggio Calabria!

Adesso siamo in cinque a ballare l'alligalli!

Bel gruppo dai, più si è meglio è. Mancherebbe solo Vincenzo ma gli hanno sbagliato griglia di partenza...

Sfortunatamente Filippo lo perdiamo dopo qualche chilometro, non so di preciso dove.

Come sempre passiamo da Prati e anche quest'anno c'è la variante del Foro italico. La porta da cui siamo usciti l'anno scorso è chiusa. Rimaniamo a correre tra i campi da tennis fino a fare il giro attorno allo Stadio dei Marmi!

Fantastico.

Luca e Massimiliano sono qualche metro più avanti, io forse sto accusando i primi segni di cedimento...

Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere.

E infatti inizia a piovere ed è la mia salvezza: la temperatura si abbassa e mi riprendo, soprattutto perché mentre attraverso il Ponte dello Stadio so che anche quest'anno non ci sarà la fatidica salita della moschea.

Bello quest'anno, mi sto divertendo.

Attraversiamo il Villaggio Olimpico e sul lungo Tevere incrociamo Norma che si sta scaldando per la “cugina simpatica della maratona” (parole sue).

Ha smesso di piovere da un pezzo, è uscito pure il sole, il mio acerrimo nemico, la mia criptonite...

Come se non bastasse, incrociamo i Monatti: due balordi incappucciati che camminano a fianco della gara lanciando maledizioni e scoraggiamenti:

Nun gl'ja fate!!

Luca gli risponde energicamente con la stessa moneta verbale.

Sono talmente uguali ai Monatti che quando camminano sembra che in mano abbiano una campana per segnalare il loro passaggio.

LiMonattiloro!

Per me è il momento peggiore, fa caldo. Quasi non vedo Luciano e anche Luciano quasi non vede me, alla fine ci salutiamo.

Ci infiliamo nel centro, con le viuzze strette e i turisti che cercano di farsi investire, sia fisicamente che a parolacce.

Piazza del Popolo è lo spartiacque di Luca. Mancano solo cinque chilometri ed esserci arrivato così lo galvanizza:

"Daje che mancano solo 5 chilometri! È solo un 5000 di Spartaco! Checcevò?"

È bello carico e io faccio fatica a stargli dietro, a lui e Massimiliano che ancora non si è staccato.

Su via del Babbuino il percorso si restringe molto e vengo ingarbugliato da un gruppo che va decisamente più piano. Qui perdo definitivamente i miei amici, rimanendo da solo a ballare l'alligalli. 

Di lì a poco Massimiliano si staccherà, Luca è lanciato verso il traguardo, non c'è da preoccuparsi per lui. Adesso devo pensare a portare a casa questa maratona. 

Appena riesco a trovare un po' d'ombra recupero le forze per scattare. Gli ultimi quattro chilometri li faccio ad un passo che non pensavo di poter tenere. Nonostante la mia velocità non riesco a riprenderli. 

Arrivo da solo a Piazza Venezia, salita non bella a quel punto della gara. Scendo verso la Bocca della Verità, giro a sinistra su una salita ancora meno bella essendo al 42esimo chilometro...

Ecco il Circo Massimo! È fatta! È andata anche questa!

Luca è lì ad aspettarmi, è arrivato un minuto prima di me e ha fatto il suo personale! Fantastico.

Io non l'ho fatto ma per come mi sono divertito durante la gara sono molto molto contento.

Massimiliano alla fine ho scoperto che si è fatto 40 chilometri! Senza preparazione, senza ristori, senza gel! In pratica hanno dovuto sparargli per farlo smettere di correre ed ora è fomentatissimo. Dice che si iscriverà a qualche società, farà la visita medica e dovremo fare altre maratone assieme...









E pensare che non volevo farne più di maratone...

venerdì 14 febbraio 2025

Sabato 9 novembre

 

Oggi è l’ultimo giorno per questa avventura. Qualcosa mi dice non sarà l’ultimo giorno a New York. Prima o poi torneremo. Di film in questa città ne hanno fatti molti, ne faranno ancora tantissimi.

Lasciata la stanza dell’appartamento facciamo una rapida capatina sulla 5th Avenue per prendere la metropolitana. Troviamo la strada transennata e molta polizia. Probabilmente è prevista una manifestazione, non credo la vedremo perché siamo diretti alla nostra ultima tappa, il Museo di Storia Naturale.

Questo fa parte dell’ultimo biglietto compreso nel New York CityPass, biglietto multiplo che comprende più attrazioni e dovrebbe consentire di risparmiare un pochino. A questo proposito vorrei precisare che per avere un vero risparmio si devono avere diversi giorni a disposizione. Per noi stato è perfetto perché ci ha consentito di sfruttare il Pass senza dover correre da un capo all’altro della città senza fretta e lasciando spazio alla possibilità di scegliere all’ultimo momento come organizzare le nostre giornate al di fuori del Pass.

Nel nostro caso abbiamo scelto di vedere l’Empire, l’Intrepid, il Top of the Rock, il Gugghenheim e il Museo di Storia Naturale, ma avremmo potuto scegliere altre attrazioni come il museo dell’11 settembre, la visita alla Statua della Libertà o una crociera sulla Circle Line.

 

Nota per i viaggiatori: vorrei precisare un paio di cose sul Pass: ci sono molti tipi di Pass. Alcuni con un centinaio di scelte, altre meno. Secondo me questi promettono troppo per il tempo necessario ad utilizzarli. Considerando la complessità e la vastità di New York, anche solo riuscire a completare quattro attrazioni in un giorno non è facile, soprattutto non ti consente di vivere e godere dell’incredibile location in cui ci si trova. Le recensioni di molte di queste attrazioni mordi e fuggi mi hanno fatto suonare un campanello d’allarme. Ora che sono stato a New York, posso dirlo: le fregature sono sempre dietro l’angolo. Ho già parlato dei personaggi mascherati che si infilano nelle vostre foto per farsi pagare a Times Square. I peggiori sono i risciò. Con la loro musica assordante e le loro luci coloratissime sono delle discoteche ambulanti in grado di attrarre turisti come falene. Peccato se non si fa attenzione a quello che si prende, possono arrivare a costare anche 400 dollari per dieci minuti! Per legge devono esporre il prezzo, ma capita che mettano in un cartello piccolo che il prezzo indicato sia per un minuto di trasporto: quindi con 40 dollari al minuto… Anche no.

Tornando a parlare dei Pass, vorrei consigliare una cosa: a New York scegliete bene cosa fare. Soprattutto valutate quanto tempo avete e quanto ne serve per arrivare a destinazione, perché se dovete risparmiare un pochino solo per andare in un museo e farlo di corsa altrimenti non riuscite ad andare da un’altra parte… Secondo me non ne vale la pena.

 

Il Museo di Storia Naturale sinceramente non lo avrei scelto. Era una delle due possibilità obbligate del nostro Pass assieme all’Empire, tutto sommato è andata bene.

Sebbene si tratti di un museo grandissimo, so che non avremo grossi problemi come con il Moma e il Metropolitan. I nostri interessi in questo caso sono più limitati ad alcune aree specifiche.

Per quanto mi riguarda sono qui per il discorso geologico ed i dinosauri. C’è un’area sull’astronomia, interessante ma molto limitata.

Veniamo subito al piatto forte: i dinosauri. I fossili esposti sono molti e vari come specie. Molto bello per me, per Cassandra un po' meno, soprattutto perché nonostante la giornata fredda, all’interno del museo c’era un’aria condizionata fortissima! Sembrava di stare in una cella frigorifera…

 

Non starò qui ad elencare tutte le specie di dinosauri, alcune davvero rare per me. Posso dire se si ha una passione per la paleontologia, questo è un bel posto. C’è altro: pesci e animali precedenti oppure successivi ai dinosauri, comunque estinti come minimo da decine di milioni di anni.

Certo l’aria condizionata è davvero disturbante e l’esposizione potrebbe essere migliorata perché i fossili sono raggruppati in alcune sale un po' troppo piccole per contenerli tutti, però meritano ugualmente.

La sala dei minerali davvero molto interessante. Decine e decine di tipi di pietre e minerali differenti, alcuni molto belli. La sala dei meteoriti, quelli veri, sebbene rispetto a quello visto in Namibia, era molto più piccolo. Questi però hanno una forma a groviera che sembra uscita dall’immaginazione di Grommit.

 

Il resto del museo lo facciamo molto, ma molto velocemente, un po' per il minor interesse, un po' per il freddo che si respira.

È quasi conclusa l’avventura newyorkese. Prima di andarcene abbiamo ancora un’ora a disposizione. Per riempirla andiamo a cercare un altro pezzo di storia del cinema della nostra infanzia.

Saliamo sulla metropolitana che va a Downtown, in direzione Chinatown. Come sempre in questi giorni i treni non sono molto affollati. Ne passano davvero moltissimi. Notiamo che oggi non ci sono poliziotti. Probabilmente sono a quella manifestazione sulla 5th Avenue.

Senza il gatto i topi ballano. Difatti sulla metro incontriamo un tipo di personaggio di cui non avevamo ancora fatto conoscenza: un attrezzo newyorkese. Un ubriaco in canottiera che sembra ridere e scherzare con i suoi amici. Ben presto capiremo che non aveva amici sul vagone.

Come una palla da flipper si sposta accanto ai diversi viaggiatori fino ad arrivare a noi, non sembra pericoloso, è molesto. Si siede tra Cassandra ed un’altra ragazza che sta leggendo un libro, rivolge le sue attenzioni alla lettrice. Questa contrariata lo avverte che sta per scoprire chi è l’assassino, gliene dice quattro e viene a sedersi vicino a me… Attrezzo avvisato…

Io faccio segno a Cassandra che dobbiamo scendere alla prossima, una fermata prima di quello che dovevamo. Poco male, anzi, alla fine arriviamo a destinazione anche prima.

 

La caserma degli acchiappa fantasmi!

È ancora lì in perfetto stato di conservazione, non solo perché ci hanno appena girato un altro film, anche per esser diventata una vera caserma dei vigili del fuoco.

Concludiamo il giro recuperando i bagagli e imbarcandoci sulla metro che ci riporta in aeroporto. Ah, quasi dimenticavo: i biglietti della metropolitana! Si possono pagare con la carta di credito direttamente ai tornelli. Per sfruttare il Fare Cap, ovvero il premio fedeltà: dopo i primi dodici viaggi, gli altri sono gratuiti se nell’arco di sette giorni. La condizione fondamentale è che si deve registrare la propria carta di credito sul sito delle metropolitane di NY, altrimenti il Fare Cap ve lo fanno col coso lì, col cavolo.

Ci imbarchiamo senza problemi, volo liscio, esattamente come nei titoli di coda di un film, forse un po' distopico rispetto alla nostra realtà, ma sempre un film.

In conclusione una piccola riflessione: come anticipato ogni volta che faccio un viaggio e vedo un nuovo posto per me è tutto così bello che non riesco a resistere alla tentazione di pensare a come sarebbe mollare tutto e andare a viverci.

Questa volta ho assaporato la bellezza di Central Park, la grandezza dei grattacieli di Manhattan, dei suoi musei e l’atmosfera dei film di Woody Allen, dove le persone sembra si prendano tutto il tempo di cui hanno bisogno per staccare dai problemi e rilassarsi. Proprio in quei film visitano musei, fanno jogging, passeggiano sotto il ponte di Brooklyn, magari a Pebble beach, mentre il tramonto arrossa il cielo e le luci accendono i grattacieli. Ho fatto alcune di queste cose alla luce del sole. Con le luci artificiali diventa evidente tutto il resto, ovvero siamo in un luogo così vicino e così lontano da quello che vediamo veramente. Come quando guardi un film, ti lasci trasportare in quel mondo, quando poi il film finisce, torni al tuo mondo.

In genere le distrazioni e i tempi dei viaggi non mi consentono di vedere la polvere nascosta sotto lo zerbino. Qui la polvere è così tanta che lo zerbino è curvo.

 

Il cibo, le differenze sociali, i molti soldi necessari per qualunque minima cosa, le regole di vita così diverse dalle nostre. Tutto trasforma New York in una distopia, bella e amara, lontana, quasi irreale, proprio come in un film resta bello, ma irreale.



giovedì 13 febbraio 2025

Venerdì 8 novembre

Oggi è l’ultimo giorno pieno che trascorriamo a New York, domani dovremo lasciare questo sconfinato teatro di posa perché le nostre scene stanno per terminare. Speriamo che il film venga bene.

Il programma odierno prevede la visita al Guggenheim, sulla 5th Avenue. Non sono molto ferrato e soprattutto amante di questo genere di arte. 

A volte mi sono sbagliato. Il mio precedente incontro con un museo Guggenheim non è stato molto felice, ma qui siamo a New York e non possiamo non andarci.

Già solo la struttura a spirale che ti accoglie all’ingresso è un’opera, dal mio ignorante punto di vista forse opera maggiore del museo. La spirale sale lentamente verso l’alto e le opere sono esposte sulle pareti, con l’intento di elevare i visitatori ad un più alto livello culturale. Sfortunatamente non sempre le spirali escono col buco. Molti ci vengono solo perché il Guggenheim è da vedere, come me. Per lo meno non mi metto a ridere e scherzare disturbando le persone attorno a me per un raggio di dieci metri… Vedi alcuni che girano per le sale senza neanche osservare le opere esposte.

Per quanto mi riguarda continuo a non essere un ammiratore della maggior parte delle opere in mostra, ma ci sono anche alcuni spazi interessanti con quadri che meritano, se non fosse che ogni volta mi ritrovo quei gruppetti chiassosi di turisti.

Poco alla volta si sale sperando di lasciarsi alle spalle i guastafeste e, solo quando arrivo in cima, riesco nell’intento. Guardando la spirale dall’alto in basso ne vedo il lato opposto, forse ancora migliore. Le persone stesse che salgono come formichine rendono l’opera dinamica. Pare che inizialmente quando il museo fu inaugurato si partisse dall’alto per concludere la visita una volta arrivati a terra.

Io preferisco partire dal basso, perché se poi si vuole rivedere qualcosa meglio, se ne ha la possibilità sulla via del ritorno.

 

Usciti dal museo andiamo a mangiare in riva al laghetto Jacqueline Kennedy Onassis, lo stesso dove sono venuto a correre la mattina prima della maratona. Ci tenevo a mostrarlo anche a Cassandra.

Dopo pranzo passeggiamo per Central Park in cerca di qualche angolo da fotografare, è una bella giornata di sole autunnale, fresca, quasi fredda. Non abbiamo il tempo di vedere tutto Central Park, ci vorrebbero almeno un paio d’ore in bicicletta, però passiamo accanto ad un piccolo laghetto dove si noleggiano le barche a remi, vediamo dei campi da baseball, delle grandi aree verdi aperte e passiamo da Strawberry Fields. Usciamo dall’altra parte del parco proprio sotto la centrale fantasmi, il palazzo che si affaccia su Central Park e dove nel film dei Ghostbusters vivevano il Mastro di chiavi e il Guardia di porta.

Il palazzo è identico a quello del film, c’è pure la chiesa accanto. Peccato che manca tutta la piramide superiore. È come se fosse davvero esplosa nel finale del film. Evidentemente l’avevano aggiunta con gli effetti speciali dell’epoca.

Abbiamo ancora un po' di tempo. Decidiamo di camminare fino alla prossima tappa facendoci tutta la Broadway da Columbus Circle fino alla 42esima strada. Passiamo anche da Times Square, stavolta di giorno. L’effetto non è molto differente rispetto alla sera: la caccia al turista è sempre aperta, h24.

Alla quarantaduesima strada cambiamo direzione e andiamo verso il grattacielo Summit One Vanderbilt. Prima arriviamo ad uno dei parchi che volevo visitare: il Bryant Park. Sfortunatamente è invaso da bancarelle e mercatini di Natale. Proviamo ad entrarci ma dobbiamo subito uscire per la calca di gente da fiera dell’artigianato.

Subito lì dietro c’è anche la grande Biblioteca pubblica, altra location di Ghostbusters. Sfortunatamente abbiamo poco tempo e non riusciamo ad entrarci. La vediamo solo da fuori, dalla scalinata dove ci sono i due leoni di pietra. Sia il Bryant Park che la biblioteca fanno parte di quelle “attrazioni” gratuite che meritano di essere viste. Segno per la prossima volta che ci dobbiamo tornare.

Poche decine di metri più in avanti siamo già al nuovo grattacielo.

L’ho tenuto per ultimo perché volevo che fosse qualcosa di diverso dagli altri visti finora. Effettivamente lo è stato. A dire il vero con le sue tre “attrazioni” mi aspettavo qualcosa più in stile Team Labs di Tokyo,  diciamo che è molto all’acqua di rose rispetto ai giapponesi.

 

Nella prima sala, dove c’è davvero molta gente, ci sono specchi ovunque, un po' come al Team Labs o al museo di Plan de Corones. A causa del sole che arriva proprio negli occhi, non ce lo siamo goduti moltissimo. Cerco uno spazio per affacciarmi perché fra poco sarà il tramonto, ma i vetri sono tappezzati di manate e ditate. Proviamo a salire più in alto sperando che la vista sia migliore.

Passiamo alla seconda sala dove mi scattano una foto dall’alto mentre sono in piedi su un pavimento trasparente, dovrebbe dare un certo effetto tipo camminata nel vuoto con sotto i grattacieli. Simpatico, niente di che.

La prossima sala invece sembra la più divertente: in una stanza che si affaccia sul retro, quindi in direzione Central Park, ci sono molti palloncini a specchio, così come le pareti sono specchi. La gente si diverte a farli svolazzare e fare foto. Un po' poco…

Per ravvivare l’atmosfera ingaggio una battaglia con Cassandra a colpi di palloncinate calciando nel mucchio e facendo volare tutto come se fossero saltati in aria. Ci stiamo iniziando a divertire quando alcuni palloncini scoppiano… E arriva la guardia a dirci di calmarci.

Il gioco è bello quando… si fa bordello.

Gioco finito.

Per sala seguente prendiamo una scala mobile per riaffacciarci sulla città quando manca poco al tramonto. Cerco un punto buono per fare foto. Non sono appiccicato al vetro come la maggior parte della gente. Mi trovo una balaustra di vetro da cui si vede una grande finestra con l’Empire State Building, il fiume Hudson che scorre in diagonale, il sole che scende all’orizzonte. Il tutto incorniciato da colonne di vetro a specchio.

 

Rimango lì per un po', seguendo il lento movimento del sole che scende dietro la linea dell’orizzonte e aspettando che il cielo prenda quella tonalità arancione che abbiamo imparato ad amare proprio qui a New York. Un bel quadro.

Dopo il tramonto usciamo all’ultimo livello, all’esterno. Ora mi sbizzarrisco con i time-laps e… Brrrrrrr! Che freddo!

In cima al grattacielo c’è un vento gelido che passa tra una lastra di vetro e l’altra. Resisto quel tanto che mi basta per fare qualche time-laps e poi raggiungo Cassandra che si è rifugiata al caldo.

Bello, sì, se devo essere sincero non è il miglior tramonto visto qui a New York, se devo decidere il più bello… Ci vorrebbe una classifica, anzi, una superclassifica!

 

Come tutti i gatti vado sopra i tetti,

appoggiato alla vetrata centrale,

io controllo il tramonto locale…

maooooo.

 

Al quarto posto questa settimana scende il One World, dove la scoperta dei time-laps non lo salva dall’ultima posizione in classifica. Al terzo invece sale, di poco il Summit Vanderbilt, merito soprattutto della vetrata scenografica che ha immortalato il tramonto come se fosse un’opera fantascientifica.

Al secondo posto rimane stabile anche questa settimana il Top of the Rock, con la sua vista sui più bei grattacieli newyorkesi incorniciati dal cielo arancione.

Al primo invece è salito, per rimanerci chissà quanto, il tramonto di Brooklyn dalla riva del fiume e la conseguente passeggiata sul ponte di Brooklyn.

 

All’uscita del grattacielo ci ritroviamo in un altro luogo famoso della città: la Grand Central Station. Il cuore nevralgico del trasporto pubblico e privato della città. Non so quanti film abbiano girato qui. A me vengono sempre in mente i soliti come “Io sono leggenda”, “Avengers”, “Intrigo internazionale”, “Carlitos way”, “La leggenda del re pescatore”, “Men in black” e tanti altri. La stazione è di proprietà proprio della famiglia Vanderbilt che l’ha costruita e ha edificato il grattacielo su cui siamo appena stati.

Il suo soffitto altissimo è una volta su cui sono stati rappresentati i segni zodiacali e al centro della sala c’è l’iconico orologio a quattro facce che sfido chiunque a non aver mai visto.

Se però si scende nel livello inferiore c’è un aspetto simile a quello di piazza dei Mercanti a Milano: un punto chiamato Galleria dei Sussurri che, grazie alla sua struttura architettonica permette di sentire quello che una persona dall’altra parte della galleria sta dicendo, anche se in mezzo c’è molto rumore.

L’abbiamo provata ovviamente, secondo me funziona meglio quella di piazza dei Mercanti.

Ci sarebbe anche un binario segreto che veniva usato dal presidente Roosvelt, oggi abbandonato. Il binario 61 era collegato direttamente all’Hotel Waldorf Astoria, questo perché la stazione che si vede in superficie è solo la punta dell’iceberg: è talmente grande che si estende nel sottosuolo di tutti gli edifici che la circondano.

 

Per concludere la serata e far finta per l’ennesima volta di essere in un film, passiamo da Fao Schwarz, il negozio di giocattoli del Rockfeller Center. Non so quanti si ricordano il film di Tom Hanks degli anni ’80 in cui la sua versione bambino, dopo aver espresso un desiderio alla macchinetta del Grande Zoltar, si trasforma in un trentenne. In questo negozio c’è proprio il Grande Zoltar, non solo. Dopo aver resistito alla tentazione di ritornare dodicenne, ci mettiamo ad esplorare il negozio in cui il Tom Hanks trentenne si mette a giocare come un bambino, viene assunto e fa carriera.

Non so quanto sia cambiato nel tempo, sembra ancora molto simile al film. C’è perfino il piano che si suona saltandoci sopra con i piedi. I commessi, dei veri venditori professionisti, giocano e fanno giocare i bambini per vendere ai genitori gli articoli con cui stanno giocando.

Non è un supermega magazzino di giocattoli, non c’è tutto. Vale la pena farci una visitina se siete in zona, sarà comunque divertente.

mercoledì 12 febbraio 2025

Giovedì 7 novembre

 

Questa mattina andiamo a vedere quello che è uno dei simboli di New York: l’Empire State Building.

Non è così alto come i grattacieli più recenti, c’è anche da dire che risale all’inizio del novecento e per costruirlo ci hanno messo solo 13 mesi!

Roba che in Italia non hanno nemmeno finito di discutere se il progetto si può fare o meno.

Altra cosa da ricordare, non penso ce ne sia bisogno: King Kong. Il gorillone ha scelto proprio questo grattacielo per arrampicarsi alla fine della sua storia. Non ero certo si trattasse dell’Empire o del Chrysler, sicuramente mi sono confuso con alcune scene di Batman.

È mattina, abbiamo il sole alle spalle, o meglio, se guardiamo verso Downtown è alle spalle, mentre se guardiamo verso Uptown l’abbiamo di fronte.

Qui si può uscire all’aria aperta, fresca soprattutto. La vista è bella.  Forse è meglio stare sugli altri grattacieli e avere l’Empire in mezzo al panorama da fotografare.

In ogni caso da qui si vedono molto bene gli altri Skyscrapars come The Edge, il OneWorld e il Top of the Rock, scenograficamente il meno bello da vedere. La giornata è soleggiata. Ne approfitto per dilettarmi in qualche altro breve time-Laps, dopodiché direi possiamo passare alla prossima tappa di questa giornata fitta di impegni.

Chinatown.

 

Chissà cosa mi credevo di vedere, non lo so. Sicuramente non me l’aspettavo così sporca e puzzolente. In alcuni momenti sembrava di stare in una latrina a cielo aperto… Gironzoliamo un pochino in cerca di qualcosa di carino e, dopo essere finiti nelle uniche due strade superstiti di Little Italy, dove ci sono solo ristoranti per turisti da cui esce musica italiana un po' datata, andiamo a cercare il Bloody Angle, ovvero Doyer street. Così soprannominata perché a causa della sua curva stretta era teatro di massacri tra gang. Oggi invece è una strada piccola e corta, colorata e ricca di localini. Proprio lì vicino troviamo anche la casa più vecchia in mattoni rossi di New York, la Edward Mooney House che risale al 1785. Peccato sia praticamente in stato di abbandono e ricoperta da impalcature. Solo un vecchio cartello appiccicato sulla porta che sembra quasi un annuncio di persone scomparse, ne indica l’autenticità.

 

È ormai pomeriggio quando decidiamo di abbandonare questa zona e, salendo sul Manahattan bridge, ci incamminiamo per lasciare l’isola.

Siamo sul lato assolato e si cammina in salita, sembra di essere in tarda primavera. Sotto di noi sulla destra c’è ancora Chinatown e ci rimarrà per almeno venti minuti. Il ponte è piuttosto lungo e a più livelli: sopra passano le auto, sotto la metropolitana. Noi siamo al livello dei treni. Ne passano parecchi e li sentiamo tutti. Nonostante vadano piano, fanno un gran rumore.

La ciclabile pedonale non è deserta ma quasi. Solo ogni tanto incontriamo qualcuno che cammina o corre. Siamo tra i pochi avventurosi che non hanno preso la metropolitana. Rumore a parte, è molto bello camminare sopra il fiume con il panorama del ponte di Brooklyn sulla destra e lo skyline di Manahattan alle nostre spalle, mi fa sentire quasi un newyorkese durante il fine settimana, oppure un lavoratore che sta tornando a casa a piedi.

Ci impieghiamo una buona mezzora per attraversare il fiume e anche quando arriviamo sulla terra ferma, il ponte continuerà ad essere molto alto sulla città. Lo percorreremo per almeno altri venti minuti.

Scendiamo a terra, ci ritroviamo in un quartiere poco riconoscibile della città, almeno fino a quando, dopo altri venti minuti, non arriviamo alla famosa strada: tra le due fila di palazzi del Dumbo spunta il Manahattan Bridge. Non sto parlando dell’elefante volante della Disney, ma del quartiere D.U.M.B.O. che significa Down Under the Manhattan Bridge Overpass.

 

È una zona molto famosa per via del film “C’era una volta in America”, la cui inquadratura è rimasta invariata in tutti questi anni, se non per i troppi turisti che lo affollano.

A dire il vero pensavo che il ponte fosse quello di Brooklyn, ovviamente mi sbagliavo. Cercando di schivare i vari selfisti, provo ad imitare il direttore della fotografia di Sergio Leone, con scarsi risultati. Mentre affino le inquadrature, mi accorgo che in una certa posizione, proprio all’interno dell’arco di uno dei pilastri, si può vedere chiaramente l’Empire State Building, lo stesso grattacielo dove siamo stati questa mattina. Fossi capace di fare le foto...

 

Usciamo dal Dumbo e ci ritroviamo sulla riva del fiume Hudson, esattamente ai piedi del ponte. La passeggiata è una sequenza di punti panoramici irrinunciabili per qualunque fotografo, bravo o scarso che sia, per cui non mi faccio problemi a cercare la foto perfetta. Qui c’è Pebble beach che dovrebbe essere uno dei posti migliori per vedere il tramonto, ma ora è ancora presto, così andiamo a vedere un vecchio magazzino portuale dove hanno allestito un piccolo centro commerciale. Non è bello come il Chelsea market, però un giretto veloce lo si può fare.

 

Seguendo la passeggiata arriviamo alla giostra del Jane’s Carousel, una famosa giostra, piuttosto datata, di cavalli di legno. Siamo quasi sotto il ponte di Brooklyn per cui veniamo attirati lontani dalla giostra.

Tempus fugit. Ci ritroviamo dall’altra parte del ponte, con il sole che pian piano scende verso l’orizzonte. Visitiamo prima il parco del ponte di Brooklyn, poi arriviamo fino al molo 2, trasformato in parco pubblico con piste da skate, tanti campi di Pickleball, una specie di paddle, campi da basket e altro. Tutto ad ingresso libero e con la vista sullo skyline di Manhattan. Ovviamente il molo è molto grande e c’è gente che ci corre attorno sfruttando una larga passeggiata dove molti riposano sulle panchine leggendo o ascoltando musica.

Ecco, questo è uno dei tanti momenti in cui un viaggiatore come me pensa che vorrebbe vivere qui. Il parco continua lungo la costa anche su altri ex moli trasformati, almeno fino al numero 6. Alle nostre spalle la città si alza con la passeggiata rialzata che si chiama Brooklyn Heights Promenade. Alle sue spalle si ergono ville dal valore commerciale non calcolabile. Ok, vorrei vivere qui. Economicamente non potrei mai viverci.

Il cielo si sta arrossando, torniamo un pochino indietro in modo da avere la visuale libera sul tramonto.

 

Siamo quasi a livello dell’acqua che lambisce i vecchi pali di legno di un vecchio molo. Il sole sta scendendo verso l’orizzonte tra le silhouette nere delle strutture del porto di New York a sinistra, e quella della Statua della libertà sulla destra. In cielo volano gabbiani ed elicotteri, in acqua passano battelli e navi mercantili. Tutti neri su sfondo rosso.

Il tramonto più bello che abbiamo visto a New York. Ne è davvero valsa la pena camminare tanto fino a farsi venire i dolori ai piedi.

 

Pochi minuti dopo che il sole è sceso, l’aria che arriva dal mare inizia a farsi frizzante. Prendiamo la strada che ci riporta nelle viscere di Brooklyn per poter questa volta attraversare il famoso ponte a piedi.

Ci mettiamo un po' a trovare le scale che ci fanno salire sulla ciclabile. Non siamo soli, c’è molta gente che come noi ha avuto la stessa idea. Come dargli torto, è uno dei momenti più belli per percorrerlo. Anche se siamo ancora all’inizio del ponte e circondati dai palazzi, c’è quella luce arancione fantastica che si riverbera dai grattacieli. Ci affacciamo sul fiume e la magia esplode.

 

Il cielo dove il sole è sceso si è colorato tutto di un arancione acceso. Nonostante sia passato molto dal tramonto questa luce persiste illuminando la Statua della libertà, che ora si vede chiaramente stagliarsi nel suo vivo verde rame. Di fronte a noi i grattacieli di Manhattan stanno iniziando ad accendersi e sotto di noi le macchine sfrecciano. Sulla destra invece i grattacieli non sono ancora accesi, ma illuminati dal riflesso arancione del tramonto.

 

Non vorrei più scendere da questo ponte. Camminiamo piano piano e ci giriamo continuamente per non perderci nulla di questa meraviglia.

Quando scendiamo a Chinatown, neanche ci accorgiamo dove siamo e prendiamo subito la metropolitana per casa con ancora negli occhi quella calda luce arancione, oggi ancora più bella.