venerdì 10 dicembre 2021

Celleno

 

Per completare il giro del decadimento geologico chiudiamo con Celleno, altro piccolo centro in cui l'erosione è arrivata a livello quasi terminale, costringendo i suoi abitanti ad evacuare le proprie case già dagli anni 50.
 

Oggi è rimasto solo il Castello Orsini e pochissimi edifici ancora "abitabili", ovvero con il tetto. Ne saranno rimasti forse uno o due.
 

Il resto è tutto evacuato e reso "visitabile" con cartelli che indicano cosa fossero i resti degli edifici che si affacciavano sulla piazza principale: Poste e telegrafi, chiesa, il ciabattino, il fabbro. Praticamente è diventato un museo diffuso.
 
Non per niente Celleno è definita “il borgo fantasma”.
 

In un edificio integro c'è una piccola mostra di materiale "fonico".
Un signore di una certa età ha messo a disposizione la sua collezione di grammofoni, fonografi e simili. Basta fermarsi davanti ad uno di essi e lui parte a parlarne come se avesse un sensore di movimento. Non siamo gli unici e ascoltarlo.

È piacevole e interessante, ma dopo circa trenta minuti dobbiamo evadere. Solo quando entra un'altra coppia riusciamo a sganciarci: sfruttando la terza legge di Newton spingiamo l'altra coppia verso il signore dei grammofoni e ne sfruttiamo la forza repulsiva per uscire dall'edificio.
 
Gironzoliamo ancora un po’ nel borgo. L'ora è giunta, si torna casa, per il momento.
 

giovedì 9 dicembre 2021

Civita di Bagnoregio

 

Lasciamo Orvieto con la speranza di tornarvi presto. Ci dirigiamo verso casa, non prima però di aver visto un paio di obiettivi che incontriamo lungo la strada del ritorno.
Il primo è Civita di Bagnoregio, la città che muore.
 

Come Todi e Orvieto, anche Civita di Bagnoregio sorge su uno sperone di tufo, ma qui siamo ad un livello molto più avanzato. Ciò che rimane del piccolo centro sono pochissime case che spuntano da un cucuzzolo sporgente in mezzo ad una grande valle su cui l'erosione ha lasciato un segno visibile nei calanchi che sporgono più avanti.
 
La città vecchia oggi è raggiungibile solo rigorosamente a piedi pagando un simbolico biglietto di accesso. Si raggiunge attraverso un lungo ponte moderno che passa dove un tempo c'era una lingua di terra che collegava la città con il resto della valle e dell'abitato.
 

Il ponte è molto lungo. Per arrivarci bisogna scendere dalla terrazza a cui si arriva dall'attuale città e camminare un po’.
La salita al sole non è male, non è un problema. Non si può dire la stessa cosa per i molti turisti in sovrappeso e infradito che sorpassiamo mentre li sentiamo ansimare come Darth Vader.
 

Cassandra mi spiega che qui la gente non viene per ammirare la meraviglia geologica della città, bensì per mangiare! Nonostante il paesino sia ormai ridotto all'osso, si trovano diversi ristorantini che non sembra soffrano la crisi, tutt’altro. Molti si lamentano di non trovare posto per consumare il pasto al tavolo.
 
Mentre saliamo incontriamo le prime strutture, crollate intorno agli anni 50, poi passiamo sotto la porta di accesso e siamo già quasi nel centro. Attraversiamo una piccolissima piazzetta e dopo pochi passi siamo nella piazza "grande" della chiesa. Entriamo subito nel piccolo Museo Geologico delle Frane per capire la storia della città, la sua lenta erosione e i tentativi fatti per cercare di non far crollare ulteriormente le case.  Non facciamo in tempo a vedere la chiesa sulla piazza che ci cacciano fuori per la pausa pranzo (qui sacrosanta!). Dimenticavo, si viene qui per i ristoranti!!
 

Probabilmente non c'è molta speranza di mantenere in piedi Civita di Bagnoregio, visto il poco rimasto e ciò che abbiamo letto nel museo. Sommato tutto questo a quanto imparato da Valerio nei sotterranei di Todi...Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate.
Forse è per questo che spingono tanto sui ristorantini, come Venezia. Anche lì cercano di sfruttare il posto il più possibile prima della fine…
 
Comunque Civita è carina, si gira in pochissimo.

Scendendo dall'altra parte si passa in quel che resta di una via cava. L'imbocco del sentiero che porta ad una galleria che attraversa completamente da parte a parte la città, però non è accessibile a causa di recenti crolli.
Qualcuno rischia, a noi non sembra il caso e torniamo indietro a mangiare un panino godendoci le scenate dei turisti che girano in continuazione da un ristorante all'altro sperando di trovare un tavolo libero. Sembrano le palline di un flipper.
 
 

mercoledì 8 dicembre 2021

Museo etrusco “Claudio Faina” e Chiesa di Sant'Andrea

 

Emersi da questo primo trittico museale, riusciamo a sgranchirci le gambe quel tanto che basta per attraversare la Piazza del Duomo ed infilarci nel Museo Etrusco “Claudio Faina”.
Il nome lo deve al collezionista privato che ha fondato questo museo nel 1864 esponendo i pezzi che raccolti nella sua vita da appassionato di archeologia.
Il risultato non è male, anzi.
Bellissima collezione di materiale etrusco che merita assolutamente di essere vista.
Non ancora sazi di Orvieto, cerco di mettermi d'accordo con un archeologo che organizza visite guidate nei siti al di fuori della Carta Unica. Si tratterebbe di visitare un'altra necropoli, un altro pozzo e un paio di siti etruschi all'interno della città.

Purtroppo non arriviamo ad un accordo. Decidiamo di rimandare ad una prossima visita di Orvieto, il cui soggiorno ci ha del tutto convinto a tornare per completare ciò che è sfuggito.
 
Tanto per essere sicuri, riprendiamo a girovagare per i vicoli della città e finiamo in uno dei siti che avremmo dovuto vedere con l'archeologo: la Chiesa di Sant'Andrea.
Carina, ma la vera chicca sarebbero stati i sotterranei, che senza l'archeologo non si possono vedere... Chiudiamo qui.

Cerchiamo un posto per mangiare questa sera e goderci l'atmosfera etrusco-medievale di questa bella cittadina.
 
 

martedì 7 dicembre 2021

Museo Emilio Greco - Museo dell'Opera del Duomo - Museo nazionale

 
Riemersi alla luce del giorno, giusto il tempo di mangiare qualcosa, ci andiamo a rintanare in una serie di musei.
Il primo è il Museo Emilio Greco accanto al Duomo nel Palazzo Soliano del trecento, dove troviamo opere scultoree di Emilio Greco, colui che ha realizzato le porte bronzee proprio del Duomo.

La visita è abbastanza rapida, così passiamo al Museo dell'Opera del Duomo, in cui sono presenti diverse terracotte dal duecento in poi e alcune opere pittoriche relative al Duomo. Anche questa visita è abbastanza veloce.

Iniziamo a pensare che questi musei siano solo dei “contorni” al Duomo, ma nel Museo archeologico nazionale arriva finalmente il bello.
Ci sono grandi sale ricolme di reperti provenienti da varie necropoli etrusche della zona, soprattutto da quella del Crocifisso. I reperti sono davvero belli e vari. Davanti a queste vetrine il tempo inizia a scorrere diversamente.
 

Abbiamo perfino affreschi interi relativi a due tombe. Sono di un certo pregio, sebbene forse a causa dello stato di conservazione, o per essere stati strappati in loco, non sembrano magnificenti come quelli della Necropoli di Tarquinia. In origine dovevano essere davvero eccezionali.
 
Vediamo anche reperti romani e medievali, giustamente in parte minima rispetto a quella etrusca.
 
 

lunedì 6 dicembre 2021

Orvieto sotterranea

 

Dopo essere emersi dalla magnificenza del Duomo, approfittiamo per fare merenda e andiamo a vedere Orvieto Underground, già ieri preventivamente prenotata.
Scendiamo lungo il fianco della città a ovest ed entriamo in un grande ambiente scavato nel tufo.

Orvieto è tutta costruita sul tufo. Ogni abitante che nei secoli ha vissuto qui, si è scavato sotto casa un'altra stanza e il materiale estratto veniva utilizzato in superficie per costruire nuovi edifici.
Col passare del tempo e delle civiltà (etrusca, romana, medievale), la città, il cui nome odierno sembra derivi dal latino Orb Vetus, divenne una groviera di gallerie che ancora oggi la sorreggono. Poche sono visitabili, pare siano circa 1200 ambienti più o meno grandi.
 

Il sito dove entriamo per la visita era utilizzato come frantoio e, col passare del tempo, l'ambiente è diventato sempre più ampio.
Purtroppo se si scavava troppo potevano verificarsi dei disastri. Quindi nel medioevo venne fatta una legge che imponeva restrizioni ben precise su come e quanto scavare.

Ovviamente non sempre venivano rispettate, come accadde alla galleria che visitiamo, diventata poi una cava. Se i minatori venivano scoperti durante lo scavo, la cava veniva chiusa.
Qualcun altro però deve aver aperto un ulteriore passaggio. Andiamo a vederlo: abbiamo altre serie di stanze utilizzate come colombari, in cui centinaia di uccelli venivano allevati e permettevano ai proprietari di mangiarne la carne e soprattutto venderne.
Erano ambienti quasi a costo zero perché i piccioni venivano spontaneamente solo a dormire e riporre le uova, mentre il cibo se lo cercavano autonomamente fuori.
 
 

Duomo di Orvieto

 

Il secondo giorno ad Orvieto prevede un tour de force che inizia subito con un pezzo da novanta: il Duomo/Basilica cattedrale di Santa Maria Assunta.
Qui di solito viene celebrato annualmente il Miracolo eucaristico di Bolsena, sì proprio quella di Bolsena. In pratica il prete che assistette al miracolo portò a Orvieto il panno (corporale) chiazzato dal sangue che uscì dall’ostia spezzata.
 
Il Duomo è fantastico, pure fuori con tutte le statue e la facciata ripulita da poco, ma il bello è anche dentro: il Presbiterio tutto affrescato, la Cappella del Corporale e la Cappella di San Brizio.

In teoria in quest’ultima si potrebbe rimanere poco tempo, ma c’è poca gente e io e Cassandra ci prendiamo tutto il tempo necessario per vedere ogni parete e angolo dell’opera d’arte di Luca Signorelli. La decorazione era stata iniziata da Beato Angelico, poi il Signorelli prese in mano tutto e realizzò quello che vediamo oggi.


Con l’aiuto di internet troviamo una buona descrizione di tutta la cappella. Come al rallentatore, noi rimaniamo al centro mentre il via vai dei pochi turisti ci gira intorno.
Rimaniamo piantati lì per più di un’ora.

Usciamo solo perché è tardi e dobbiamo vedere i pochi angoli del Duomo che ci mancano prima di andare alla prossima tappa.
 

sabato 4 dicembre 2021

Pozzo della Cava


La sosta alla chiesa ha fatto cambiare idea al temporale. Anche se non è tornato il sole, sembra che per il momento non pioverà. Ne approfittiamo per attraversare quasi tutta la città e andare in un altro posto accessibile con la Orvieto Card: Il Pozzo della Cava.

 
Si trova quasi all'estremità opposta della città, in un vicolo che sembra scendere verso valle e i cui tratti assomigliano sempre di più a quelli di un piccolo borgo man mano che si scende.
È all'interno di un negozio di ceramiche e si sviluppa sotto di esso per diversi livelli.
In origine era un pozzo etrusco, riaperto nel medioevo per attingervi acqua, chiuso poco più di un secolo dopo.
 

Le leggende raccontano che sia stato chiuso per una serie di sparizioni, tra ufficiali francesi e donne del posto, oppure che venne chiuso durante la guerra di Castro, che trasformò via della cava, dove si trova il pozzo, in una fortificazione.
 


Scendendo nei vari livelli non c'è solo il pozzo a testimoniare l'utilizzo di questo luogo.
Si incontrano infatti una fornace medievale, dei butti, una tomba etrusca trasformata nel medioevo in un follone (macchinario medioevale per lavorare i tessuti), la cisterna etrusca, una cantina medievale, i resti di una torre medievale, una muffola, ovvero una sala per la terza cottura della ceramica, una cava con il secondo pozzo e i cunicoli etruschi.
 


Il tutto è un perfetto esempio di come gli abitanti di Orvieto abbiano sfruttato il tufo della città, scavando sotto la propria casa, estraendo materiale da costruzione e continuando a scavare.

In questo modo hanno creato centinaia di ambienti sotterranei e reso una groviera il sottosuolo della città.
 
Quando usciamo il proprietario del negozio e del ristorante confinante ci fa entrare nella sua sala da pranzo per una prova di coraggio... Io già immagino mi chieda di indossare una maglia rossonera o peggio ancora bianconera...Per fortuna niente di tutto questo.

Ci fa fermare su una lastra di vetro e accende la luce: siamo proprio sopra il pozzo etrusco che scende per 14 metri. Non soffrendo di vertigini la prova è superata.



Sulla strada del ritorno passiamo accanto alla Torre del Moro. Manca poco alla chiusura, almeno non c'è nessuno. Saliamo le scale fino alla cima così da vedere tutta la città sotto i nostri piedi.

 



venerdì 3 dicembre 2021

Chiesa di San Domenico

 


Lasciata definitivamente l'auto, ci incamminiamo verso il centro e questa volta capitiamo davanti alla Chiesa di San Domenico, che non fa parte della Orvieto Card.
 
Purtroppo demolita in gran parte nel 1932 per far spazio all'accademia femminile di educazione fisica, della struttura originale rimane pochissimo.
Doveva essere molto bella e antica (risaliva al 1233), ed era forse una delle prime chiese dell'Ordine Domenicano.

Di originale è rimasto poco: il Mausoleo del cardinale Guillaume De Braye realizzato da Arnolfo di Cambio, la cattedra utilizzata da Tommaso d'Aquino per le sue lezioni di teologia e la Cappella Petrucci realizzata tra il 1516 e 1523 da Michele Sanmicheli.
 
 

giovedì 2 dicembre 2021

Necropoli del Crocifisso

 

Usciti dal Pozzo di San Patrizio siamo ancora nei pressi del parcheggio. In quel momento mi viene un'idea: per vedere una delle cose che fanno parte della Carta Unica ci vuole la macchina. Decidiamo di andarci subito così poi non la toccheremo più per tutto il resto del soggiorno.
In pochi minuti siamo alla Necropoli del Crocifisso che sorge poco sotto lo sperone di Orvieto. In realtà non era molto lontano e ci si poteva anche andare a piedi, però l'unica strada che vi arriva non è molto consigliabile a piedi.

Alla necropoli c'è anche un piccolissimo museo, ma al nostro arrivo ci sono già dentro due persone, il massimo consentito per limiti Covid, così decidiamo di vedere prima l’esterno.
 
La necropoli visitabile è proprio piccola e davvero particolare, almeno per la nostra esperienza. Sembra un mini quartiere di casette squadrate e divise da vie come quelle di un minuscolo centro abitato.

Del resto gli etruschi si facevano costruire le tombe a forma di casa, soprattutto l'interno che scolpivano come se avesse un tetto di legno. Poi arredavano con dei letti di pietra su cui riponevano i morti. La maggior parte delle necropoli da noi visitate erano scavate nella roccia, mentre qui le tombe sono state proprio costruite. Solo a Cerveteri abbiamo visto quartieri simili.
La forma della casetta si ritrova anche quando si entra nelle tombe, si vede chiaramente la volta a spiovente.
Altra particolarità di questo sito sono dei cippi funerari che spuntano un po’ dappertutto, e soprattutto le iscrizioni in etrusco proprio sugli stipiti delle tombe che indicavano chi vi era sepolto.
 

La necropoli ovviamente è stata più volte depredata. Inoltre gli scavi archeologici nel 19° secolo non furono eseguiti proprio ad opera d'arte, difatti la maggior parte dei reperti sono sparsi nei vari musei d'Europa e America.
Le tombe che vediamo oggi sono solo una piccola parte, il resto giace ancora sotto la terra che nei secoli ha ricoperto il sito facendolo dimenticare agli abitanti di Orvieto.
Vorrei provare a cercare meglio se si intravedono altre tombe. L'erba alta ci rallenta, un improvviso calo di temperatura e vento che si alza ci sospingono vigorosamente verso l'uscita. Il segnale che il tempo sta cambiando è evidente, così anche noi, dopo aver visto velocemente il museo, cambiamo meta e torniamo a Orvieto.
 
 

mercoledì 1 dicembre 2021

Il Pozzo di San Patrizio



Come prima tappa scegliamo uno dei monumenti più singolari e iconici della città: il Pozzo di San Patrizio che si trova proprio accanto alla Fortezza Albornoz, all'estremità est del centro abitato. Appena fatto il biglietto ci dicono che dovremo uscire entro mezz’ora perché purtroppo oggi chiuderanno presto a causa di alcune riprese televisive.
- Non ci sarà mica “Il Figlio”?
Lo sguardo sorpreso della giovane cassiera mi fa capire che ci ho preso.
- Non si preoccupi, non lo dico a nessuno, nemmeno a Cassandra, altrimenti col cavolo che esce dal pozzo, anzi, sarebbe capace di nascondersi dentro per fargli un agguato...
In realtà glielo dico eccome, però le dico anche che sarà pieno di telecamere, a cui tutte le profetesse Trite sono estremamente allergiche.

Il pozzo è una grande struttura scavata nel tufo con due scale a spirale che sembra siano state progettate apposta in previsione di tempi pandemici come questi: una scala per scendere e una per salire in modo che chi sale non incrocia mai chi scende.
Sfortunatamente quando scendiamo ci sono alcune famiglie con ragazzini molto vivaci e chiassosi. Devo ammettere che ho fatto molta fatica a non gettarne tre o quattro giù dalle molte finestre che si affacciano sul pozzo, soprattutto quando eravamo ancora molto in alto...
Poi ho visto i genitori che erano così stressati che pareva li avessero sciolti con la speranza che cadessero nel vuoto per conto loro... tanto ne abbiamo altri...
Aspetto Cassandra per sapere se gli dèi hanno bisogno di qualche sacrificio... Per loro fortuna Cassandra aveva previsto tutto e mi porta via distraendomi mettendosi in posa per qualche fotografia.

Una volta giunti sul fondo poi, la pace! Come erano arrivati, i piccoli diavoli della Tasmania se ne erano andati, portandosi dietro i loro genitori e lasciandoci il pozzo tutto per noi.
Siamo tentati di cercare un pertugio in cui nasconderci per fare una sorpresa "Al Figlio" (Alberto Angela), ma anche noi siamo qui per “vedere, scavare, vasi, culturale”, così andiamo in cerca di altro da vedere, magari cavalieri, o perfino spingitori di cavalieri.
Usciti, ci incamminiamo per le viuzze della città, diretti in centro per vedere qualunque cosa ci troveremo di fronte, lasciandoci guidare solo dall'istinto. 

venerdì 29 ottobre 2021

Orvieto



Ecco un'altra tappa che puntavo da taaaanto, tempo, quasi da quando sono venuto a vivere a Roma, ormai sei anni fa...
Non conoscevo assolutamente niente di questa città. Ogni volta che prendevo il treno per andare a incontrare Cassandra e passavo sotto Orvieto, la notavo là in alto sul bel cucuzzolo, come fosse il podio di un grande monumento del passato che tutti coloro che lo vedono sono costretti ad ammirare per la sua dimensione. In realtà dal treno ho sempre pensato fosse molto piccola, ma non per questo priva di fascino, anzi…


Orvieto è un altro centro sorto sul tufo e, come si può immaginare, anche qui gli etruschi ci sono stati. A volte sembra quasi non se ne siano mai andati. Nonostante sia una piccola cittadina, sono rimasto molto sorpreso dalla quantità di cose che ha da mostrare. È davvero fantastica per due assetati di arte, archeologia e storia come noi. Per di più l’azienda turistica ha creato apposta un biglietto cumulativo unico, la Carta Unica, con cui si possono vedere le maggiori attrazioni e, per evitare di intasare le piccole strade con auto, moto e suv, vale anche su tutti i mezzi pubblici.

Così subito dopo aver preso possesso della camera, tra l'altro molto carina e a pochi passi dalla Piazza del Duomo, andiamo a lasciare l’auto. A tal proposito spendo un paio di parole sul parcheggio: essendo piccola e visitabile a piedi, l'auto si può tranquillamente lasciare per quasi tutto il tempo in sosta. Ci sono diverse soluzioni che permettono di non ingolfare la città di macchine, alcune più comode e costose, altre moooolto più convenienti. Noi abbiamo deciso di scegliere quest'ultima lasciando il nostro fedele destriero al grande parcheggio dell'ex caserma, dove si paga qualcosa come uno o due euro al giorno, non ricordo di preciso, comunque pochissimo.

giovedì 28 ottobre 2021

Todi


Appena arrivati ci rendiamo conto che la sistemazione per la notte non è il solito B&B. Questa volta siamo in un ex convento da pochissimi anni ha aperto al pubblico. La struttura è grande e probabilmente nei periodi di alta stagione deve essere molto frequentata perché, al contrario di dove abbiamo dormito in questi ultimi vagabondaggi, qui non siamo gli unici ospiti.

Iniziamo subito a esplorare la città arrampicandoci verso il centro. La salita per arrivarci è davvero ripida. Todi infatti è costruita su un cucuzzolo. A parte la grande piazza del centro, il resto è praticamente in pendenza.
Sebbene fuori dall'itinerario della Tuscia, abbiamo scelto di venirci per le previsioni climatiche più favorevoli e le diverse cose da fare e da vedere.
 
Si comincia dalla Concattedrale della Santissima Annunziata in Piazza del Popolo.

In realtà quello che bramavo di vedere a Todi, erano le Cisterne Romane ma, come veniamo a sapere dall'ufficio turistico che si affaccia sulla piazza del centro, sono chiuse causa Covid e non si sa quando riapriranno.

Giusto per non farle sentire discriminate, hanno chiuso anche la Casa Dipinta e il Museo Lapidario.
Quando poi provo a chiedere di Todi Sotterranea, la gentilissima signora assume una strana espressione: ci tiene infatti a chiarire bene che l'associazione Todi Sotterranea non ha nulla a che fare con le Cisterne Romane

Poi ci va giù un po’ più pesante: secondo lei si tratta di un gruppo di pazzi che ti fanno scendere in cunicoli sotto la città in condizioni non proprio in sicurezza. Convengo con lei che non è una cosa da prendere in considerazione (in realtà mi sono già messo d'accordo ieri con uno di questi "pazzi" per esplorare i sotterranei di Todi).
Appena usciamo ne parlo con Cassandra, pronto a cercare di convincerla che infilarsi in qualche galleria buia potrebbe essere comunque divertente e interessante...
Già mi sento al telefono per rinunciare all'escursione...

E invece Cassandra dice che gli dèi si sono espressi favorevolmente.
Secondo me non c'è campo.
L'appuntamento con la speleologia però è alle 18, così andiamo ad esplorare il resto della città, in particolare la Chiesa di San Fortunato, dove saliamo anche sul campanile.

Quindi torniamo per vedere la piccola ma affrescatissima Chiesa della Nunziatina. Tanto per far capire la sua ricchezza, posso aggiungere che viene definita “cappella sistina di Todi”.
 

Si è fatto tardi!
Todi Sotterranea ci aspetta!
Non conoscendo bene la città, anche se piccola prendiamo la macchina e andiamo a vedere cosa ci aspetta.
Parcheggiamo davanti al cancello di un condominio un po’ fuori e in basso rispetto a Todi medioevale, ma sempre sulla collina. Valerio, il ragazzo che ci accompagna e farà da guida sembra essere un pochino più giovane di noi. Per prima cosa ci dà un casco. Poi chiede se soffriamo di claustrofobia o di vertigini. Nessuno dei due.
Imbocchiamo un piccolo sentiero e dopo neanche cento metri ci troviamo di fronte ad un fontanone in stile decisamente contemporaneo e ad un tombino aperto.
Racconta che quando lui e il suo socio erano ragazzini venivano a giocare qui, ma del fontanone non vi era traccia: era completamente sepolto! Solo dalla nonna seppe che quando era bambina, veniva qui con la sua nonna a lavare i panni.
Col passare del tempo i due ragazzi sono cresciuti e, studiando la storia di Todi, gli è venuta la bizzarra idea di iniziare a scavare per trovare il fontanone. L'hanno trovato. Sembra sia sempre stato lì, con l'acqua che riempie il vascone.

Poi ci indica il tombino, e chiede se siamo pronti ad entrarci: io guardo dentro e non vedo quasi il fondo, solo una scaletta di metallo attaccata alla parete. Pronti!
Senza imbragature o sostegni di sicurezza inizio a scendere, come se fossi uno di quelli che si calano nelle fogne. Queste però non sono fogne, bensì gallerie scavate appositamente sotto tutta Todi per far defluire l'acqua in modo da evitare che la città crolli.
In che senso crolli?
Una volta scesi nella prima galleria vediamo che lo spazio è sufficiente per una persona in fila indiana con casco in testa e luce accesa. Iniziamo ad esplorare accompagnati dal racconto di Valerio che spiega dove siamo e perché sono state fatte le gallerie.

La città, o meglio la collina su cui è sorta, è nata in seguito ad una grande eruzione vulcanica che ha lasciato dietro di sé metri e metri di cenere. Col passare del tempo questa si è depositata su quello che un tempo era il fondo argilloso del mare, in pratica sabbia. Il problema dell'argilla è che con l'acqua si scioglie. Sopra c’è il tufo che drena... Gli abitanti hanno scavato le loro case e cantine nel tufo. Nei secoli man mano che l'acqua penetrava attraverso tufo arrivando al fondo argilloso, questo sciogliendosi, faceva crollare quello che c'era sopra, ovvero Todi.
Lo stesso problema lo ha Orvieto, Orte, Civita di Bagnoregio, Celleno. Insomma, le città della zona che sono state costruite allo stesso modo nel tufo sopra l'argilla.
Qui il problema era già noto sin dal medioevo, quando il Papa aveva istituito una "Fabbrica" per risolvere la questione.
Come? Scavando delle gallerie sotto la città, in modo da intercettare l'acqua prima che arrivasse all'argilla e farla così defluire in fontanoni come quello visto poco fa.
La Fabbrica diede vita ad un lavoro monumentale che durò secoli, divenendo poi all’inizio del 1800 la Fabbrica della Piana. Si andò anche a incrociare con le gallerie che già i romani, e forse prima gli etruschi (anche se Valerio sostiene che qui a Todi gli etruschi non ci sono mai stati), avevano scavato nel tufo sotto la città proprio per questo motivo.

Le prime gallerie in cui camminiamo sono quelle poco costruite poco dopo il 1800 e sono abbastanza spaziose, mentre più ci si addentra sotto la città, più sono vecchie e, di conseguenza, si rimpiccioliscono. A lato delle gallerie e sul fondo c'è quasi sempre un canale per far defluire l'acqua che esce da numerosi buchi fatti di proposito un po’ ovunque sulle pareti delle gallerie.
Dopo qualche minuto di cammino arriviamo fino al punto in cui si incontra l'argilla su cui è depositata la città. A vederla così sembra sabbia. Si vedono ancora i segni lasciati dai lavoratori che sembrano quelli lasciati da palette da spiaggia. Si tratta di sabbia, è vero, ma è fossile e molto dura. Ciò non toglie che con l'acqua la sabbia, anche se fossile, alla lunga si scioglie.
La rete di gallerie in realtà si stenderebbe sotto tutta la città, anzi, le più interne e vecchie sono quelle romane, più piccole e ovviamente inaccessibili. Anche queste gallerie che stiamo percorrendo da circa un'ora erano totalmente ostruite dai detriti. Sono state scavate e ripulite dai due ragazzi di questa associazione, riportando alla luce così una struttura grandissima e di vitale importanza per la città, tanto che già si vedono i segni del tempo: dai buchi creati per far defluire l'acqua si sono accumulati infatti delle formazioni calcaree che in un processo simile a quello delle stalattiti/stalagmiti hanno quasi del tutto ostruito questi fori di scolo.

Più ci addentriamo sotto la città, più le gallerie invecchiano e maggiori sono anche i segni del tempo: il pavimento stesso diventa di travertino, poi le pareti ed infine le scale che facciamo per arrivare all'ultimo ambiente visitabile. Qui c'è un grande pozzo che trenta metri più su si apre alla luce del sole, quasi in centro città. Nel mezzo del pozzo ci sarebbero altre due gallerie intermedie da percorrere, solo che non si possono raggiungere a meno di calarsi con le imbragature dall'alto. Io sono prontissimo a farlo, ma purtroppo il giro si conclude qui.

C’è il progetto di mettere una grande scala a chiocciola nel pozzo per poter portare la gente in sicurezza nelle altre gallerie. Sfortunatamente stanno incontrando qualche difficoltà nel farselo approvare. Speriamo riescano, perché tornerei molto volentieri per completare il giro.
 

Il secondo giorno a Todi torniamo in centro per vedere il Museo civico e Pinacoteca. Poi giriamo per il centro e arriviamo fino alla Chiesa di San Nicolò. Torniamo indietro e ad andare alla Chiesa del Santissimo Crocifisso, ma arriviamo troppo tardi...
 
Per fortuna non è mai troppo tardi per tornare in Tuscia, così prendiamo l'auto e ci dirigiamo per la tappa finale di questo giro.